Siria: i negoziati di pace di Astana ed i doppiogiochisti

Patrizio Ricci- Il Sussidiario.net

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]Il 23 gennaio avranno inizio i negoziati di pace ad Astana[/su_heading]

I rappresentanti di Russia – Turchia – Iran il prossimo il 23 gennaio si riuniranno nella capitale del Kazakistan (Astana), per cercare di trovare un compromesso e dire la parola ‘fine’ alla guerra siriana.
Tutti e tre i partecipanti, sono gli organizzatori dei negoziati e garanti del rispetto della tregua, iniziata il 30 dicembre scorso. Il Kazakhstan, il più stretto alleato della Russia, è membro dell’Unione eurasiatica e della Shanghai Cooperation Organization, cioè il progetto russo-cinese, che a poco a poco si sta trasformando in una alleanza pan-asiatica che ha lo scopo di diminuire la dipendenza economica e finanziaria occidentale. Inoltre, il Kazakistan è anche un paese musulmano, quindi, non c’è posto migliore per un negoziato di pace tra paesi prevalentemente musulmani.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]Il punto di vista della Turchia[/su_heading]

Naturalmente, per arrivare a questo punto, il percorso è stato lungo ed è stato cruciale il cambiamento di atteggiamento della Turchia e dell’opposizione armata in relazione al conflitto siriano.
Esaminiamo dunque le principali posizioni. Il punto di vista della Turchia è stato chiarito nel corso di una conferenza stampa a Ryad tenuta dall’ambasciatore Yunus Demirer . L’intervento è stato ripreso dall’agenzia Anadolu e diffuso da varie fonti. Demirer rispondendo ai giornalisti che incalzavano sull’ambiguità di Ankara riguardo la Siria, ha detto che sebbene ‘la Turchia apprezzi le azioni fatte dall’Arabia Saudita per risolvere i problemi nella regione, è altrettanto vero che ‘la guerra in Siria è diventata troppo lunga” ed a questo punto – ha aggiunto l’ambasciatore – “i dollari dei paesi arabi non possono ottenere alcun successo nella nostra guerra contro la Siria”.

Demirer ha quindi spiegato che la Turchia con i suoi 911 Km di confine con la Siria è nella necessità di guardare gli interessi nazionali e la salvaguardia dal terrorismo. Di conseguenza, queste esigenze  non permettono più di sostenere gli interessi regionali degli alleati. Inoltre, l’ambasciatore turco ha considerato che “ci sono interessi economici, sociali e culturali tra Turchia e Siria a cui Ankara non intende rinunciare, proseguendo nella guerra”.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]Il punto di vista dell’opposizione moderata[/su_heading]

L’altra grande sorpresa è naturalmente l’atteggiamento costruttivo dell’opposizione armata. I segnali che provengono da questa direzione sono incoraggianti ed in questo senso sono già avvenuti numerosi colloqui tra i negoziatori russi e i rappresentanti dei ribelli. Degno di nota è l’ultimo di questi incontri avvenuto il 13 di gennaio a Mosca. La delegazione dell’opposizione armata, è stata guidata dal rappresentante militare in capo di 35 gruppi ribelli , gen. Muṣṭafà Ahmad al-Shaykh comandante supremo in capo del Consiglio militare dell’Esercito Siriano Libero (ESL), un ex ufficiale dell’esercito siriano. Nella conferenza stampa avvenuta a termine dell’incontro si rileva una sostanziale sintonia del gen. Ahmad al-Shaykh con la posizione turca. Ma non solo: egli si è spinto addirittura ad auspicare una presenza russa in Siria perché ‘Mosca non è considerata un invasore’. Da parte sua, Assad ha fatto sapere che accetterà ogni decisione, a patto “che sia in linea con la Costituzione siriana“, altrimenti si dovrà ricorrere ad un referendum.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]I nemici della pace ed i doppiogiochisti[/su_heading]

E’ evidente, che per consentire il sereno svolgimento dei negoziati la priorità è diminuire la tensione e favorire il rispetto della tregua. E’ in questo contesto, che Usa e Arabia Saudita (i due grandi esclusi dal summit di Astana) continuano premere in direzione opposta, cioè verso un ulteriore prolungamento del conflitto. I fatti sono eloquenti: da dicembre Arabia Saudita e Stati Uniti hanno rafforzato la consegna di armi ai jihadisti, compreso missili terra-aria ai ribelli takfiri ad Idlib. Ad Ankara è stato ucciso l’ambasciatore russo, gli attentati in Turchia proseguono quasi con cadenza giornaliera. Washington ha interrotto il supporto aereo alla Turchia alle prese con ISIS in località al Bab, a nord di Aleppo (sono dovuti intervenire gli aerei russi ed Ankara ha minacciato la chiusura della base di Incerlik). Per aumentare la tensione, gli Stati Uniti hanno comminato nuove sanzioni contro una Siria agonizzante, espulso diplomatici russi, rafforzato in maniera incredibile la presenza militare in Polonia ed in Germania. Ma non è tutto: favorendo lo spostamento da Mosul verso la Siria, è stato assecondato anche il tentativo di ISIS di conquistare Palmira e l’importante base avanzata siriana T4 poco distante.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]La privazione dell’acqua per opera dei jihadisti a Damasco[/su_heading]

Inoltre, subito dopo la liberazione di Aleppo è stato messo in atto il sabotaggio tramite avvelenamento e poi la privazione totale di acqua alla capitale Damasco. 5,5 milioni di persone nella Capitale e nelle zone limitrofe dal 23 di dicembre sono senza acqua per la deliberata chiusura delle sorgenti situate a Wadi Barada (10 Km da Damasco) da parte del gruppo terroristico al Nusra (gruppo non inserito nella tregua, appartenete ad al Qaeda).

In questo contesto, i media occidentali (nonostante sia noto che la distruzione delle risorse idriche essenziali è considerato un crimine di guerra), hanno liquidato il tentativo di rinconquista delle risorse idriche come l’ennesimo “assedio dell’esercito di Assad” ai civili (nonostante la maggior parte di questi siano fuggiti in zona governativa): l’unico accenno su quanto accadeva realmente (seppure in un rapporto così breve da non superare i 140 caratteri di un Tweet ), è stato dato da Reuters che ha osservato che “i ribelli hanno inquinato l’acqua con il gasolio”. Tutti gli altri mass media erano evidentemente ancora presi dalla “grave tragedia” per la caduta di Aleppo nonostante molti giornalisti giunti sul posto (come Fulvio Scaglione, Vanessa Beeley, Charlotte d’Ornellas  ed altri) abbiano ampiamente sbugiardato quella narrativa: l’evacuazione dei jihadisti è considerata una liberazione dalla stragrande maggioranza degli aleppini, (compresi gli anti-governativi).
Questi in breve i fatti. Ieri per la cronaca, le sorgenti di Wadi Barada sono rientrate sotto protezione governativa (dopo che al Nusra ha accettato di abbandonare le posizioni) e tra una decina di giorni i tecnici ripristineranno il regolare afflusso di acqua a Damasco.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]Esperti in campi minati…[/su_heading]

Tuttavia non c’è da illudersi: come in prossimità dei precedenti negoziati, rispuntano come ad orologeria, misteriosi ‘dossier’ riguardanti attacchi chimici effettuati dal governo (ma già smentiti da UN-OPCW (l’Agenzia delle Nazioni Unite per la proibizione delle armi chimiche). Naturalmente si tratta di una tempestività strumentale: è amaro dirlo, ma la pace avverrà ‘Comunità Internazionale e Organizzazioni per la pace permettendo’.
I russi si sono rivelati abili diplomatici: vedremo se sapranno disinnescare questi altri ‘campi minati’. Se favoriti dall’elezione di Trump ci riusciranno, dopo l’appuntamento di Astana, i negoziati di pace proseguiranno l’8 febbraio a Ginevra (questa volta con la partecipazione di Onu ed Usa), poi successivamente tutte le parti coinvolte si rincontreranno in Egitto.

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[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]Update[/su_heading]

Giunge ora notizia da Reuters che ai colloqui di Astana parteciperà anche “Mohammad Alloush” rappresentante politico di “Jaysh al-Islam” in qualità di  capo negoziatore della delegazione dell’opposizione. Questo complica le cose ma dobbiamo tener conto che il formato di Astana non sarà quello dei precedenti negoziati a Ginevra

Alloush ad Astana dovrà attenersi alle decisioni Turche: la Turchia se se si troverà un accordo per lei conveniente, è disposta a chiudere le frontiere e fare ‘peace enforcing’.
Quindi ciò vuol dire per le bande jihadiste sempre tronfie di baldanzosità arrogante in ogni negoziato,  niente rifornimenti e finanziamenti. L‘Arabia Saudita ed il Qatar non sono daccordo ma il confine è turco conteranno Putin, Erdogan e Rohani il resto sono controfigure, anche in considerazione del prossimo insediamento di Trump.[su_divider]

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″ align=”left”]Chi è Mohammed Alloush?[/su_heading]

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Mohammed Alloush

Mohammed Alloush, voluto fortemente da Ryad è il leader politico della milizia salafita Jaysh al-Islam (Esercito dell’Islam) colpevole di gravissimi crimini contro l’umanità . All’inizio della guerra siriana i suoi primi video di propaganda , apertamente confessionali, sollecitavano l’espulsione di sciiti e alawiti da Damasco. Il gruppo Jaysh al-Islam, presente soprattutto nella zona di Damasco, racchiudeva (fino ad un anno fa) in sé più di 45 milizie , conta 20.000/25.000 uomini ed è sostenuto fortemente (sia finanziariamente che militarmente) dai sauditi .

Il cugino di Mohammed Alloush era Zahran Alloush , referente dell’intelligence saudita a Damasco e comandante in capo dell’Esercito dell’Islam. L’obiettifo finale di Zahran e dei suoi era quello di creare un califfato (al Monitor). E’ stato ucciso da un attacco aereo mirato effettuato dai russi il 25 dicembre del 2015 a Ghouta orientale (Damasco).

Zahran Alloush è stato sul libro paga dei servizi segreti saudita dal 1980. Ha suo carico molti crimini quali rapimenti  effettuati dal suo esercito e da parte di altre fazioni come al-Ajnad, Ahrar al-Sham e Jabhat al-Nusra, che hanno sequestrato individui e famiglie nella città di Adra al-Omaliyah.

E’ anche responsabile della scomparsa dell’ attivista siriano democratico Razan Zeitouneh, appunto perché democratico e visto come pericoloso per il target finale del gruppo islamista. Suo l’ordine di usare ostaggi alawiti rinchiusi in gabbie mobili come scudi umani in provincia di Damasco (vedi anche qui).

Il 21 agosto 2013 diede l’ordine di lanciare l’attacco di armi chimiche contro il sobborgo orientale Ghouta di Damasco (allora comandava il gruppo islamista radicale Liwa al-Islam fuso in seguito con Jaysh al-Islam).

Opera dei suoi gruppi anche numerosi atti vandalici e la dissacrazione di antiche chiese: la brigata ‘Qalamun libero’, dell’Esercito dell’Islam (Jaysh al-Islam), il 2 dicembre sequestrò 12 suore del convento ortodosso di Santa Tecla, nascondendole nella città di Yabrud, occupata dai ribelli, che dichiararono che avrebbero bruciato il convento e ucciso gli ostaggi, tra cui la badessa Madre Pelagia Sayaf, dopo che l’esercito si era ritirato.Nostante queste evidenze, Zahran era considerato dagli occidentali un moderato.

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