A Ginevra è terminato ieri il primo round dei negoziati di pace per la Siria: sono gli ultimi sforzi internazionali per trovare una soluzione al conflitto siriano.
di Patrizio Ricci
I colloqui di Ginevra hanno registrato il dato indiscutibilmente positivo di aver generalmente mantenuto la cessazione momentanea delle ostilità .
Però, il punto cruciale che mette in forse i futuri sviluppi, è che c’è un’ ambiguità di fondo sulla natura delle opposizioni che i delegati dei ribelli e dei loro sponsor rappresentano (direttamente o indirettamente tutti fanno capo agli Stati Uniti o agli alleati arabi regionali: il Qatar, laTurchia e l’Arabia Saudita).
Infatti, l’opposizione è determinata a ‘piazzare’ i propri rappresentanti nel nuovo esecutivo politico prima delle elezioni. E’ questo il punto di maggior contrasto: il governo siriano vuole le elezioni prima della formazione di un esecutivo di transizione perchè sia consentito di vedere con chiarezza la reale entità e la ripartizione delle nuove forze politiche.
Ma evidentemente, le opposizioni vogliono capitalizzare la possibilità offerta dal negoziato evitando di affrontare nuove consultazioni politiche popolari che potrebbero rivelarsi anche un ‘flop’, alla stregua di quando già accaduto nelle scorse elezioni presidenziali avvenute nel 2014, quando Assad ha stravinto.
Come al solito, il penultimo giorno delle consultazioni, i colloqui si sono arenati intorno ‘la sorte’ del presidente Bashar al-Assad. Il governo siriano richiede che il futuro governo di transizione si concentri sopratutto sulla lotta al terrorismo mentre per l’opposizione l’essenziale è mettere in agenda come assoluta priorità, la rimozione di Assad. Solo l’arrivo dell’Alto Commissario per la politica Estera Europea Mogherini ha permesso di sbloccare la situazione (anche se più formalmente che sostanzialmente) grazie ad una serie di colloqui tra le parti.
Molta la strada da fare: il segretario di Stato americano Kerry ha detto al ‘New Arab’: ”la soluzione al conflitto dovrà essere trovata tramite “gli sforzi diplomatici concentrati sulla creazione di un ‘equilibrio di interessi’ tra tutte le parti coinvolte nella crisi siriana, tra cui Mosca e Washington”.
In totale disaccordo su questo discorso il rappresentante siriano Ja’afari, che in ua intervista a AFP ha detto: “Quando diciamo che il dialogo deve essere compresa tra siriani, senza un intervento esterno, questo vale anche per i russi e gli americani”. Venerdì l’agenzia di stampa Interfax aveva riportato una dichiarazione del Vice Ministro russo degli Esteri Sergei Ryabkov nella quale ha affermato che Washington ormai accetta la tesi di Mosca, secondo la quale il futuro di Assad non sarebbe stato più posto come precondizione perchè saranno i siriani che dovranno decidere sul loro futuro.
Ma subito, è arrivata la smentita del portavoce del Dipartimento di Stato John Kirby: “Ogni voce che
riferisce che abbiamo cambiato in qualche modo la nostra visione sul futuro di Assad è falso. Assad ha perso la sua legittimità a governare. Non abbiamo cambiato la nostra visione su questo argomento “. Da parte sua, la Russia ribadisce sempre che potenze esterne non dovrebbero cercare di stabilire la leadership della Siria ma che solo il popolo siriano è legittimato a farlo.
Il lavoro di lenta cesellatura della diplomazia, ha permesso di adottare a novembre la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n°2254, che include una tabella di marcia per risolvere il conflitto siriano. Il documento prevede che sia istituito un organo di governo non settario; un cessate il fuoco; la modifica della Costituzione siriana; e delle elezioni supervisionate dall’ONU entro 18 mesi del cessate il fuoco.
Giovedi l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, ha presentato un altro documento in cui elenca una dozzina di principi comuni che sia il governo che l’opposizione dovrebbero adottare come base per la transizione politica. Essi prevedono il mantenimento dell’unità del paese, la costituzione di uno stato democratico e non settario, la continuità e la riforma delle istituzioni statali, e la ricostituzione di un nuovo esercito nazionale da effettuarsi anche attraverso il disarmo e l’integrazione dei membri di gruppi armati che sostengono la transizione e la nuova Costituzione.
Ora le due parti ne discuteranno e se ne parlerà al prossimo round di negoziati previsto in aprile.
(pubblicato su LPL News 24)
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