di Patrizio Ricci
Secondo le informazioni fornite dal prestigioso quotidiano libanese Assafir, le precedenti divergenze russo-siriane sono state chiarite nell’incontro avvenuto tra il comandante dei “Qods” Gen. Qassem Soleimani e il presidente russo Vladimir Putin, nel mese di aprile a Mosca. Il rinnovato impegno dell’aviazione russa (Ruaf), si è avuto in particolare dopo che Mosca ha constatato il fallimento diplomatico subito presso il Consiglio di Sicurezza, quando ha tentato di mettere “Ahrar al-Sham” e “Esercito dell’Islam” nella lista dei gruppi terroristi.
La cooperazione militare tra l’Iran e la Russia nel nord della Siria, è stata ristabilita quando Soleimani si è recato a Mosca il 14 aprile, a capo di una delegazione di ufficiali della Guardia Rivoluzionaria ed ha incontrato Putin. In questo incontro sono state rinnovate le intese precedentemente siglate durante la visita del leader dei “Qods” a Mosca nel mese di luglio 2015, che aveva aperto le porte al coinvolgimento russo nella guerra di Siria. Non è un segreto che Teheran si era opposto al cessate il fuoco del il 27 febbraio scorso dichiarato dai russi in accordo con gli americani. Teheran e Damasco avrebbero preferito continuare l’operazione militare congiunta quando i gruppi armati erano stati duramente colpiti nella campagna a nord di Aleppo: i successi ottenuti dall’esercito siriano a nord, e la possibilità concreta di interrompere le vie di approvvigionamento di gruppi armati attraverso il valico di frontiera (con la Turchia) di Bab Al-Hawa, era ormai alla portata.
I successi erano stati enormi: le forze iraniane sud di Aleppo e quelle siriane, irachene e libanesi avevano progredito verso il sobborgo di Khan Tuman, e ci si preparava a muovere verso Kefraya. Inoltre, si era prima penetrato dentro le linee ISIS ad Est di Aleppo, e si era riusciti a togliere l’assedio ad oltre duemila soldati circondati nell’ aeroporto militare di Kwers. Ma i russi per il proseguimento dell’offensiva, ritenevano non sufficiente il solo impegno militare.
Gli iraniani si sono sentiti sottoposti a un grande inganno a Khan Tuman, e credono fermamente che la città non sarebbe caduta se fosse stato loro fornito il supporto aereo russo. Mosca aveva preso come buone le assicurazioni ottenute dagli americani, che l’ “esercito della conquista” (al Jaish al-Fatah) non sarebbe avanzato oltre Tel-EIS.
La settimana passata, il comandante dei “Qods”, Gen. Qasem Soleimani prevedeva di condurre una battaglia con l’impiego di più di 20 mila combattenti iraniani delle Guardie Rivoluzionarie, afghani da “Brigata Vatmeon” e unità “nujaba” irachene, e unità siriane per riprendere l’area di Khan Tuman. Quando avverrà, la battaglia non sarà limitata alla sola Khan Tuman ma comprenderà parte della campagna a nord di Aleppo.
Sembra che il ritardo della ricomposizione delle divergenze con la controparte iraniana riflette il pragmatismo russo: Mosca pensava che i successi ottenuti fossero sufficienti a congelare il processo militare e muoversi verso una soluzione politica in accordo con gli americani.
Quella decisione riflette il desiderio della Russia di non andare troppo avanti con la guerra per non inasprire i contrasti con le potenze regionali e internazionali (Arabia Saudita, Turchia e Qatar e le potenze occidentali e degli Stati Uniti): deve essere evitata la possibilità di impantanarsi in una guerra regionale di logoramento. Tuttavia, una soluzione politica ora sembra più lontana, visto il recente fallimento di “Ginevra 3” e il riarmo dei gruppi jihadisti salafiti.