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Siria. La guerra fratricida dei palestinesi a Yarmuk e le colpe di Hamas

(Alessandro Aramu) – C’è un punto di non ritorno per il campo profughi palestinese di Al-Yarmouk, un sobborgo al sud di Damasco. Quel punto si chiama Daesh (ISIS). Le responsabilità sono sotto gli occhi di tutti, giusto celate dalle menzogne della stampa mainstream, il grande circo mediatico dell’informazione occidentale che diffonde con una cadenza quasi cronometrica una serie di notizie false o distorte sulla Siria. In quel campo i terroristi ci sono sempre stati. E se non li volete chiamare così, perché il nome vi fa prudere il naso, allora chiamateli jihadisti, islamisti o salafiti. Spesso si tratta di uomini, sigle o fazioni sovvenzionate dalla Turchia e dal Qatar, attraverso la grande centrale mondiale della Fratellanza Musulmana. Tutto, ovviamente, in funzione anti Assad.

LE CATTIVE AMICIZIE DEI PALESTINESI ANTI ASSAD  – Dentro il campo, da sempre, c’è Al- Nusra, braccio siriano di Al-Qaeda. E ci sono altre sigle vicine o promanazione di alcune fazioni palestinesi anti Assad. Quei gruppi, in combutta con l’Esercito Siriano Libero, ha tenuto sotto scacco il campo di Al-Yarmouk in tutti questi anni, impedendo l’ingresso degli aiuti umanitari, spesso spartendoseli o vendendoli al mercato nero, taglieggiando la popolazione e riducendola in una sorta di schiavitù a cielo aperto.

Quelle fazioni hanno lavorato con i gruppi ribelli, in primis l’Esercito Siriano Libero, in quei quartieri, limitrofi al campo, dai quali sono entrati proprio i mercenari di Daesh. Tra questi mercenari-terroristi ci sono anche molti palestinesi cresciuti nel campo che hanno deciso di cambiare casacca (che importa dopo tutto essere di Al – Nusra, di Daesh o di una fazione in armi) solo per qualche centinaio di dollari. I documenti dei terroristi rimasti sul campo non mentono: i palestinesi dentro il campo non sono tutti uguali, non sono tutte vittime.

LA BRIGATA PALESTINESE NATA PER COLPIRE IL FPLP  – Nell’ottobre del 2012, i ribelli della brigata Soukour al-Golan hanno armato i palestinesi “desiderosi” di combattere contro il Governo di Assad: “Abbiamo creato la Brigata Liwaa al-Assifah, costituita esclusivamente da combattenti palestinesi“, disse all’agenzia Reuters un comandante ribelle della brigata: “Il suo compito è quello di prendersi cura del campo di Yarmouk”.  Detto fatto.

I ribelli di Soukour al-Golan spiegarono che con la nuova brigata avrebbero attaccato  tutti coloro che a Yarmouk  erano fedeli al PFLP-GC di Ahmad Jibril, accusati di attaccare i combattenti ribelli dell’Esercito Libero Siriano (SLA). Palestinesi contro palestinesi. La storia del campo profughi è tutta qui. “Il regime” ha davvero poche responsabilità in una storia dove una parte dei palestinesi, guidati da Hamas, ha trasformato il campo in una sorta di scacchiere dove sperimentare strategie e alleanze mutevoli.

PALESTINESI IN SIRIA – Prima della guerra, circa 500.000 palestinesi vivevano in Siria, per lo più discendenti di coloro che sono rifugiati dopo la creazione di Israele nel 1948. La Siria baathista di Assad è sempre stata sostenitrice della causa palestinese e ha sempre finanziato diverse fazioni. La rivolta  ha messo in luce, come dimostra la vicenda di Al-Yarmouk, le divisioni tra i palestinesi in Siria. Molti si sono uniti al campo anti-Assad, come gli islamisti palestinesi di Hamas che dal 2012 hanno deciso di chiudere la loro sede a Damasco.

LA SITUAZIONE NEL CAMPO – Oggi sappiamo che solo una parte del campo è in mano ai terroristi. Daesh ha infatti preso possesso solo delle posizioni che prima erano sotto il controllo del Fronte Al-Nusra”, in coordinamento con quest’ultimo. L’ingresso è avvenuto principalmente dalla zona di Al-Hajar Al-Aswwad. Secondo la sinistra palestinese e i comitati di resistenza locali,  Al-Nusra ha ricevuto, dall’alto, direttive precise per l’ingresso di Daesh, “finalizzato al propagarsi della crisi, obbiettivo e interesse di agende esterne.”

Alcuni gruppi sono la causa principale del disastro. La bufala dell’esercito di Assad che assedia Al-Yarmouk è stata smentita proprio dalle fazioni palestinesi più moderate, come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che ha raccontato come non ci sia un solo soldato siriano, per accordo, nel perimetro del campo profughi.

LA NUOVA STRATEGIA, HAMAS ALLE CORDE – Sempre il Fronte Popolare, che guida la controffensiva contro i jihadisti insieme ai comitati palestinese di resistenza popolare, ha invitato il movimento Hamas a prendere una “posizione non ambigua” riguardo a quanto accade nel campo profughi, invitandolo ad attenersi e a non scavalcare le decisioni prese dalle fazioni palestinesi: “Hamas è direttamente implicata in questa situazione, come fazione palestinese e come parte interessata al destino e alla catastrofe che sta affrontando il popolo palestinese”.

Abu Ahmad Fuad, vice segretario generale del FPLP, ha inoltre lanciato un appello all’’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)affinché sostenga concretamente i palestinesi presenti in Siria aggiungendo che “il momento è difficile, la responsabilità è storica e se si ritarda, si rinvia e non si affronta la situazione, questo sarà un grande fardello sulle spalle del nostro popolo che , fino all’ultimo, ha tentato di evitare il coinvolgimento in questa crisi.“

UNITI CONTRO DAESH – Un appello che sembra aver prodotto dei risultati. Le quattordici fazioni palestinesi si sono dette infatti favorevoli a un’operazione militare congiunta con il governo di Damasco per allontanare i jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) dal campo profughi. La conferma è arrivata dall’inviato del leader palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), Ahmad Majdalani, come riferisce la tv satellitare al-Arabiya dopo una conferenza stampa a Damasco. Le fazioni, ha detto Majdalani, sostengono “una soluzione di sicurezza che venga attuata in collaborazione con lo stato siriano e che abbia come priorità la sicurezza dei cittadini”.

Anche il quotidiano israeliano Haaretz ha confermato la decisione delle fazioni palestinesi di unirsi e formare una forza unita per affrontare e respingere i miliziani di Daesh dal campo. Messo da parte l’odio per Assad, anche i gruppi palestinesi vicini ai ribelli hanno quindi deciso di condurre un’azione congiunta.

Malgrado le notizie di stampa, che prendono come unica fonte il fantomatico Osservatorio Siriano per i diritti, finta ONG con sede a Londra, al soldo di Turchia, Arabia Saudita e Qatar, la notizia dei barili bombe lanciate dall’aviazione siriana sul campo è del tutto falsa. L’Esercito di Assad non sta effettuando alcuna operazione militare aerea e tanto meno utilizza armi di fabbricazione artigianale come dei barili pieni di schegge e chiodi.

L’ESPERTO MILITARE SIRIANO – Un esperto militare di Damasco, una fonte riservata che vuole mantenere l’anonimato, sorride e afferma: Armati da Russia e Iran, con armi moderne e super tecnologiche, non abbiamo certo il tempo di costruire simili strumenti che invece vengono utilizzati dai terroristi (n.d.r. ribelli) per ammazzare i civili.  Questa notizia dei bombardamenti a Al – Yarmouk è falsa, basta chiederlo alle fazioni palestinesi che non appoggiano i terroristi e che hanno consentito l’uscita di migliaia di civili dal campo. La verità è che gli abitanti  del campo sono intrappolati soprattutto nella parte sud, quella controllata da al Nusra, Hamas e i gruppi che sostengono i ribelli del Free Army. Dalla nostra parte, al nord, abbiamo fatto uscire migliaia di persone. Questo grazie al FPLP e ai comitati di resistenza popolare”.

Alessandro Aramu – Spondasud rivista di geopolitica e studi internazionali

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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