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Siamo in un esperimento che viene eseguito nelle condizioni più dure

Il regime spinge la gente con richieste autoritariamente illogiche,  la gente sopporta umilmente tutte le umiliazioni, gli insulti e tutto questo.

C’è una convinzione abbastanza stabile che la gente possa difendere i propri diritti solo attraverso milioni di manifestazioni e azioni di protesta. Diciamo che se usciranno centomila persone le autorità si spaventeranno. Un milione – e le autorità scapperanno, lasciando cadere le pantofole.

Ma non funzionerà. Per molte ragioni. E non scapperanno – e ci sono anche ragioni per questo. Se a qualcuno viene in mente di attaccare (o viceversa – difendersi) nello spirito delle battaglie della prima o della seconda guerra mondiale, semplicemente non ci riuscirà.

Le rivoluzioni nella forma in cui siamo abituati a vederle (soprattutto nei film), appaiono rudimentali e stanno diventando una cosa del passato.

Non funzionerà se accadrà solo questo. Divideranno, immetteranno soggetti violenti, screditeranno, ci sono molti modi.

Ma sta succedo un’altra cosa. Si verifica un fenomeno che prima era impossibile. La posizione personale di una singola persona concreta e il contesto generale dei processi oggettivi assumono un significato. Quando le posizioni personali di milioni di persone si inseriscono in modo indipendente in questo contesto, scompare la necessità della sensazione fisica dei gomiti, sorta durante le proteste di massa, la disobbedienza o l’entusiasmo rivoluzionario. Rinasce l’io.

L’ambiente informativo in cui abbiamo vissuto negli ultimi due decenni ha sostituito il coinvolgimento fisico. Questo non è né cattivo né buono, è insolito. Ma questo è ciò che succede. E lo sviluppo dei processi sociali nell’ambiente cognitivo e informativo avviene molto rapidamente. Così rapidamente che la psiche umana non ha il tempo di riflettere su ciò che sta accadendo.

Quindi la visibilità delle manifestazioni, la mobilitazione della società pensante è importante ma più importante è il processo di consapevolezza.

E’ per evitare questo che la crisi globale sposta subito il solito nel regno dell’incredibile. E l’incredibile è reso abituale. E per volontà di certe circostanze non viste ma che hanno operato, oggi siamo in una crisi globale. La chiamiamo “pandemia”, sebbene la parte medica di questa crisi sia minuscola. Potrebbe non essere affatto presa in considerazione a causa della sua microscopicità e virtualità.

Siamo in un esperimento che viene eseguito nelle condizioni più dure e completamente non di laboratorio. Con un numero enorme di circostanze concomitanti e opposte. Qual è il suo valore: non stiamo esplorando un modello idealizzato avulso dalla realtà, ma quello più reale, ed è un’opera nefasta.

A causa di circostanze che possiamo solo immaginare, le autorità dei diversi paesi in modo sincrono tra loro rifiutano tutti i meccanismi precedentemente funzionanti per raggiungere un accordo e, nel modo più rude, attraverso la violenza, impongono soluzioni dello stesso tipo, causando almeno sconcerto circa l’adeguatezza degli obiettivi dichiarati e dei metodi utilizzati per raggiungerli.

E nello stesso tempo, si può vedere come reagiscono a questa violenza società di diverse culture e caratteristiche di civiltà.

Il paradosso di ciò che sta accadendo è che la società si rassegna dalla “vecchia” alla “nuova” normalità, che non appare particolarmente interessata né alle ragioni né agli obiettivi di tale transizione, è letteralmente condannata.

I nostri nemici stanno cercando di rompere il vecchio ordine e creare un enorme campo di concentramento per il mondo intero. Quindi non dobbiamo difendere il nostro vecchio modo di vivere. Difendiamo invece anche il nostro diritto a vivere in un modo nuovo, ma il mondo che diciamo noi. Facciamo come i nostri nemici non si aspettavano da noi. Cambiamo, e cambiamo molto rapidamente, il che toglierà loro il sospetto che siamo incapaci di cambiare.

Dobbiamo togliere loro il sospetto che siamo incapaci di cambiare, ma vogliamo cambiare come diciamo noi, perchè questo male, questo regno, non riaccada più così facilmente.

@vietatoparlare

nota a margine:

specifico per alcuni commenti sui social che hanno frainteso come se escludessi l’importanza dell’aggregarsi in piazza. Ciò che voglio dire è piazze più consapevolezza ok, antagonismo settario e intercambiabile no. Ho detto questo ed ho detto anche che avverto consapevolezza nella gente e volontà di cambiamento. Questa componente è importante, direi indispensabile per non cambiare solo re. Quindi piazza sì ma non per ‘tornare come prima’ ma per un cambiamento alla luce dell’inusuale situazione del tempo attuale, che avevamo ampiamente sottovalutato nei suoi espliciti segni .. Piazza consapevole che non si deve incanalare come è successo con il 5 stelle.

 

 

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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