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Siria meridionale: un luogo di tensione dimenticato

Anton Mardasov (che è un esperto di affari militari e giornalista specializzato in Siria, Iraq e organizzazioni estremiste ed è accreditato presso il Russian Affairs Affairs Council), ha scritto e pubblicato sul sito di geopolitica Riddle l’articolo “How Moscow imitates a peace settlement in Syria“.

Segnalo questo articolo perché il pezzo ha il pregio di affrontare alcune problematiche della zona di Daara e nella Siria meridionale in un momento in cui si parla solo di Idlib e dei curdi della siria del Nord, mentre la Siria meridionale è sparita completamente dalla cronaca.

L’articolo però ha il difetto di avere un chiaro accento antigovernativo. Non si tratta solo di chiamare costantemente il governo siriano ‘regime’ –  che è vizio invalso a molte testate giornalistiche – ma si sorpassa la misura della decenza quando addirittura (in due passaggi) si arriva giustificare il comportamento dei ribelli a Ghouta ed Aleppo.

Tra le omissioni di Mardasov, è rilevante che non citi i numerosi episodi di assassinio di ex comandanti ribelli puniti per aver collaborato con le forze governative da piccole unità di ribellione riemergente. Allo stesso modo, non vengono menzionati attentati e colpi di mano ai posti di controllo governativi e unità isolate SAA, divenuti abbastanza frequenti nella provincia di Daara.

Ma allora  – vi chiederete – perché perdo tempo con il suo articolo?

E’ per via di alcune parti che trovo interessanti per  capire ciò che sta accadendo nei territori che sono tornati sotto il controllo di Assad, dove indubbiamente è stata persa una opportunità per  focare – con una reale riconciliazione – un livello abbastanza alto di sentimento antigovernativo.

In altri termini: è difficile vincere la guerra ma è altrettanto difficile vincere la pace.

Perciò sono degni di nota i passaggi che nell’articolo riguardano le incomprensioni sorte tra la Russia e gli alleati, almeno in questa parte della Siria:

Il potenziale di protesta delle province meridionali della Siria è in aumento di mese in mese. Questa prospettiva è stata persino affrontata direttamente negli incontri diretti tra residenti locali e rappresentanti delle forze dell’ordine siriane, in cui la parte russa ha agito da intermediario.

Ma questo dialogo non ha risolto nulla.

In effetti, i residenti locali hanno grandi aspettative da Mosca, percepito come un “compagno anziano” di Damasco.

Si aspettano che la Russia sarà in grado e disposta a far rispettare i termini dell’accordo di pace tra il governo e le precedenti forze di opposizione, compresa la fine della repressione politica, il rilascio dei detenuti, il ritorno sicuro dei membri dell’opposizione e di altri dissidenti e la fine di arruolare ex unità dell’opposizione per combattere in Idlib.

A loro volta, Israele, Giordania e Stati Uniti, che hanno concordato di “riconciliare” la Siria meridionale, continuano a chiedere a Mosca di ritirare tutte le forze filo-iraniane dal confine con Israele. E sebbene la parte russa non sia in grado di limitare da sola l’influenza iraniana, non ha buone ragioni per impedire l’attività dell’aviazione israeliana nella regione.

Niente di tutto ciò è di buon auspicio per la futura stabilità della Siria del dopoguerra.

In altri termini, “Mosca ha certamente i mezzi per influenzare il comportamento dei propri alleati, ma non ricorre a loro facilmente né li usa in modo reazionario. La leadership russa non avrebbe voluto farlo senza una strategia a lungo termine”. Mardasov denuncia forti incomprensioni tra funzionari governativi siriani,  le forze iraniane in Siria e la Russia. Questo clima parte dal momento della liberazione della parte meridionale della Siria : 

Nell’estate 2018, i territori ribelli nell’estremo sud-ovest della Siria (i governi di Daraa e Quneitra) sono tornati sotto il controllo governativo dopo un processo di riconciliazione relativamente senza sangue. Ciò era stato possibile solo grazie agli accordi negoziati da attori esterni: Israele, Giordania, Russia e Stati Uniti.

Pertanto, con la partecipazione di Mosca, è stato lanciato un piano per creare un “cuscinetto sunnita” al confine con Israele, al fine di ridurre al minimo la presenza del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e di numerosi gruppi di milizie locali e straniere fedeli a Teheran nella regione (l’Iran aveva ripetutamente minacciato Israele che avrebbe aperto un “fronte siriano”).

La Russia aveva favorito il reinserimento degli ex ribelli e la costruzione del ‘cuscinetto sunnita’ ma non è riuscita:

La Russia ha praticamente garantito il ritorno degli ex sostenitori dell’opposizione in queste regioni, promettendo di garantire la sicurezza dei ribelli locali a condizione che cessassero le ostilità con Damasco e invece si rivoltassero contro i suoi avversari.

Quindi, nell’aprile 2019, gli ex membri dell’opposizione costituivano oltre il 75% di tutti i soldati dell’ottava brigata del quinto corpo di assalto volontario schierato nel governo di Daraa. Per qualche tempo, questa formazione militare fu controllata direttamente da un generale russo e ufficiali russi erano presenti a vari livelli della sua struttura di comando.

Tuttavia, altri attori chiave non potevano consentire alla Russia di monopolizzare questo processo.

Maher al-Assad, fratello del presidente siriano e comandante della quarta divisione dell’esercito arabo siriano (che è noto per avere stretti legami con l’Iran), si unì alla lotta per attrarre ex membri dell’opposizione nei ranghi dell’esercito siriano.

Con la ripresa del territorio le promesse dei mediatori russi ai ribelli di incolumità e reinserimento per convincerli alla consegna delle armi:

[Ad] un periodo di relativa stabilità è stato presto seguito da una serie di recriminazioni e ad un cambio di atteggiamento: molti attivisti locali, sotto la pressione dei servizi di sicurezza, cominciarono improvvisamente ad iniziare a “ricordare il passato” e rilasciare dichiarazioni in massa contro ex leader dell’opposizione che godevano ancora di un diffuso rispetto tra la popolazione.

Inoltre, Damasco a quel punto inizia a insistere sul fatto che queste unità di ex combattenti dell’opposizione partecipino alle operazioni militari nella zona di de-escalation di Idlib. Ciò significava essenzialmente combattere contro i loro compagni. La notizia è stata ricevuta senza entusiasmo, per dirla in parole povere.

Tuttavia, il problema principale affrontato dalla Siria meridionale dopo il ritorno al controllo governativo non è stato tanto una soluzione ai problemi di sicurezza, ma il forte declino degli standard di vita .

Uno dei motivi principali di ciò è il ridotto ruolo dei consigli locali (amministrazioni civili create su territori controllati dall’opposizione per soddisfare le esigenze della popolazione locale) e una diminuzione del sostegno fornito da varie ONG .

L’autore del”articolo denuncia forti attriti tra la ‘road map’ russa e quella iraniana e i funzionari siriani nella gestione del dopo guerra nella Siria meridionale:

Sebbene i soldati russi di stanza nel sud della Siria tengano regolarmente incontri con residenti locali, i testimoni oculari affermano che la popolazione ha un dialogo limitato con loro.

I siriani delle province del sud, sostengono, evitano di discutere qualsiasi questione delicata in questi incontri, dato che i russi sono sempre accompagnati da un ufficiale delle forze armate siriane e da un traduttore ufficiale, un ruolo anche ampiamente associato ai servizi di sicurezza siriani.

I funzionari governativi non hanno nemmeno smesso di cercare di mettere in evidenza “chi è al comando da queste parti”, nel proprio stile caratteristico.

In particolare, l’8 marzo, Damasco ha deciso di commemorare il 58 ° anniversario della fondazione del partito Ba’ath al potere installando una nuova statua di Hafez al-Assad a Daraa, “culla della rivoluzione” contro lo stesso partito (Hafez al-Assad, Il padre di Bashar, governò la Siria dal 1971 al 2000 – ndr.)

Di conseguenza, ciò che iniziò come una manifestazione a sostegno delle autorità della città si trasformò in una manifestazione antigovernativa .

Ci sono forti malumori tra la popolazione e addirittura sta rinascendo un movimento neo-insurrezionale che il governo giudica “ come il risultato di intromissioni da parte di forze esterne desiderose di “scuotere la barca” e tornare indietro”. Questo senza dubbio è accaduto in passato da parte di varie potenze regionali ed in modo molto potente. Tuttavia oggi eccetto alcuni tentativi di Israele al confine, non è la ragione della mancanza di sicurezza in quella zona.

Ciò che l’articolo  sottolinea è invece  la presenza iraniana in Siria che non si giudica come un elemento di pacificazione e di cambiamento in Siria.

Ciò non è del tutto vero:  l’Iran e il movimento Hetzbollah non solo hanno ripianato le perdite tra le fila dell’esercito siriano ma sono state anche indispensabili per volgere il conflitto a favore grazie ad un livello molto alto di combattività e preparazione. Ci si riferisce però ora alla gestione del dopo-guerra in quelle zone.

La sottolineatura di come gioca il ruolo dell’Iran nella parte meridionale della Siria e la pericolosità di certe auto-celebrazioni – in particolar modo del partito Baath -, è perciò valida. Allo stesso modo corrisponde al vero l’esistenza di  certe visioni conflittuali esistenti tra Iran e Russia e governo siriano in merito alla strategie da intraprendere per la fine della guerra e nella gestione delle aree pacificate:

A metà luglio, c’è stata un’esplosione lungo un percorso preso dalla polizia militare russa di stanza in Siria. Secondo vari rapporti , non è stato l’unico attacco. All’inizio dello stesso giorno, è emerso che persone sconosciute avevano sparato a un posto di blocco e bombardato un’auto appartenente a un ufficiale dell’esercito siriano nel governato orientale di Daraa.

Nessuno degli attori della guerra civile siriana ha rivendicato la responsabilità degli attacchi. Tuttavia, il giorno seguente i media russi hanno affermato, citando fonti dell’opposizione, che l’attacco avrebbe potuto essere effettuato da unità filo-iraniane . Ciò sembra improbabile, ma ci sono alcuni argomenti a sostegno della teoria.

Dall’inizio dell’intervento militare russo in Siria nel 2015, l’Iran è diventato gradualmente un attore su cui Mosca sa di poter contare sui suoi tentativi di tornare in Medio Oriente in vigore. Allo stesso tempo, consapevolmente o meno, la leadership russa ha anche trovato e puntellato contrappesi a Teheran, permettendo a Mosca di mantenere una certa distanza e di non essere strettamente associata all’Iran sciita.

Il primo esempio di questo tipo di comportamento è stato un accordo con Israele, che consente alle forze di difesa israeliane (IDF) la relativa libertà di operare in Siria e quindi colpire le forze iraniane e gli Hezbollah allineati in Iran in Libano.

Questo, ovviamente, ha fortemente irritato l’Iran.

Il secondo esempio sembra essere il rinnovato impegno della Russia di stabilire legami più stretti con le monarchie del Golfo Persico, che ha raggiunto con il metodo della  “carota e bastone” e sfruttando l’amministrazione uscente di Obama e il suo nuovo approccio all’Iran. Mosca ci riuscì; negli ultimi anni, il numero di contratti tra la Federazione Russa e questi paesi è aumentato drasticamente.

Un terzo di tali opportunità è apparso con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca; il nuovo presidente ha immediatamente dichiarato la sua disponibilità a frenare l’Iran e ha affermato il suo impegno a stringere legami più stretti con le monarchie sunnite della regione.

Per quanto Mosca possa essere a proprio agio con la propaganda anti-americana, la leadership russa deve tuttavia mantenere alcuni canali di comunicazione chiusi con gli Stati Uniti sulla situazione in Siria.

Se all’inizio ciò è stato fatto semplicemente per motivi di sicurezza dell’esercito russo, ora è necessario per frenare Damasco e la sete di vendetta di Teheran e garantire che il futuro del conflitto siriano sia risolto nei negoziati, piuttosto che sul campo di battaglia.

(…)

Nel corso del conflitto, Teheran ha sviluppato una presenza poliedrica in Siria. Anche con il ritiro delle forze libanesi di Hezbollah, dei mercenari afgani e pakistani e dei gruppi sciiti iracheni, l’influenza iraniana rimarrà. Teheran ha ancora la capacità di influenzare le forze locali fedeli ai suoi interessi; bombardare questi gruppi sarà più difficile da giustificare per la leadership israeliana.

Nel frattempo, il numero e la portata delle istituzioni culturali ed educative iraniane sta crescendo in Siria.

Eppure questi appelli alle comunità sciite locali, mentre sono uno strumento chiave del soft power di Teheran, rafforzano anche le divisioni etno-confessionali della Siria.

Ciò a sua volta autorizza i radicali sunniti dello Stato islamico o gruppi affiliati ad Al Qaeda, che fanno affidamento su queste divisioni nella loro propaganda.

Quindi non sorprende che gli Hezbollah libanesi continuino a mantenere una presenza nel governo di Daraa, insieme ad altre forze filo-iraniane che di solito operano sotto l ‘”ombrello” della Quarta Divisione di Maher al-Assad (era, come succede, nel territorio controllato da questo gruppo in cui si è verificato il tentativo di far esplodere una pattuglia di polizia militare russa.)

In queste aree, i delegati iraniani stanno tentando di ottenere il sostegno della popolazione locale con denaro e progetti umanitari . Se avranno successo, queste aree diventeranno roccaforti del sostegno iraniano dove, sotto le spoglie di progetti di sviluppo economico, operazioni di contrabbando redditizie possono continuare senza sosta.

I disaccordi accesi tra la Quarta Divisione e le forze armate russe hanno iniziato a emergere nel 2018 durante il processo di “riconciliazione” sulla zona di de-escalation nel sud-est della Siria.

La Quarta Divisione era da tempo diventata una struttura per tutta la Siria, il cui personale ha diminuito l’organico delle altre divisioni militari. Comprendeva anche formazioni paramilitari sciite come Liwa al-Imam Hussein (Brigata Lions of Hussein) e Liwa Sayyaf al-Mahdi (Lions of the Warriors of the Mahdi Brigade).

Le divergenze sono iniziate quando i militanti filo-iraniani con insegne della Quarta Divisione hanno rifiutato di lasciare una determinata area in conformità con un accordo tra Israele, Giordania, Russia e Stati Uniti. Inoltre, gli ufficiali dell’unità hanno ostacolato i tentativi degli ex gruppi di opposizione di unirsi al quinto corpo in conformità con il processo di “riconciliazione”, frustrando così i piani per creare un “cuscinetto sunnita” lungo il confine con Israele.

Ad esempio, secondo alcuni rapporti, il colonnello protetto di Maher al-Assad Ghiath Dalla ha svolto un ruolo importante in questi sviluppi. In seguito fu costretto a cedere il comando delle operazioni militari nella Ghouta orientale al brigadiere Suheil al-Hassan, che gode del sostegno del comando militare russo.

Oggi, i combattenti del quinto corpo stanno tentando di svolgere il ruolo di “contrappeso” come ordinato. Ad esempio, hanno ripetutamente attaccato posti di blocco presidiati dalla Quarta Divisione come rimborso per i tentativi di quest’ultima di reprimere la popolazione locale. L’esercito russo sembra schierarsi dalla parte degli ex ribelli in questo conflitto.

Da parte loro, le milizie fedeli all’Iran hanno tentato in diverse occasioni di assassinare membri del quinto corpo e dare la colpa alla Resistenza popolare. Naturalmente, hanno una vaga visione delle azioni della Russia e dei suoi negoziati spesso clandestini con le potenze occidentali.

Infine, l’articolo conclude giudicando il Comitato Costituzionale non sufficiente per una vera riforma e per risolvere il problemi irrisolti della Siria meridionale.

Come già detto, l’opinione dell’autore non coincide con il mio punto di vista tranne che nelle parti riportate che mettono alla luce numerose problematiche che bisognerà – in qualche modo- affrontare.

E’ fuori di dubbio che solo se il paese rimarrà unito, potrà uscire fuori dal lungo incubo preparato da un nemico non aleatorio ma concreto e reale.

patrizioricci by @vietatoparlare

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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