Sanzioni contro i siriani. Questo è un argomento accuratamente evitato dai leader politici europei, dalle diplomazie e mai trattato dai media. Eppure le cause connesse all’embargo hanno causato più vittime della guerra stessa: ”oltre 280mila persone sono morte a causa del conflitto, mentre 350mila hanno perso la vita per carenza di medicine o beni di prima necessità” (ACS).
di Patrizio Ricci (LPL News 24)
Vediamo in breve di che si tratta. Come tutti sappiamo, la comunità internazionale da tempo ha imposto sanzioni ad ampio raggio sul regime del presidente Bashar al-Assad, giustificando questo gesto con il tentativo di ”fare pressione sul governo siriano di smettere di usare la violenza contro i manifestanti’‘.
Visto però lo scenario attuale, viene da chiedersi: “Ma oggi, chi sarebbero questi ‘manifestanti? Forse ISIS, al Nusra o le milizie supportate dall’occidente o dai paesi del Golfo”? La domanda è pienamente legittima, visto che solo il 10% dei combattenti è siriano e che il 70% dei siriani (secondo uno studio della Nato) supporta Assad. La cronaca ci ha mostrato che non ci sono più manifestanti pacifici da proteggere: dalla data del cessate il fuoco del 27 febbraio chi ha manifestato non ha mai corso alcun rischio (qui le manifestazioni svolte varie località Anjarha, Maarrat al Numan, Idlib, Talbiseh, Rastan, Dumeir, Harak e Bosra al Sham).
E’ evidente che l’ostinazione occidentale di scoraggiare i negoziati (in corrispondenza degli stessi si è puntualmente aumentato l’afflusso di armi) non sta proteggendo nessuno, almeno non la popolazione civile: numerose voci si sono alzate contro questo scandalo ma finora invano.
Il dato delle conseguenze dell’embargo (maggior causa di vittime civili) è stato sottolineato a gennaio anche da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS): ”Il cibo è divenuta l’arma maggiormente letale del conflitto siriano”, aveva detto in una intervista a Zenit, padre Andrzej Halemba, responsabile internazionale di ACS per il Medio Oriente. Il sacerdote ha denunciato che dall’ inizio della crisi ”oltre 280mila persone sono morte a causa del conflitto, mentre 350mila hanno perso la vita per carenza di medicine o beni di prima necessità”. Il dato chiaro che se ne ricava è che le cause connesse con la carenza di assistenza medica e cibo hanno fatto più vittime della guerra.
Comminare sanzioni contro uno stato in guerra alle prese con nemici esterni non solo è in sè illegale e inumano, ma in questo caso è deleterio anche per gli stessi interessi europei. Di questo avviso, è il rappresentante permanente russo presso le Agenzie Onu a Ginevra, Alexey Borodavkin che in un’intervista all’agenzia ‘Sputnik’ ha evidenziato che ‘‘il perdurare delle sanzioni dell’Unione europea contro il governo siriano avranno solo l’esito di spingere circa sette milioni di sfollati che ora sono all’interno della Siria in Europa”– ed ha aggiunto – “Ma i nostri colleghi Ue non sembrano capirlo e mantengono in essere le loro sanzioni unilaterali contro Damasco. Questa miopia è stupefacente. Le sanzioni dovrebbero essere stracciate in modo da mantenere gli sfollati all’interno della Siria”.
Sullo stesso argomento Borodavkin era già intervenuto l’8 marzo: “La posizione dell’Unione europea ci sorprende, in quanto a prescindere dal cessate il fuoco in Siria e la collaborazione con Damasco sulla fornitura di aiuti umanitari, [dell’Unione europea] continua le sue illegittime sanzioni economiche contro la Siria, che prima di tutto colpiscono i civili siriani e, in particolare, il movimento interno di individui “.
Ma le voci di questo segno non sono state solo russe (che si potrebbero sospettare di parte). Si sono levati appelli anche da ambiti religiosi (ricordiamo l’appello delle monache trappiste in Siria) e ci sono state anche iniziative politiche (interrogazioni parlamentari, risoluzioni) ma tutte regolarmente hanno avuto risposte di prammatica o non ne hanno avuto affatto: anzi, addirittura è invalsa l’abitudine che le sanzioni vengano regolarmente rinnovate senza neanche la discussione parlamentare.
L’embargo è particolarmente iniquo. Contrariamente a quello che si può pensare non è indirizzato solo contro il governo (che comunque, come abbiamo visto, non è alle prese con ‘i manifestanti’ ma con i terroristi) ma colpisce sopratutto i comuni cittadini siriani, comprese le rimesse dall’estero verso i famigliari in patria. Non accade per una ‘disattenzione’: lo scopo è quello di suscitare e sostenere la ribellione compresa quella dei jadista. Ovviamente tutto questo non lo si ammette pubblicamente e perciò la manipolazione mediatica affinche i cittadini siano mantenuti all’oscuro, è fortissima.
Anche una lista bipartisan di politici e di personalità della società civile tedesca ha lanciato nel 2015 un appello rivolto ai deputati ed alle frazioni parlamentari di Berlino e di Bruxelles. Ho purtroppo avuto occasione di rilevare la veridicità di quanto affermato nel testo di questo appello direttamente: alcuni mesi fa trovandomi con alcuni amici a portare avanti alcune iniziative di sostegno a progetti di aiuto in Siria nella città di Aleppo, in provincia di Damasco e nella valle dei Cristiani (Wadi al-Nasara), abbiamo dovuto affronatre difficoltà enormi per far affluire il denaro in loco.
Perciò ce lo chiediamo tutti: che senso ha stracciarsi le vesti per i profughi e nello stesso tempo impedire le condizioni perchè essi possano rimanere in Siria? Non è poi così difficile capirlo: per eliminare il problema dei profughi di guerra, bisogna eliminare la guerra e non alimentarla. Sconceratnte che non solo non si va in questa direzione ma si mantiene addirittura un assedio: gli effetti delle sanzioni sono praticamente gli stessi! Bisognerà decidere se far prevalere le radici da cui è nata l’Europa; oppure, pena la nostra dissoluzione, continuare a privilegiare le implicazioni politiche, le manipolazioni internazionali, gli interessi che hanno provocato e mantengono vivo il conflitto siriano.