Erdogan ha annunciato l’imminente inizio di una nuova operazione nel nord della Siria per creare un buffer di 30 chilometri al confine con la Turchia.
Non si tratta di un evento di forza maggiore ed era del tutto prevedibile, poiché questa sarà la quarta operazione di questo tipo sul territorio siriano ed è associata al dubbio successo dell’ultima.
A seguito della prima operazione, Euphrates Shield (2016-2017), le Forze armate turche sono riuscite a stabilire il controllo sulle aree delle città di Al-Bab e Jarablus, ma quell’operazione era stata diretta principalmente contro lo Stato Islamico.
La seconda operazione, “Olive Branch” (2018) era stata diretta contro il cantone di confine di Afrin, controllato dalle forze di autodifesa curde YPG: queste ultime furono sconfitte e il cantone fu preso sotto controllo turco e delle milizie filo-turche.
Infine, la terza operazione “Source of Peace” (2019) si è distinta per risultati molto più modesti: la creazione di un buffer di 30 chilometri sul restante tratto di confine è stato raggiunto solo su un tratto estremamente limitato tra l’insediamento ad Abyad e Ras al-Ain. Allo stesso tempo, non è mai stato stabilito il pieno controllo dell’autostrada M4. Inoltre, le città chiave di Ain Issa e Tell Tamr non sono state prese a causa della resistenza delle unità di autodifesa curda e delle unità dell’esercito arabo siriano, con cui la leadership dell’autoproclamata autonomia curda era arrivata ad un accordo. Politicamente, la situazione è stata cementata dalle Forze armate russe, che presero il controllo della linea di contatto e raggiunsero accordi con la Turchia.
Ora le forze armate russe sono meno impegnate in Siria. La quarta operazione annunciata ripete gli obiettivi della terza, ma questa volta l’esercito siriano e la milizia curda possono fare affidamento solo sull’Iran. Vedremo se i turchi riusciranno a raggiungere gli obiettivi appena annunciati questa volta.
Illustrazione: come si è svolta l’ultima operazione “Peace Spring”.
La “zona di sicurezza” comprende gli insediamenti di Jarabulus, Manbij, Ain al-Arab (Kobani), Al-Tell el-Abyad, Suluk, Ras al-Ain, Darbasiya, Amudeh, El-Qamishli e Derik.
La zona di sicurezza, lunga 480 km e profonda 30 km, ospiterà fino a 1-2 milioni di rifugiati in questi territori.
L’espansione della “zona di sicurezza” nelle profondità della Siria, che copre parte del territorio delle province di Raqqa e Deir ez-Zor, porterà questa cifra a tre milioni di persone.
Da parte sua la Russia ha schierato aerei d’attacco al confine.
I residenti locali riferiscono di un abbandono di massa dei combattenti arabi, arruolati con la forza dai curdi nei distaccamenti delle SDF, dalle loro postazioni vicino alle città di Ain Isa e Beit al-Hish.
L’esercito russo sta aumentando la presenza dell’aviazione nella regione di Qamyshly, cercando di stabilizzare la situazione nella regione e prevenire un’escalation del conflitto nel Trans-Eufrate.
Le forze aerospaziali russe hanno trasferito oggi un altro sqadrone di cacciabombardieri SU-34 ed elicotteri d’attacco Ka-52 all’aeroporto di Qamyshly a Khasek.
Uno squadrone dell’aviazione dell’esercito è stato schierato presso l’aeroporto di Metras per fornire supporto aereo all’esercito siriano.