100 delegati dell’opposizione (la maggior parte rappresentanti delle diverse formazioni armate che danno battaglia all’esercito siriano), si sono date appuntamento dall’8 al 10 di dicembre all’ Hotel Intercontinental di Riyadh . L’incontro segue quello di Vienna del 14 novembre scorso.
Il meeting saudita ha designato i delegati che parteciperanno al prossimo appuntamento organizzato dall’Onu il 18 di dicembre a New York .
Seguirà poi la conferenza di pace vera e propria prevista nella capitale austriaca che dovrebbe iniziare il 1° gennaio .
Come sul terreno, la componente maggioritaria è risultata composta da gruppi islamisti che vogliono uno stato islamico. Molti di loro compiono abitualmente attentati anche contro i civili.[su_spacer]
Contestualmente ai colloqui in Arabia Saudita (ai quali sono state esclusi solo ISIS ed al Nusra) sia il governo siriano che la leadership curda (esclusa dai colloqui sauditi per pressioni esercitate dalla Turchia) hanno organizzato due incontri paralleli: i leader curdi insieme al PYD ( il partito dell’Unione democratica, il gruppo curdo più grande del paese) e l’YPG ( l’ Unità di protezione del popolo, il suo braccio armato), e i loro alleati (SDF e le Forze Democratiche siriane); si sono visti a Rumeilan (una città nel nord-est controllata dai curdi); mentre i rappresentanti governativi siriani nella capitale Damasco.
Gli incontri, ‘preparatori’ alla conferenza di pace vera e propria, sono stati volti ad accelerare una soluzione politica alla grave crisi. I principali sostenitori di queste iniziative sono i russi che per primi ritengono che non basta la loro iniziativa militare per riportare pace e stabilità in Siria. La Russia ha comunque avuto un ruolo negli incontri di Ryad arrivando anche a ‘suggerire’ la presenza di alcuni gruppi più moderati.
Gli Stati Uniti sono stati rappresentati ai colloqui dal segretario di Stato Kerry . La Russia non ha partecipato ma tramite il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov ha avuto un incontro preparatorio alla conferenza con il ministro degli esteri saudita Adel Jubeir.
Tra gli invitati era presente la Coalizione Nazionale, formata da elementi tutti provenienti al di fuori della Siria ed appoggiati dall’occidente ma non più rappresentativa sul terreno. Presenti anche le formazioni più radicali come Jaysh al-Islam (gruppo salatita che consta tra i 17.000 ai 25.000 uomini, tra i crimini commessi ricordiamo il massacro di Adra; recentemente ha fatto scalpore l’utilizzo degli scudi umani in gabbia a Ghouta ) e Ahrar al-Sham (gruppo salatita che consta tra i 10.000 e i 20.000 uomini) .
Grazie alla mediazione della Russia hanno partecipato anche due rappresentanze moderate non armate, entrambe accettate da Damasco.
Si tratta del Coordinamento nazionale per il cambiamento democratico (in inglese, ‘National Coordination Body for democratic change’) ed il movimento per la costruzione dello stato siriano (in inglese Building Syria State ‘ ) .
Questo è un dato positivo.
Vedremo però se l’inclusione di queste rappresentanze non sarà solo uno ‘specchietto per le allodole’ giacché l’occidente e gli alleati arabi hanno appoggiato finora solo le fazioni più oltranziste e fondamentaliste.
Ed infatti la loro presenza è stata contestata dal gruppo salafita Ahrar al-Sham (affiliato in passato ad al Nusra e ad al Qaeda ed attualmente nell’elenco dei gruppi terroristici stilato dall’Onu) , che ha accusato i due movimenti di essere troppo indulgenti con il governo di Damasco (nonostante alcuni loro membri sono stati arrestati dalle forze di sicurezza siriane) .
Il gruppo Ahrar al-Sham si è dichiarato insoddisfatto perchè avrebbe voluto che il presidente Bashar al-Assad ‘affrontasse la giustizia’ e che l’esercito ed i servizi di sicurezza siriani fossero sciolti. Il gruppo salafita ha anche criticato l’assenza (alle giornate di Ryad) delle formazioni affiliate ad al Qaeda.
Ma la ‘baldanzosità’ della milizia Ahrar al-Sham e quella delle altre formazioni armate non deve trarre però in inganno: tutta l’opposizione è cosciente che questa può essere l’ultima occasione per un accordo politico di compromesso. In assenza di una soluzione diplomatica, il rischio di una sconfitta totale (o quantomeno una vittoria per nessuno) sarebbe reale giacché l’occidente, messo alle strette, ha fatto capire che il suo appoggio non sarà più incondizionato.
Alla fine del summit il rappresentante della Coalizione Nazionale, Khaled Khoja, ha dichiarato che tra i partecipanti ‘si è trovato già un pieno accordo’.
Dal canto suo, il governo siriano però ha già fatto sapere che non negozierà mai con formazioni che si possono indentificare come terroriste e formate da stranieri.
Nel frattempo due ulteriori segnali positivi. L’agenzia Associated Press riferisce che Kerry si è incontrato a Mosca con Putin ed ha dichiarato che la priorità attuale non è ‘che Assad se ne vada’ perché deciderà il popolo siriano la sua leadership.
Ha fatto eco alle parole di Kerry il segretario generale dell’Onu Banki Moon che ha dichiarato: ”è inaccettabile che la situazione siriana debba dipendere solo dal futuro di Assad. Su Assad deciderà il popolo siriano”.
I combattimenti intanto tra un summit ed un altro aumentano di intensità e associazioni per i ‘diritti umani’ come HWR risfoderano vecchi dossier contro il governo di Damasco. Sintomo che il traguardo è in vista ma la strada che porta alla fine della guerra non sarà tutta in discesa, anzi…
Vietato Parlare – Patrizio Ricci