Da Strategic Culture Fund: Il fronte siriano, pur essendo stato marginalizzato dai media, è entrato nella fase dei negoziati grazie ai progressi del nuovo polo orientale emergente che sta acquisendo sempre più influenza mondiale. Questo rappresenta un’altra sconfitta per la politica estera degli Stati Uniti, che era meno preparata a questa eventualità. Durante un viaggio in Siria a maggio, il presidente iraniano Ibrahim Raisi ha inflitto un danno all’immagine di Washington quando ha incontrato il presidente siriano Bashar al-Assad a Damasco, nonostante il Dipartimento di Stato americano lo consideri un “assassino del suo stesso popolo”.
Successivamente, le milizie filo-iraniane hanno compiuto un attacco con un drone, colpendo un hangar di manutenzione vicino alla città di Al-Hasakah, dove un appaltatore americano è stato ucciso e altri 24 sono rimasti feriti. Questo è stata la prima morte di personale americano in Siria sotto l’amministrazione di Joe Biden. Nonostante questo, non è stata condotta una rappresaglia come eravamo abituati a vedere un tempo e questo è emblematico della situazione attuale. Anche se ci potrebbe essere la tentazione di compiere un bombardamento simile a quello della Guerra del Golfo, quando furono sganciate 88.500 tonnellate di bombe sull’Iraq nel giro di 30 giorni, distruggendo tutte le infrastrutture militari e civili, sembra che questa opzione non sia stata attuata.
Il ritorno della Siria alla Lega degli Stati arabi rappresenta un altro colpo per la politica estera degli Stati Uniti, che aveva sospeso l’appartenenza del paese nel 2011. In risposta alla reazione indignata degli Stati Uniti, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha twittato che la Siria ha bisogno di ricostruirsi dopo la guerra e l’Iran non si rifiuterà di aiutare l’alleato.
L’ascesa di Bashar al-Assad significa che l’Oriente arabo sta consolidando le sue posizioni e sta cercando di liberarsi dall’influenza degli Stati Uniti. L’Iran non è l’unico paese che sta riprendendo i contatti con la Siria: sotto l’assistenza attiva di Pechino, l’Arabia Saudita e l’Iran hanno concordato di ripristinare le relazioni diplomatiche che sono state interrotte sette anni fa. Gli Stati Uniti hanno provato a convincere l’Arabia Saudita a ripensare alla sua scelta ma senza successo.
Washington deve imparare a negoziare con Bashar al-Assad. Sono in corso colloqui segreti tra l’amministrazione statunitense e il governo siriano a Muscat, in Oman. In gioco c’è il completo ritiro delle forze di occupazione americane dal paese. Attualmente, ci sono almeno 2.000 truppe americane in 22 basi in Siria, dove i militari statunitensi coprono il furto di petrolio siriano. Le autorità americane hanno sempre dichiarato di voler ritirare le forze militari alla fine del conflitto, ma questo non è stato ancora attuato.
Inoltre, l’unica forza politica in Siria sostenuta dagli americani sono i curdi siriani e le forze democratiche siriane curde. Il loro futuro è incerto e potrebbe rappresentare una fonte di conflitto tra gli Stati Uniti e la Siria.
In quest’ambito si inserisce anche il divieto dell’utilizzo del dollaro USA in Iraq, misura volta a stimolare l’uso del dinaro iracheno e a ridurre l’influenza della valuta americana nella regione. Queste sono solo alcune delle conseguenze dell’ascesa dell’Oriente arabo e della diminuzione del potere degli Stati Uniti nella regione, che probabilmente non avverrà immediatamente ma si svilupperà a lungo termine.