Gli eventi in Siria stanno subendo un’accelerazione, con il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti a sostegno delle Forze Democratiche Siriane (SDF) nell’attuale offensiva delle forze terroristiche contro lo stato siriano. L’operazione, denominata Battaglia del Ritorno, ha come obiettivo strategico il controllo delle risorse nella provincia orientale di Deir ez-Zor, nota per i suoi ricchi giacimenti di gas naturale.
L’avanzata delle SDF e il supporto degli USA
Il 3 dicembre, le SDF hanno lanciato un’operazione massiccia per catturare postazioni dell’esercito siriano nella regione orientale di Deir ez-Zor. Sostenute dall’aviazione americana, in particolare dai cacciabombardieri A-10 Thunderbolt II, e dall’artiglieria statunitense, le SDF hanno inizialmente ottenuto successi locali, inclusa la cattura temporanea del villaggio di Hasham. Tuttavia, la resistenza delle tribù arabe locali e il rinforzo delle truppe governative hanno costretto le SDF a una ritirata strategica, con perdite significative tra i combattenti (vedi anche QUI).
US A-10 bombing Syriam government and allied forces in the city of Deir ez-Zur east Syria pic.twitter.com/cRys9iX2AZ
— Lord Bebo (@MyLordBebo) December 3, 2024
L’Offensiva: dinamica degli scontri e motivazioni riportate
- Attacco iniziale: Le SDF hanno avviato un’offensiva contro le postazioni dell’Esercito Arabo Siriano (SAA) e delle milizie tribali filo-governative, mirando a insediamenti nelle vicinanze della città di Deir ez-Zor. Il supporto delle forze statunitensi, proveniente dalla base presso il giacimento di gas Conoco, è stato limitato.
- Successo temporaneo: In un primo momento, le SDF sono riuscite a infliggere danni significativi alle forze governative. Tuttavia, l’assenza del supporto delle tribù arabe locali e il rapido intervento di rinforzi del SAA, provenienti dalle Forze di Difesa Nazionale (NDF), hanno ribaltato la situazione. Le SDF sono state costrette a ritirarsi, subendo perdite consistenti.
Un elemento chiave di questa offensiva sarebbe stato il miglioramento della sicurezza intorno alla base americana presso gli impianti di gas di Conoco e al Omar, che rappresentano un hub strategico per gli interessi energetici e militari degli Stati Uniti nella regione. Venerdì la base USA di al Omar sarebbe stata attaccata anche se nessuno ha rivendicato l’attacco.
È importante sottolineare che tutte le risorse di gas e petrolio siriane, attualmente sotto il controllo degli Stati Uniti a nord dell’Eufrate, rappresentano un’appropriazione illegittima non solo delle risorse naturali, ma anche del territorio stesso, sottratto a Damasco. Parallelamente, prosegue una guerra semantica mirata a modellare la percezione pubblica: i gruppi armati vengono presentati come “opposizione” e adottano sigle dal tono rassicurante e democratico, mentre le forze armate siriane vengono etichettate come “esercito di Assad” o “esercito del regime”.
Questa è una forma di guerra cognitiva, progettata specificamente per il pubblico occidentale.
Eastern Syria: The US-backed Syrian Democratic Forces (SDF) launched an offensive to seize Syrian regime-controlled territory in Deir ez Zor Province in eastern Syria. The fighting in eastern Syria risks further drawing in US forces deployed in the area. (1/2) https://t.co/eXiHXvNnMe pic.twitter.com/GRzl14VElf
— Institute for the Study of War (@TheStudyofWar) December 4, 2024
Ma la narrativa ufficiale è contro la realtà sul Campo
Nel comunicato ufficiale delle SDF (link), si afferma che l’operazione rispondeva alle richieste di sicurezza da parte degli abitanti di villaggi come As-Salhiya, At-Tabiya Jazira, Khatla, Khsham, Marrat, Mazlum e Huseiniya, preoccupati per una possibile espansione dello Stato Islamico.
Fonti locali riportano che i leader delle milizie filoamericane di Deir ez-Zor stanno cercando di consolidare il controllo su aree strategiche lungo il fiume Eufrate, attualmente sotto l’autorità di Damasco. Questa strategia si estende anche più a sud, nei pressi della base statunitense di al-Tanf, situata al confine con la Giordania.
In questa zona, gli Stati Uniti forniscono supporto al gruppo armato Maghaweir al-Thowra, noto per effettuare attacchi contro le forze dell’esercito siriano. Dopo ogni incursione, i membri di questo gruppo trovano rifugio all’interno della base americana, che è circondata da una zona di sicurezza di 50 km dichiarata off-limits, impedendo di fatto qualsiasi intervento delle forze siriane per riprendere il controllo del territorio.
Parallelamente, le autorità siriane si avvalgono dell’Esercito Tribale per condurre incursioni nei territori curdi. (link)
Va sottolineato che tra le fila delle milizie irregolari delle SDF sono stati incorporati anche ex membri dell’ISIS, un fatto noto da tempo ma che rimane controverso. Nonostante ciò, il tentativo dello stato siriano di riconquistare porzioni di territorio sotto il suo legittimo controllo rientra nei suoi diritti sovrani.
Inoltre, la concomitanza tra questi attacchi e l’occupazione di Aleppo da parte di altre forze ribelli solleva dubbi sulla possibilità di una coordinazione sospetta tra vari attori, mirata a destabilizzare ulteriormente il governo centrale e frammentare il territorio siriano.
Cambiamenti retorici e prospettive future
Un segnale significativo è rappresentato dal cambiamento nella retorica delle fonti filo-governative siriane. Mentre in passato il trasferimento di alcuni territori ad Aleppo alle SDF era descritto in termini neutri, dopo gli eventi odierni, i media governativi hanno iniziato a etichettare le SDF come “milizie separatiste”.
Nonostante l’offensiva sia stata respinta, è probabile che gli attacchi delle SDF riprendano a breve. La capacità del SAA di stabilizzare le situazioni critiche ad Hama e Aleppo potrebbe essere determinante. Come già riportato (link), è probabile che le parti coinvolte cercheranno di sfruttare ogni opportunità per destabilizzare ulteriormente la regione.
(clicca sull’immagine per ingrandire)
Gli Stati Uniti attaccheranno le forze sciite in Siria?
L’arrivo in Siria del generale Seyyed Javad, figura chiave della Guardia Rivoluzionaria Islamica Iraniana, e delle milizie paramilitari irachene Hashd al-Shaabi, sta attirando l’attenzione della coalizione guidata dagli Stati Uniti. Questo movimento da parte delle forze sciite sembra aver innescato un’intensificazione dell’attività militare americana sia in Siria che in Iraq.
Ovviamente è evidente che lo scopo di queste milizie è quello di prestare aiuto allo stato siriano aggredito dai jadisti e da formazioni armate filo-turche che orbitano intorno all’universo estremista.
Negli ultimi giorni, si è registrato un aumento delle operazioni di ricognizione aerea condotte dagli Stati Uniti:
- Droni MQ-9A Reapers: Almeno tre unità sono partite dalla base di Es-Salem, in Kuwait, sorvolando il territorio iracheno. Altri sette droni MQ-9A sono stati avvistati in Siria, principalmente nelle regioni di At-Tanf, Deir ez-Zor e Hasakah.
- Velivoli d’intelligence RC-135: Hanno monitorato i movimenti delle forze iraniane e delle milizie sciite.
- Operazioni lungo la costa siriana: Sono stati impiegati droni MQ-4C Triton e velivoli da pattugliamento marittimo P-8A Poseidon, presumibilmente per osservare la situazione in Libano e monitorare eventuali trasferimenti di armi o rifornimenti via mare.
Questi asset, particolarmente attivi negli ultimi due giorni, sembrano avere un unico scopo: tenere sotto controllo le unità iraniane e le milizie associate che stanno rafforzando il fronte filo-governativo in Siria.
Un possibile cambiamento di postura?
Nonostante l’intenso monitoraggio e le missioni effettuate dai cacciabombardieri A-10, non ci sono conferme di attacchi diretti contro le unità sciite. Tuttavia, l’impiego di tali risorse suggerisce che l’aviazione americana stia preparando il terreno per una potenziale escalation.
Le operazioni lungo la costa siriana, che includono il pattugliamento di droni e velivoli altamente sofisticati, sono particolarmente significative. Con la tregua in Libano apparentemente in corso, questi movimenti potrebbero essere finalizzati a garantire che l’Iran e le sue milizie non rafforzino ulteriormente le loro posizioni nella regione.
La crescente attività degli Stati Uniti solleva una domanda fondamentale: quali interessi vengono realmente tutelati?
Un esempio significativo risale ai raid israeliani su Damasco durante la guerra civile siriana. Israele colpiva le forze iraniane accorse in aiuto del regime di Assad, anche mentre l’ISIS rappresentava una minaccia imminente alle porte della capitale siriana. Questi attacchi, seppur strategici per gli interessi di Israele, indebolivano la capacità siriana di affrontare l’ISIS, rivelando un approccio focalizzato esclusivamente su priorità nazionali e strategiche, senza considerare le conseguenze per il conflitto più ampio.
Allo stesso modo, gli Stati Uniti sembrano seguire una logica simile, potenzialmente ostile verso le forze sciite iraniane e le loro milizie alleate, indipendentemente dalla complessità della situazione regionale. Washington appare concentrata principalmente nel limitare l’influenza iraniana, proteggendo nel contempo i propri interessi e quelli di alleati come Israele.
Tuttavia, questo atteggiamento è irresponsabile, in netto contrasto con la pretesa degli Stati Uniti di rappresentare un faro morale e un esportatore di democrazia. In Medio Oriente, le azioni statunitensi sembrano essere guidate unicamente dalla logica del “dividere et impera”, sfruttando le divisioni locali per mantenere il controllo e rafforzare il proprio dominio strategico. Una politica che ignora il benessere delle popolazioni locali e la stabilità della regione.
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Sempre più tribù arabe di Deir e-Ezor stanno voltando le spalle a #US e #SDF perché vedono imminente l’invasione dei terroristi di Al-Qaeda di #Turkey . Stanno giurando fedeltà al regime di #Syrian per paura di essere abbandonati dal governo degli Stati Uniti.
#BREAKING: More Arab tribes of Deir e-Ezor are turning their back to the #US & #SDF as they see invasion of #Turkey‘s Al-Qaeda terrorists imminent. They are pledging allegiance to the #Syrian regime in fear of being abandoned by the US government. pic.twitter.com/4QMZuVq3Zd
— Babak Taghvaee – The Crisis Watch (@BabakTaghvaee1) December 3, 2024