LETTURE PER CAPIRE (1° PARTE)
Edifici solitari, interi borghi e villaggi con strade ingombre di massi squadrati, muri bordati di portici su pilastri o colonne, stanze prive soltanto del tetto spalancate al cielo, parapetti di balconi, templi e mausolei.
Migliaia di edifici, tra cui le vestigia di 1200 chiese (una ogni 3 km²) e numerosi monasteri sono i testimoni di un’originale civiltà provinciale nata dall’occupazione romana ma più vicina al mondo greco-orientale – che fiorì (dal I al VI secolo d.C.) tra il Mediterraneo e l’altipiano iranico – caratterizzata da importanti contributi innovatori dell’arte della costruzione locale che si contraddistinse per una grande chiarezza compositiva e per la maestria nell’impiego delle pietre di grosso taglio senza alcun elemento coesivo.
Dopo un abbandono durato molte centinaia di anni, furono riscoperti nella seconda metà del XIX secolo e da allora non hanno cessato di affascinare storici dell’arte, archeologi e viaggiatori illustri, ma da oltre otto anni subiscono saccheggi e devastazione nell’indifferenza del mondo che si pretende civile.
Anche io ne rimasi affascinatala prima volta che li incontrai e li ho visitati per molti anni con sempre rinnovato stupore insieme al mio compianto maestro, l’archeologo P. Pasquale Castellana, che vi fece ricerche e scoperte importanti nel corso di oltre quattro decenni e che mi insegnò con grande scienza e generosità a conoscere e a comprendere quei luoghi straordinari e le vicende che vi si svolsero nei secoli. Allora, in Siria regnava la pace e l’unica preoccupazione era su come preservarli dai danneggiamenti a causa del recente ripopolamento della regione.
In questi tempi di guerra ho cercato di non ricordarli troppo, perché il fatto che l’orda barbarica calata a infestare la Siria – un’accozzaglia di banditi efferati e idioti fatti passare per ‘’ribelli’’ – stava distruggendo il suo straordinario patrimonio storico-artistico era per me insostenibile.
Ma oggi che i guerrafondai tornano a propinarci con tutti gli strumenti del mainstream una campagna ingannevole per giustificare l’appoggio a quei banditi e la ‘’liberazione’’ della provincia di Idlib e dei territori circostanti dall’unico esercito legittimo che li combatte, sento l’urgenza di raccontare e denunciare.
Perciò, ho pensato di tradurre e proporre ai lettori di Ora Pro Siria un mio vecchio articolo pubblicato nel 1997 da una rivista spagnola1. Questi luoghi devono essere salvati dalla barbarie che li abita.
I Siriani che amano il loro Paese vogliono preservare non soltanto la sua integrità territoriale ma anche l’incomparabile eredità del passato che esso custodisce, o almeno quel che rimane dopo i lunghi anni di guerra iniqua sbandierata dal disumano Occidente come umanitaria.
Colonne, capitelli, stele, innumerevoli architravi scolpiti delle porte e finestre di case, di sepolcri, di chiese e di altri edifici pubblici sono asportati e venduti, soprattutto attraverso la Turchia. Il resto è distrutto o corre il rischio di esserlo presto.
Maria Antonietta Carta
P.S. Mentre stava per essere pubblicato il mio articolo sulle “Città Morte’’, ho letto una notizia sul furto delle magnifiche vestigia del tempio di ‘Ain Dara (nella regione nord-occidentale della Siria). Era un sito antico di 3.000 anni con imponenti sculture di leoni e sfingi e una struttura che ricordava il tempio di Salomone a Gerusalemme descritto nel libro dei Re. Ancora una conferma di come i luoghi che custodiscono la complessa e inestimabile eredità culturale siriana siano sempre più colpiti. Deliberatamente.
Il tempio di Ain Dara, come le Città Morte del Massiccio Calcare, in teoria sarebbero protetti dal diritto internazionale – Nel 2011, anno di inizio della guerra, l’Unesco le dichiarava patrimonio dell’Umanità! Ma non saranno questi ipocriti riconoscimenti di una istituzione che sembra servire sempre più soltanto a colorare di rosa la globalizzazione liberista e guerrafondaia a salvarle dalla distruzione.
Le Città Morte del Massiccio Calcare
Durante i primi secoli d. C., in una regione della Siria compresa tra Antiochia, Apamea e Aleppo, ponte tra l’Asia Minore, le steppe dell’Est e il Mediterraneo, nacque e si sviluppò una civiltà agraria originale e opulenta. Particolari condizioni storiche hanno preservato oltre 700 siti dell’epoca.
Un insieme di monumenti eccezionali che fanno di quest’area detta delle Città Morte del Massiccio Calcare – tra le più ricche del mondo per l’importanza e il numero delle vestigia paleo-cristiane dal IV al VII secolo – un prezioso laboratorio d’indagine sulla storia economica, sociale, architettonica e spirituale della Siria romana e proto-bizantina.
Siria provincia romana
Nel 66 a.C. il Senato romano affida a Pompeo l’amministrazione degli affari orientali e nel 64 a.C. egli arriva in Siria, destituisce Antioco XIII, che approfittando della lontananza di Tigrane il Grande vi aveva instaurato il potere macedone, vi insedia due legioni e delega l’amministrazione a un proconsole residente in Antiochia.
Terminava la dominazione seleucida e la Siria diventava provincia romana.
Roma comprende molto presto, come anteriormente Alessandro Magno, l’importanza strategica della Siria crocevia dei tre mondi.
Da lì, poteva controllare la Giudea, mandare spedizioni armate contro l’Egitto, contenere l’avanzata delle tribù d’Arabia e mantenere una finestra aperta sull’Asia. E nel Limes orientale l’Eufrate avrà la stessa funzione del Reno e del Danubio nella Pars occidentis, per le strategie di contenimento e di espansione di Romani, Parti e Sassanidi.
SI rinnovavano le dinamiche conflittuali tra il mondo occidentale-marittimo e quello asiatico-continentale (2). La nuova provincia diventa anche teatro di scontro durante le guerre civili tra Pompeo e Cesare, Crasso e Antonio, ma a partire dall’ascesa al potere di Augusto la Siria conosce la stabilità per due secoli e mezzo.
Trascorso il periodo della conquista, si procede alla romanizzazione delle provincie e quindi a consolidare il territorio conquistato: politica iniziata all’epoca degli Antonini. Durante il regno di Traiano e Adriano (imperatori di origine ispanica) si edifica il Limes di Chalcis, parallelo all’Eufrate, dal porto di Zeugma fino alla frontiera persiana, poi il Limes d’Arabia lungo la rotta Damasco-Mar Rosso.
Entrambi costituiti da un insieme di città fortificate collegate da castella, castra e torri di osservazione, che permettono anche di esercitare il controllo sulle tribù nomadi e le vie carovaniere. rendendo sicuro il traffico commerciale. In questo periodo, si pavimenta la via Antiochia-Chalcis, iniziata durante una campagna contro i Parti per collegare la costa mediterranea con l’interno.
[su_panel shadow=”0px 1px 4px #eeeeee”]Le vie con funzione militare ed economica, iniziate all’epoca di Augusto e completate da Traiano (98-117), Adriano (117-138) e Marco Aurelio (161-180), solcano ormai la Siria. Una rete stradale che dal cuore dell’Impero si irradia fino alle provincie più lontane, permettendo il rapido spostamento delle legioni e gli scambi commerciali tra Oriente e Occidente.
Importanti opere idrauliche sono realizzate nelle città costiere e in quelle dell’interno, mentre in pieno deserto si scavano pozzi ogni 10-20 km e profondi anche 70 metri per rendere prospere le oasi e fornire acqua alle carovane provenienti da Trebisonda e dirette al Mar Rosso.
All’epoca di Antonino Pio, con lo scopo di unificare anche religiosamente coloni e autoctoni, si edificano templi alle divinità imperiali, ma lasciando un margine di libertà di culto agli autoctoni. Nelle provincie orientali, al centro degli interessi degli Antonini, politica, economia e religione sono dunque perfettamente coordinate e integrate in funzione della Pax romana.
È significativo il programma politico di Adriano, che si riassume in: Iustitia, Oriens, Pax, Pietas. Con Traiano ha inizio la colonizzazione delle campagne, e la Siria, fino ad allora essenzialmente una civiltà urbana con l’economia basata soprattutto su attività artigianali e traffici commerciali (3), vede fiorire i suoi territori sterili.
Nascita e sviluppo dell’edilizia nel Massiccio Calcare.
La colonizzazione delle campagne, determinante per la nascita di un’agricoltura razionale basata sulla coltivazione di ulivi e viti e per il popolamento di regioni quasi disabitate, favorì anche un importante sviluppo edilizio che avvenne in due fasi.
[su_panel shadow=”0px 1px 4px #eeeeee”]La prima fase, iniziata con l’occupazione romana, si protrarrà fino a metà del III secolo. I coloni costruiscono ville e strade. Col tempo nascono villaggi, borghi e cittadine provinciali. Nelle alture si innalzano templi agli dei greco-romani e orientali: i primi formati dalla cella preceduta da un vestibolo con colonne e i secondi, tipicamente semitici, costituiti da un recinto sacro (haram)
Con al centro una sala rettangolare scoperta e dotata di un altare per i sacrifici, i centri abitati si arricchiscono di residenze signorili, frantoi industriali e di una rete di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, unica risorsa idrica importante della regione. In questo primo periodo, predomina lo stile architettonico greco-romano con contaminazioni locali.
Alla fine del II secolo, compaiono elementi decorativi che nei capitelli ricordano il Hauran (Siria meridionale), la Cilicia e la Nabatea, e nei monumenti funerari la Comagene. Durante il III secolo, vi si stabilisce una popolazione semitica che darà origine alla media e piccola proprietà. L’architettura acquisisce un carattere proprio, comune a tutta la regione.
Ville monumentali o modeste abitazioni presentano lo stesso schema: due piani, con due o più stanze a ogni piano e porte e finestre nel lato sud protetto da gallerie aperte che si affacciano su un cortile recintato. Lastroni in pietra, sostenuti da archi spesso monolitici, formano i pavimenti del piano superiore. I tetti, a doppio spiovente, avevano l’armatura in legno ricoperta di tegole. Due nicchie ornano i lati delle porte, secondo una tradizione mediorientale antichissima.
Nella corte, i locali di servizio e la cisterna per l’acqua piovana. Talvolta, la facciata del recinto è fiancheggiata da torri. Nel IV secolo, si edificano le prime chiese.
Alla fine del V secolo e nel VI, gli abitati del Massiccio Calcare si differenziano secondo fattori economici, sociali o religiosi. Semplificando al massimo, possiamo classificarli come segue:
1) Residenze monumentali isolate nei latifondi.
2) Semplici villaggi agricoli.
3) Borghi residenziali di ville.
4) Agglomerati periferici con funzioni specifiche: a) industriali, con strutture per la trasformazione della materia prima, soprattutto olive e uva. b) commerciali: centri di transito dottati di bazar, alberghi e ospizi, terme ed andron.
5) Centri di pellegrinaggio, nelle vicinanze di santuari celebri.
6) Importanti complessi monastici simili alle grandi proprietà private.
Alberghi, Bazar, Andron
Alberghi (pandocheia). Edifici a due o tre piani, di varie dimensioni e circondati da gallerie aperte (porticati) su pilastri o colonne. Si sviluppano attorno a una corte come nelle case. Il piano terra, con mangiatoie scavate nella roccia, fungeva da stalla.
A essi, sono annessi spesso bazar (stoa) lunghi anche cinquanta metri e con porticati sulla via. Il piano terra, diviso in piccoli spazi, ospitava botteghe di artigiani ed empori mentre il superiore serviva da dormitorio comune.
Andron. Edifici monumentali su due piani con un’unica sala e il porticato a ogni piano. Sorgono sempre vicino a terme, bazar o alberghi.
Il pian terreno serviva da scuderia o pressoio o magazzino, il piano superiore probabilmente era una sala di riunioni per gli uomini. Fino a oggi non si è certi del loro impiego ma si tende, in genere, a credere che svolgessero la funzione delle moderne camere di commercio.
Architettura funeraria.
I sepolcri sono molto numerosi e di varie tipologie: ipogei (su cui spesso posa un sarcofago monumentale o due colonne o due pilastri), a tempietto, a cuspide piramidale, cimiteri di grandi sarcofagi a cielo aperto o necropoli rupestri decorate con stele recanti immagini del defunto e raffigurazioni allegoriche.
Qatura. Sepolcro distilo di Aemilius Reginus, ufficiale romano morto a 21 anni il 20 luglio del 195 d.C. È un ipogeo cruciforme scavato nella roccia. Nella facciata, formata da un archivolto modanato tra due pareti in muratura, si apre uno stretto passaggio – che veniva chiuso da una porta di pietra – da cui si accede a un locale quadrato con arcosoli profondi ai tre lati.
Nelle pareti interne furono ricavate un gran numero di piccole nicchie simili ai colombari romani, forse per sistemarvi delle lanterne. Sopra lo zoccolo esterno (4 m. di lato) poggiano le due imponenti colonne (m.0,90 di diametro, alte m.7,50 e distanti m.2,70) a tre tamburi ciascuna, coronate da capitelli toscani ricavati nell’ultimo tamburo e sormontate da un architrave con due cornici.
* Quando scattai la fotografia, nel 2007, i ragazzini del villaggio mi raccontarono una curiosa leggenda, tramandata da generazioni, sulla funzione di queste nicchie: nell’antichità, esse dovevano custodire le lacrime dei bambini che piangevano troppo. I genitori le raccoglievano in bottiglie che portavano al sepolcro e ponevano nelle nicchie. In seguito, i bambini non avrebbero più pianto.
E penso a quante lacrime sono state versate, quante sofferenze e quanta devastazione dopo il 2011 in quei luoghi al centro di feroci rappresaglie. Cosa avrà fatto la guerra dei bambini accoglienti e gioiosi, ormai adolescenti o giovani uomini, che mi raccontavano le storie del loro villaggio?
Stazioni di rifornimento per le legioni romane, come la città fortificata di Niacaba nel Gebel Wastani4 e le strade che le collegavano.
Grotte sacre oracolari, probabilmente in uso prima dell’arrivo dei Romani. Lì si curavano indemoniati, epilettici e pazzi. Erano frequentate anche in epoca bizantina 5.
(fine prima parte. Il prossimo articolo sarà dedicato alla straordinaria fioritura dell’architettura sacra paleocristiana e ai movimenti ascetici nel Massiccio Calcare).
(1) Historia16, La conquista del Pasado. Las Ciudades Muertas del Norte de Siria,, año XXII n. 262. Maria Antonietta Carta
(2) L’eterna e complessa Questione d’Oriente ha origini remote. Per semplificare al massimo, diremo che risale almeno al III-II millennio a.C. con le lotte per il dominio su Siria e Canaan, prima tra Egitto e Mesopotamia, e poi i popoli dell’Asia Minore. Nel I millennio A.C. tra il mondo greco e iranico.
(3) Nei centri costieri, le industrie tessili: lana, seta, porpora, vetro e costruzioni navali. In quelli dell’interno, come Damasco, Palmira, Aleppo, Bosra, da sempre sedi di intensi traffici commerciali. Il vino, prodotto ad al-Bara, (Gebel Zawyie) e Kefr Kerme (Gebel Halaqa) erano esportati, e anche molto apprezzati, a Roma e in Gallia Cfr. Frank, An Economic Survey of ancient Rome, Baltimore, vol. IV, pag. 138, e, G. Tchalenko, Villages Antiques de la Syrie du Nord, I, Paris, 1953, pagg. 422/426.
(4) Cfr. P. Pasquale Castellana, Ritrovata l’antica città di Niacaba, SOC Collectanea, 20, pagg. 163-169. The franciscan Centre of Christian Oriental Studies, Cairo, 1987.
(5) Cfr. I. Peña, Dos santuarios oraculares en Siria, Wadi Marthun y Banasta, SFB, Collectio Minor, Milano. P. Castellana Moghor el-Mal’ab Alto luogo pagano e monastero rupestre siriano, SOC Collectanea, 23, The franciscan Centre of Christian Oriental Studies, Cairo, 1990, pag. 345. ‘’ Quando i pellegrini consultavano il sacerdote, (o profeta, o profetessa), questo entrava nel corridoio oscuro e lì secondo il rituale ordinario assaggiava il sangue delle vittime o liquidi inebrianti per entrare in trance e poter comunicare con la divinità interpellata. Poi, attraverso un buco praticato nella parete tra la sala e il corridoio oscuro, vicino alla porta, dava la risposta. Spesso, i pellegrini ammalati dormivano nei locali del santuario per ottenere la grazia della guarigione. Si tratta della famosa incubatio, pratica diffusissima in Siria nei martyria o in camere costruite espressamente sopra le cappelle dove erano custodite le reliquie dei martiri. Questo uso è ancora oggi praticato dai cristiani di rito orientale e presso i musulmani. Questi ultimi dormono nei mazar. santuari in cui si venera un profeta o un santo famoso.