Il governo siriano ha ripetutamente denunciato la Turchia per violazione dei propri confini e di aver lanciato l’operazione ”scudo dell’Eufrate” senza la sua approvazione. L’operazione Eufrate Shield , iniziata il 24 di agosto 2016, era stata giustificata dal dover difendere i confini turchi e dalla necessità di stabilire una “zona cuscinetto” di sicurezza in territorio siriano. Ma in realtà,
la missione turca in terra siriana è indirizzata soprattutto contro le forze curde che combattono ISIS a nord della Siria e nord contro il Califfato.
Inoltre, Ankara ha avuto un ruolo chiave nell’aggressione siriana: ha fornito basi sicure ai ribelli in territorio turco, ne ha organizzato il reclutamento e l’addestramento, ha consentito l’ingresso dei foreign fighters provenienti da tutto il mondo, compresi quelli destinati a rinforzare l’ISIS. Perciò, come era prevedibile al di là delle dichiarazioni di facciata, quella in corso è una occupazione illegale compiuta contro uno stato sovrano membro delle Nazioni Unite.
Quindi, l’obiettivo di combattere il Califfato, in realtà è stata solo una scusante necessaria per permettere una propria presenza permanente in Siria che abbia un minimo di parvenza regale (agli occhi indulgenti dell’occidente che giudicano positivo ogni passo che conduca all’annientamento dello stato siriano). Inoltre, l’operazione Eufrate Shield ha il vantaggio di mettere in condizione Ankara di poter avanzare delle pretese al tavolo delle trattative di pace: il fine è quello di realizzare un ipotetico protettorato turco a nord di Aleppo.
In definitiva, l’ingresso delle Forze armate turche in territorio siriano è stato solo la scusante per proteggere e reimpiegare le forze ribelli filo-turche anti-Assad. Di fatto, all’inizio dell’operazione la percentuale nel numerico totale degli uomini dell’Eufrate Shield era solo circa il 5% delle forze combattenti totali e solo successivamente, ha raggiunto il 20% del totale del personale impiegato. L’aumento della componente di truppe regolari si era reso necessario a causa dell’imprevista resistenza dell’ ISIS nella cittadina di al Abab dove le forze turche hanno avuto ingenti perdite (secondo alcune fonti tra gli 800 ed i 1200 uomini).
Nei giorni scorsi al Abab è stata conquistata dalle forze dell’Eufrate Shield e contemporaneamente, da sud, sono avanzate le forze siriane costituite da forze scelte ‘Tiger’ e dalle forze corazzate. L’avanzata siriana, come sempre, è stata coadiuvata dall’aviazione siriana e russa. Attualmente le forze dell’Eufrate Shield hanno preso Ad al Abab (i miliaizni di ISIS si sono ritirati grazie ad un accordo che ha consentito una via di fuga ), però le forze filo-turche hanno lamentato che non possono avanzare ulteriormente perché l’esercito siriano ha sbarrato la strada verso Manbji.
La situazione in queste ore sta perciò diventando incandescente: Erdogan ha annunciato in conferenza stampa che vuole proseguire a spingere le sue truppe regolari coadiuvate dalle truppe mercenarie fino a Manbji che attualmente è tenuta dalle milizie curde YPG poste a difesa della Federazione curda autonoma al nord della Siria del Rojawa che godono il supporto americano.
Attualmente le forze turche stanno attaccando le forze YPG nei villaggi di Tal Turin, Kirhoyuk, Bughaz e Abu Hayj. L’iniziativa turca non sembra lungimirante: in un solo colpo si sta inimicando USA e Russia ed ha già avuto come primo risultato un accordo di non belligeranza tra SDF e SAA.
Sebbene fonti curde sostengono che si tratti di un ‘bluff’ per soddisfare l’opinione pubblica interna turca fortemente nazionalista, nelle ultime ore le forze turche hanno compiuto diversi attacchi contro l’esercito siriano (SAA) a Tadef (a sud di al aBAB) e le milizie dell’SDF più a nord. Sembra che a causa di due successivi raid aerei turchi, l’esercito siriano abbia perso 20 uomini. Il sito Veteran Today notoriamente vicino a fonti di Intelligence russe, ha rivelato che la Federazione russa ha minacciato la Turchia che se questi attacchi non cesseranno immediatamente, provocheranno l’intervento russo contro le basi turche sia in Siria che in Turchia.
Quindi l’ambiguità turca rischia di provocare una nuova escalation. Il costante doppiogiochismo turco è stato spesso criticato dal rappresentante alle Nazioni Unite Jafari: anche nel corso dell’ultima sessione di incontri ad Astana , egli ha criticato Ankara di aver mandato una esigua e scarsamente autorevole rappresentanza e “di giocare a fare il pompiere e nello stesso tempo il piromane”. Secondo indiscrezioni, anche gli USA hanno fatto sapere ad Ankara che Manbji rappresenta la linea di demarcazione tra le forze dell’Eufrate Shield e quelle dell’SDF che non deve essere sorpassata.