Il testo che segue, scritto dalla storica dell’architettura paleocristiana Maria Antonietta Carta, affronta principalmente due argomenti: la distruzione del patrimonio culturale e storico in Siria e una panoramica sul monachesimo siriano delle origini.
La prima parte del testo descrive la distruzione del patrimonio storico e artistico in Siria, concentrandosi su un sito specifico, noto come Qalaat Simaan o San Simeone lo Stilita. Si menziona che il sito fu occupato da jihadisti nel 2013, che ne fecero un centro logistico e di addestramento. Non si sa in che stato si trovi ora il sito o quanto sia stato saccheggiato. Molte delle reliquie storiche sembrano essere finite in Turchia e altrove. L’autrice attribuisce la distruzione del patrimonio culturale a una serie di fattori, tra cui la propaganda, la corruzione politica, il terrorismo e l’assedio economico.
La seconda parte del testo offre una panoramica sulla diffusione del cristianesimo in Siria a partire dal IV secolo, quando l’imperatore Teodosio ordinò la chiusura dei templi non cristiani. Si menziona che i primi cristiani nella regione erano anacoreti e cenobiti che vivevano in modo ascetico e praticavano la virtù stoica dell’indifferenza al piacere e al dolore. Nel V secolo, il cristianesimo era radicato nella regione e molti monaci vivevano lì. Si menziona anche la figura di Simeone Stilita il Vecchio, un asceta noto per la sua vita ascetica su una colonna, che divenne un importante punto di pellegrinaggio.
Il testo fornisce una descrizione dettagliata dell’architettura e delle caratteristiche del sito di San Simeone lo Stilita, inclusi dettagli sulle basiliche, l’ottagono, il battistero e altre strutture. Viene anche menzionata l’ornamentazione scultorea e decorativa del sito.
Infine, il testo si concentra sulle colonne degli stiliti, descrivendone la struttura e l’altezza, oltre a menzionare le pratiche ascetiche degli asceti che vivevano su di esse.
L’articolo che segue offre una panoramica approfondita sulla storia, l’architettura e la distruzione di un importante sito storico e culturale in Siria, oltre a fornire informazioni sul contesto storico e religioso della regione:
♦ – 1° PARTE: Le Città Morte QUI)
♦ – 2° PARTE: Le chiese paleocristiane QUI)
♦ – 3° PARTE: Qalb Loze QUI )
Di Maria Antonietta Carta
La descrizione del sito è antecedente al 2011. Nel 2013, i jihadisti lo occuparono e ne fecero un centro di comando logistico e di addestramento. Non si conosce lo stato in cui possono averlo ridotto e fino a che punto sia stato saccheggiato. Molte delle sue vestigia sarebbero finite in Turchia come altri, innumerevoli, tesori storico-artistici del Massiccio Calcare e di altre regioni della Siria. La colonna di Simeone è stata distrutta.
Per rendere schiavo o annientare un popolo, si tenta di ottenebrarne l’intelletto con messinscene di propagande ingannevoli e cultura trash, con il vile contributo di politicanti inetti o corrotti e di mestatori di ogni genere.
Quando tutto ciò non basta, si passa alle bombe, al terrorismo e all’assedio economico che genera mercato nero che genera corruzione che genera miseria; si razziano le materie prime e le coltivazioni; si condannano a immani sofferenze e all’inedia gli innocenti; si uccide chi resiste, si saccheggiano o devastano le vestigia del passato. Si cerca di cancellare la memoria, come accade in Siria da 12 anni. (Nota dell’autrice).
Il Cristianesimo cominciò a diffondersi in Siria a partire dal IV secolo (dopo l’editto di Costantino, 313 d.C.) e soprattutto dopo che l’imperatore Teodosio (con l’editto del 380 d.C.) aveva ordinato la chiusura dei templi non cristiani e proibito qualunque manifestazione pubblica degli altri culti, perseguitando gli oppositori con una feroce repressione. Alla nascita dell’Impero Romano d’Oriente (395 d.C.), la Siria passò sotto il dominio bizantino.
I primi cristiani del Massiccio Calcare furono anacoreti e cenobiti che, dissentendo dalla chiesa trionfante ormai partecipe del potere temporale, avevano scelto di vivere un’esistenza primitiva e di praticare la virtù stoica dell’indifferenza al piacere e al dolore. Inizialmente, non furono accettati volentieri dalle popolazioni rurali; soprattutto perché alcuni monaci integralisti, spesso arrivavano a distruggere i luoghi sacri degli autoctoni. Ma con il trascorrere del tempo gli asceti diventarono popolari in quanto al contrario del clero imperiale, che era di cultura ellenistica e si esprimeva in greco, parlavano e pregavano in siriaco, lingua del popolo; ciò facilitava i contatti ed essi finirono per assumere il ruolo sociale di guida in quelle comunità.
Agli inizi del V secolo, il Cristianesimo era ormai radicato nel Massiccio Calcare e verso la fine del VI secolo – alla vigilia delle guerre persiano-bizantine – quasi l’intera popolazione era cristiana, con circa il 4% di monaci, e i cenobi costituivano un elemento fondamentale della società rurale. Alcuni complessi monastici della regione, come quello di Teleda, furono centri insigni di cultura religiosa e profana. Il siriaco, diventato lingua scritta, acquisì anche una connotazione politica quando i frequenti contrasti dei monaci dell’Antiochene con Costantinopoli, sfociarono non solo in divisioni ma persino in lotte cruente, espressione di una volontà autonomistica e nazionalistica. In questo contesto, si inserisce la vicenda del celebre anacoreta Simeone Stilita il Vecchio.
S. Simeone nacque a Sisan, villaggio al confine con la Cilicia, nel 386 d.C. Ancora adolescente, entrò nel celebre convento di Eusobonas a Teleda (odierna Tell Ade) e vi rimase dieci anni. Ne fu allontanato per l’eccesso delle sue penitenze e si trasferì a Telanissos (Deir Simaan) in un monastero reputato severo; ma anche lì i confratelli giudicarono inaccettabili le sue abitudini. Egli raggiunse allora la vicina montagna iniziò la vita anacoretica come stazionario, legandosi al piede una grossa pietra con una catena di ferro lunga meno di dieci metri.
Ben presto divenne celebre e i visitatori cominciarono ad affluire al suo eremo. Trovando insopportabile la loro esagerata venerazione, Simeone decise di rifugiarsi su una colonna, eleggendola a fissa dimora. Correva l’anno 422 ed in Siria nasceva una nuova forma di ascesi: lo stilitismo. Protetto unicamente dalla cocolla (indumento con cappuccio a punta caratteristico del l’abito monastico) l’anacoreta viveva esposto ai rigori delle stagioni e praticava digiuni inumani. Recitava i salmi per quasi tutta la notte e durante il giorno fino all’ora nona. Predicava e riceveva i pellegrini che arrivavano da ogni parte dell’Impero Romano per invocare le sue virtù taumaturgiche. Appianava le controversie dei nomadi della steppa e discuteva con devoti e curiosi (anche uomini di cultura) che si recavano a migliaia ai piedi della colonna. Morì a sessantanove anni, avendone trascorso circa quaranta da stilita. All’epoca, il corpo di un asceta diventava ambita reliquia da contendersi anche a costo di lotte sanguinose e le spoglie di Simeone furono portate manu militari ad Antiochia.
Più tardi, l’imperatore Zenone, allo scopo squisitamente politico di accaparrarsi il favore popolare, le fece trasferire a Costantinopoli e edificò il santuario del santo sulla montagna teatro della sua ascesi. Nella vicenda di Simeone si riassume la ragione profonda dell’anacoretismo siriano: soggiogare il corpo mantenendo la padronanza di sé e sopportando privazioni e patimenti estremi per elevare lo spirito diventava un’estrema testimonianza di fede e mezzo di santità. Ancora vivente, egli ebbe moltissimi emuli. L’ascesi su una colonna fu forse la più spettacolare, austera ed esagerata forma di penitenza tra quelle predilette dai mistici paleocristiani della Siria, tanto da essere diventata leggendaria. Nelle cronache del VII secolo si citano ‘’selve di colonne di stiliti’’. Presto essa si diffuse nel resto dell’Impero d’Oriente e oltre.
Il complesso basilicale-monastico di San Simeone dista 36 km. da Aleppo e sorge sulla vasta spianata artificiale di uno sperone roccioso alle pendici del Jebel Simaan degradante a ovest verso la piana di Qatura, dove si trova una necropoli rupestre romana del II secolo d.C. Esso ricorda i santuari-martyrion che derivano dall’architettura funeraria greco-romana.
Nella sua pianta, originale e complessa, la croce – formata da quattro basiliche a tre navate – si fonde con l’ottagono al centro. Dal punto di vista puramente architettonico è ‘’l’ edificio cristiano più grandioso prima delle cattedrali dei secoli XI-XII in Occidente.’’ Cfr. J.Mattern, Villes Mortes de Haute Syrie, Imprimerie catholique, Beyrouth 1944, pg.120.
Edificato tra il 476-491 per volere imperiale e unica ‘’isola’’ calcedonese in quella parte del Massiccio Calcare popolata da monaci monofisiti, divenne un centro di pellegrinaggio internazionale comparabile ai Luoghi Santi di Palestina. Fu trasformato in fortezza nel X secolo dai Bizantini dopo la riconquista di Antiochia, ma neppure l’occupazione bizantina e le successive – degli Hamdanidi (985) e dei Fatimidi (1017) – arrestarono l’affluenza dei devoti almeno fino al XII-XIII secolo. E prima della guerra iniqua che sta distruggendo la Siria, questo luogo straordinario raccontava ai visitatori la storia di un’epoca e la grande maestria degli artigiani siriani, depositari di un’antichissima e alta cultura scultorea ed architettonica.
Vi si accede attraverso una breccia nella cinta muraria fortificata che dà il nome al sito: Qalaat Simaan, la cittadella di Simeone. Una breve strada in salita conduce alla spianata dove si conservano le vestigia del monastero, una torre delle mura medievali e, in fondo a nord, solenne e magnifico in cima alla montagna deserta, il tempio che custodisce al centro la colonna-reliquia del santo.
L’arco centrale del nartece, più ampio e più alto dei laterali, poggia su colonne affiancate da pilastri scannellati. Le colonne sono coronate da originali capitelli corinzi con foglie di acanto piegate come per un forte colpo di vento. I timpani triangolari, ben sottolineati da cornici scolpite, poggiavano nel loro punto d’incontro su colonnette che avevano per base gli sporgenti pilastri scannellati (quasi dei contrafforti). Aveva una triplice copertura a doppio spiovente. (foto 1)
Oltre il nartece, si scorge l’alto muro della facciata della navata centrale della Basilica Sud, con due porte molto ampie e quattro finestre sottolineate da modanature e, in origine, separate in due gruppi da colonnette su beccatelli. Il muro termina con un bel cornicione scolpito, ma probabilmente era sormontato da un timpano triangolare. Le due porte più piccole, che introducono alle navate laterali, sono sormontate da archi e decorate con cornici scolpite. Due ordini di colonne (le cui basi sono in situ) separavano le tre navate di questa basilica a pianta quasi quadrata (m. 25 X 24). Anche la maggior parte degli altri elementi architettonici crollati: pietre di archi e claristori con colonnette in aggetto su cui poggiavano le travi dell’armatura del tetto, fusti di colonne, conci e capitelli corinzi giacciono al suolo. I muri perimetrali, formati da grossi blocchi disposti a secco in assise orizzontali, secondo la tradizione regionale, si conservano quasi intatti. Essi risultano alleggeriti da grandi porte e da numerose finestre, nonostante gli archivolti che circondano i tre lati dell’edificio sovrapponendosi ad altri elementi decorativi creino un effetto di gravezza singolare, rispetto all’ elegante semplicità che in genere contraddistingue gli edifici sacri del Massiccio Calcare.
È il nucleo materiale e mistico del santuario. Nasce da otto grandi archi poggianti su sottili pilastri che acquistano slancio e leggerezza dalle alte colonne monolitiche ai loro lati. Le colonne sono decorate con foglie di acanto uguali a quelle del nartece. I quattro maestosi archi ovali diretti verso i punti cardinali introducono alle altrettante basiliche a tre navate, da cui la colonna-reliquia alta 21 metri era sicuramente ben visibile, (foto 2) creando una sintesi architettonico-simbolica di straordinaria efficacia. Gli altri quattro archi dell’ottagono, che si aprono su altrettante cappelle trapezoidali con piccole absidi nel fondo, collegano tra di loro le navate laterali e, in questo modo, avvolgono l’ottagono e la croce, conferendo maggior respiro e armonia all’imponente edificio. Queste cappelle dovevano ospitare dei sepolcri, come fa pensare anche il coperchio ad acrotèri di un sarcofago nell’abside N-E. Le decorazioni scolpite dell’ottagono sono uguali a quelle delle navate. Il pavimento di pietra risale al X secolo, epoca in cui il tempio fu trasformato in fortezza. In origine, l’ottagono doveva essere coperto da una cupola, probabilmente simile a quella del battistero a sud della spianata. La parte esterna delle piccole absidi S-E e N-E – più curate delle altre due e con tre finestre ciascuna – richiama nell’ornamentazione l’abside centrale della basilica Est.
Al centro dell’ottagono e ancora sulla sua base originale (foto 3) – un cubo di quasi due metri di lato tagliato direttamente nella roccia – poggia la colonna di Simeone o meglio il poco che ne rimane, essendo stata per secoli reliquia taumaturgica soggetta alla venerazione devastatrice dei pellegrini. Scriveva a questo proposito lo storico Abu al-Hassan ‘Ali Ibn Bakr al-Harawi: ‘’Si trovano a Deir Sim’an (deir in arabo significa monastero e lo storico definisce impropriamente monastero il santuario) rovine come non ne esistono simili al mondo.
In mezzo al Deir, un fusto di colonna utile [per guarire] dalla febbre, se si prende della polvere di questa pietra per un malato e si fa un voto per lui.’’ (J. Nasrallah, Le couvent de Saint Siméon l’Alepin, in La parole de Orient, Paris 1970, II, pg. 343). Uno spazio (detto mandra) intorno alla base della colonna, che era chiuso da una balaustra di legno (di cui si riesce a individuare la posizione originaria) proteggeva l’asceta dalla devozione esagerata dei fedeli. Evagrio lo Scolastico narra di ‘’Abitanti della regione che arrivavano in gran numero e danzavano attorno alla colonna, e di una stella folgorante che apparve varie volte nella parte sinistra del santuario. Alcuni affermavano di aver visto la figura dello stilita, con la testa incappucciata e la lunga barba, volare nella basilica. Persino i cavalieri sui loro cavalli giostravano attorno alla colonna, ma non era permesso alle donne di oltrepassare la soglia del santuario.’’ (Hevagrius, Historia Ecclesiastica, L.I, c. XIII e XIV). Quest’ultimo punto, secondo alcuni studiosi, sarebbe discutibile, dato che le donne accorrevano numerose al santuario per chiedere la grazia di una maternità.
La basilica si prolungava in una loggia, oltre il ripido pendio della montagna, per mezzo di sostruzioni artificiali: contrafforti e poderose arcate. Tre archi su colonne collegavano la navata centrale a questa loggia-belvedere da cui si poteva ammirare lo splendido panorama della piana sottostante con i suoi villaggi e borghi, il Jebel Sheikh al-Barakat, la valle dell’Afrin, la piana ed il lago di Antiochia e la catena montuosa dell’Amanus. Le navate laterali avevano due porte.
Dagli elementi strutturali allineati al suolo si capisce che il suo interno era praticamente uguale a quello della Basilica Sud. Nei muri esterni, che erano circondati da portici con colonne, si aprono numerose porte (foto 4) – per facilitare la circolazione delle migliaia di pellegrini che accorrevano in certi periodi – e finestre, decorate da modanature a volute. La facciata a nord è particolarmente interessante e ricca di ornamentazioni scolpite.
* Le Basiliche Sud, Nord e Ovest svolgevano essenzialmente la funzione di ambulacri. All’esterno, le porte nel lato ovest ed est della Basilica Sud e quelle nel lato sud della Basilica Est erano precedute da pròtiri. Tutti gli altri muri esterni del santuario erano completamente porticati.
La vera chiesa, l’unica in cui si officiava, aveva due campate in più delle altre basiliche. Al suolo, restano frammenti di mosaici a disegni geometrici del V e anche del X secolo, come testimonia una iscrizione bilingue – in greco e siriaco – del 979 d.C.: epoca in cui al suo interno fu edificato un palazzetto arabo. Il lato est termina con tre profonde absidi a emiciclo e copertura a semi-cupola. Gli archivolti delle absidi sono decorati con motivi vegetali che abbelliscono in particolar modo la cornice dell’abside centrale perfettamente allineata a est, per cui la basilica risulta leggermente spostata a nord del suo asse. L’abside centrale ha un ordine di cinque finestre nella parte inferiore e una finestra più piccola sopra la cornice che sottolinea la volta. L’archivolto delle finestre è circondato da modanature. Le absidi laterali hanno ciascuna una finestra.
La parte absidale esterna rappresenta un’innovazione nell’architettura siriana del V secolo. Qui, infatti, per la prima volta, le absidi non sono racchiuse in un muro dritto. L’abside centrale ha due ordini di colonne corinzie, un cornicione e una decorazione scultorea a conchiglie. Le absidi laterali, semplicemente circondate da un alto zoccolo che arriva alla base delle finestre e coronate da una cornice, sono affiancate dalla prothesis e dal diaconicon.
A 30 metri circa dalla Basilica Est e praticamente addossata alle mura bizantine, sorge una cappella mortuaria quasi monolitica. Essa fu infatti ricavata nello scavo da cui venivano estratti i massi di calcare per la costruzione del santuario. La facciata e i due frontoni sono le uniche parti importanti in muratura. La cappella è orientata a est, come in generale le chiese della regione. Sotto il pavimento c’era l’ossario. Altre tombe, oltre che nelle piccole absidi del santuario, erano collocate nei lati delle Basiliche Sud e Nord.
Nel lato est di una grande corte, delimitata a nord e a ovest dai muri del santuario, sorgeva una piccola basilica a tre navate per le funzioni private dei monaci. Una porta la metteva in diretta comunicazione con la prothesis del santuario. ‘’… aveva, sopra le navate laterali, tribune che comunicavano con le sacrestie del santuario e con il primo piano del convento. L’abside dritta era fiancheggiata da due torri.’’ (G.Tchalenko, Villages Antiques de la Syrie du Nord, Paris 1953, pg. 236). È particolarmente degno di nota il ciborio scolpito (foto 5) che si trova al suolo, addossato alla parete nel lato ovest della cappella.
I lati est, sud ed ovest della corte a cui si affacciava la chiesa conventuale erano delimitati da un monastero a due e tre piani, circondato su tre lati da gallerie aperte. La pianta era piuttosto complessa. Come tutti i monasteri della regione, aveva nel lato est del piano terra un oratorio e diverse sale; scuderie nel lato sud. Esso subì diverse trasformazioni interne in epoca medievale e non è ancora perfettamente studiato.
Sorge all’estremità sud della spianata e presenta una pianta ottagonale inscritta in un quadrato. Nei lati nord, sud e ovest del quadrato, tre gallerie circondano l’ottagono. Nel lato est, si aprono due nicchie e una profonda abside che ospita il fonte battesimale a cui i battezzandi accedevano dalle scale di due piccoli locali che fiancheggiano l’abside. Sia il fondo del fonte battesimale sia il pavimento del battistero erano musivi. L’ornamentazione scultorea della facciata ovest è particolarmente degna di nota. Il battistero era circondato a ovest, est e nord da un portico a colonne. Nel lato sud del battistero, troviamo i resti di una basilica a tre navi destinata ai catecumeni, che per dimensioni e stile architettonico era simile alla chiesa conventuale.
– Nel Massiccio Calcare il battesimo avveniva per infusione. Durante il IV secolo, il battistero si situava nel lato est della chiesa. Nei secoli V e VI diventava un edificio indipendente, disposto a S-E.
– Ai lati est, sud e ovest del battistero, sorgevano tre edifici rettangolari. Probabilmente si trattava di ospizi per i pellegrini. L’edificio a sud aveva portici ai lati sud e nord, mentre da una porta monumentale a doppio arco (propileo) nel lato ovest entravano le processioni provenienti dal vicino centro di Telanissos (Deir Simaan). Negli edifici a ovest e a est. i porticati si aprivano sulla spianata.
L’ornamentazione scultorea interna ed esterna di Qalaat Simaan è complessa sia per la varietà di stili e forme sia per la sua profusione. I motivi classici si uniscono alle invenzioni dell’arte locale e agli apporti regionali. Sono degni di attenzione l’aggetto delle facciate, il coronamento delle porte, le colonne addossate col capitello che serve da appoggio alla cornice, le mensole e le colonnette, i nastri e le volute che circondano i muri perimetrali, le porte e le finestre avvolgendo praticamente l’edificio.
Segni cristologici (foto 6), svariate figure geometriche e motivi naturalistici sono copiosamente scolpiti in archivolti, cornicioni, capitelli e architravi. Talvolta, la scultura diventa quasi ricamo, come nel ciborio conservato nella chiesa conventuale o in certi architravi sparsi al suolo. In origine, molte parti degli interni dovevano essere dipinte e i pavimenti erano ricoperti da mosaici. Il bianco calcare – che il tempo ha tinto in parte con una tavolozza di colori che spaziano dal grigio alle varie sfumature dell’ocra – domina sovrano negli elementi strutturali e decorativi.
– Il santuario cruciforme misura 100 metri in direzione E-O e 88 metri in direzione N-S. La sua superficie è di 3. 840 m². La superficie della spianata è di 12.000 m² e potevano sostarvi 10 mila pellegrini alla volta.
Le colonne erano composte da una base su cui si fissava il fusto di uno o più tamburi uniti da sbarre o anelli di ferro che assicuravano stabilità in caso di uragani o terremoti, molto frequenti nella regione. La loro altezza massima era in genere di 13-16 metri e la piattaforma larga sufficientemente perché gli asceti potessero trascorrervi la vita. Talvolta, un tetto di frasche o pelli su una garitta di assi li proteggeva dalle intemperie, ma spesso essi si esponevano senza protezione alcuna. Tracce di canalizzazioni, che partono dalla base, fanno pensare a un tubo di piombo o terracotta che ne raggiungeva la sommità e serviva come scarico dei rifiuti organici, che defluivano verso una fossa poco distante.
Le immagini di questo articolo, esclusa la veduta aerea, sono dell’autrice.
per vedere con Lei il volto del Figlio e dei Santi
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