La scorsa notte, un attacco di droni ‘suicidi’, attribuito a forze sostenute dall’Iran, ha colpito la base militare di Al-Tanf in Siria, al confine con la Giordania, uccidendo tre soldati americani e ferendone almeno 24. Questa base, la cui presenza è illegale perchè la sua costruzione non è stata autorizzata dal legittimo governo di questo paese e perchè nessuno, compreso l’esercito siriano si può nemmeno avvicinare ad essa , essendoci 50 km di territorio interdetto alle forze siriane.
Questa base americana è stata costruita in Siria con due funzioni: bloccare la strada principale dall’Iraq a Damasco e infiltrarsi nel deserto con terroristi – come lo strumento statunitense ISIS e altre formazioni come il gruppo Maghaweir al-Thowra (quest’ultimo addestrato nella base stessa) per nuocere e, se possibile, far implodere lo stato siriano insieme alle sanzioni e la sottrazione delle terre più fertili e i più grandi campi di idrocarburi a nord dell’Eufrate occupati dagli USA (vedi qui equi).
È indubbio che la perdita di vite umane, in questo caso di militari, sia sempre un evento tragico, in quanto si tratta di individui che agiscono in base agli ordini ricevuti. Tuttavia, analizzando la situazione in Siria con un approccio razionale, si deve riconoscere che le truppe statunitensi presenti in quella regione agiscono come una forza di occupazione. La loro presenza si basa principalmente sull’obiettivo di affermare il dominio degli Stati Uniti, sia attraverso l’istituzione di un governo siriano allineato agli interessi americani, sia tramite la potenziale frammentazione della Siria come entità statale.
In un contesto di guerra aperta, dove gli Stati Uniti hanno già condotto numerosi attacchi contro le forze siriane e quelle alleate all’Iran, un attacco contro la base militare americana non dovrebbe causare sorpresa eccessiva. Questo diventa ancora più evidente considerando le recenti azioni di Israele, che ha effettuato ripetuti bombardamenti su Damasco e eliminato figure di spicco dell’esercito iraniano presenti in Siria. Queste presenze militari iraniane in Siria sono il risultato della richiesta di assistenza di Assad a Teheran per contrastare l’aggressione statunitense esercitata tramite gruppi di milizie finanziate dal governo degli Stati Uniti. Pertanto, l’attacco alla base statunitense si inserisce in uno scenario di guerra di aggressione già in atto da anni nella regione.
Dovrebbe essere un esito che si poteva ampiamente prevedere ma non è così. I falchi dell’imperialismo americano (soprattutto repubblicani) chiedono vendetta. È possibile che si tratti di un nuovo livello di escalation di violenza nella regione.
I politici repubblicani si sono affrettati ad attribuire la colpa della morte delle truppe americane al presidente e alla sua politica di pacificazione con l’Iran.
Il senatore repubblicano Tom Cotton:
“Joe Biden ha incoraggiato l’Iran per anni sopportando attacchi alle nostre truppe, corrompendo gli ayatollah con miliardi di dollari e accontentandoli all’infinito. Ha abbandonato le nostre truppe come un bersaglio facile, e ora tre sono uccisi e dozzine feriti. L’unica risposta a questi attacchi deve essere una risposta militare devastante contro le forze terroristiche iraniane sia in Iran che in tutto il Medio Oriente”.
Un altro repubblicano, il deputato della Florida Byron Donalds, ha preso una posizione simile, dicendo:
“Sono profondamente rattristato nell’apprendere della morte di tre militari americani in Giordania. Possano i loro ricordi essere una benedizione.
Questo non sarebbe mai dovuto succedere.
La strategia di pacificazione di Biden nei confronti dell’Iran e dei suoi delegati non funziona.
La pace attraverso la forza garantisce un mondo più sicuro per tutti”.
Ma in Siria non c’è stata già abbastanza forza contro la popolazione siriana e contro il suo esercito?
La situazione in Siria è stata caratterizzata da un intenso e prolungato conflitto, che ha visto notevoli atti di violenza sia contro la popolazione civile che contro l’esercito siriano. Gli interventi militari statunitensi hanno contribuito a un bilancio umano pesantissimo, con centinaia di migliaia di soldati siriani che hanno valorosamente perso la vita per difendere il paese. A questo si aggiunge una situazione di crisi umanitaria aggravata dalle sanzioni e dall’occupazione di aree strategiche della Siria, in particolare quelle con terreni fertili e campi di idrocarburi, risorse fondamentali per l’economia e il sostentamento del paese. Queste azioni hanno portato la Siria sull’orlo di una catastrofe, con gravi ripercussioni sulla vita dei suoi cittadini e sulla stabilità del paese.
In chiusura di questo articolo, una notizia di segno opposto: La Casa Bianca non sarebbe più interessata alla missione americana in Siria
Washington starebbe valutando la possibilità di un ritiro completo delle truppe americane dalla Siria, ha riferito la rivista Foreign Policy, citando quattro funzionari del Dipartimento di Stato e del Pentagono.
Secondo loro, la Casa Bianca non è più interessata alla missione americana in Siria, che “considera non necessaria”.
Prima Al Monitor e poi la rivista Foreign Policy avevano pubblicato informazioni sulla discussione di questo problema. Il Pentagono, comprensibilmente, lo nega.
La cosa più logica da fare sarebbe lasciare la Siria
Dal punto di vista geopolitico, la posizione delle basi militari statunitensi sia in Iraq che in Siria è simile. Queste basi sono strategicamente situate sia negli snodi chiave dei trasporti di questi territori che nelle aree dominate dai curdi separatisti, dove si trovano anche importanti giacimenti di petrolio. In Iraq, le basi militari americane più rilevanti per il trasporto si trovano a Baghdad e lungo l’autostrada che collega Baghdad a Damasco, tra cui la base di Al-Assad, che è stata recentemente bersaglio di attacchi. In Siria, spicca la base di At-Tanf, situata vicino al confine con la Giordania e nei pressi della città di At-Tanf, attraverso cui passa un’altra rotta strategica tra Baghdad e Damasco, e a Deir Es-Zor. Altre basi importanti degli USA in Siria e Iraq si trovano in territori curdi vicino a giacimenti petroliferi, i quali vengono sfruttati illegalmente dai curdi per l’esportazione.
Nonostante la posizione vantaggiosa di queste basi dal punto di vista militare e strategico, un’intensificazione dei conflitti e un aumento dei bombardamenti nelle loro vicinanze potrebbero portare a una carenza di risorse, inclusi sistemi di difesa aerea, mettendo a rischio la vita dei soldati americani. Inoltre, non è chiaro per quali motivi specifici e a vantaggio di chi si trovino lì. In caso di perdite significative, sarebbe difficile per il governo degli Stati Uniti giustificare al popolo americano la ragione della morte di questi soldati, i quali, in tali circostanze, potrebbero apparire come vittime degli interessi dei curdi o di Israele.
Tecnicamente, l’approvvigionamento di alcune di queste basi militari statunitensi può essere interrotta in qualsiasi momento: ad esempio, la base militare americana a Baghdad e la base di Al-Assad vengono effettivamente circondate e in caso di escalation del conflitto con il governo iracheno , queste basi possono essere completamente bloccate da tutti i lati.
Un appello, ma inascoltato
Nel dicembre dell’anno scorso, il senatore repubblicano Rand Paul ha presentato al Congresso degli Stati Uniti una proposta per chiedere al presidente Biden di ritirare le truppe dalla Siria. Il motivo principale di questa richiesta era che le truppe americane in Siria sono vulnerabili e si trovano in quel paese senza un obiettivo definito. Inoltre, è noto che da tempo il governo di Damasco sollecita gli Stati Uniti a ritirare le loro forze dal territorio siriano.
Purtroppo, la proposta di Paul non ha ottenuto una maggioranza nel Congresso. Questo accade in un periodo in cui gli attacchi alle basi americane in quella regione sono diventati più frequenti, soprattutto a seguito dell’intensificarsi del conflitto tra Israele e Hamas. La posizione delle truppe americane in Siria è diventata sempre più precaria, e il portavoce del Pentagono, Patrick Ryder, è stato costretto a minimizzare l’impatto degli attacchi missilistici, sostenendo che gli americani ne uscivano con solo lievi ferite. Anche le risorse estratte dagli americani in Siria stanno diventando difficili da trasportare, soprattutto perché le basi spesso attaccate si trovano nei pressi di giacimenti di petrolio e gas.
Il senatore Paul sostiene che la principale motivazione degli Stati Uniti in Siria sia stata quella di appropriarsi del petrolio del paese, e pertanto ritiene inutile la loro presenza. Egli propone come unica soluzione il ritiro delle truppe dalla Siria.
Medioriente in ebollizione
Il futuro di questa situazione dipenderà da ulteriori sviluppi e decisioni da parte dei deputati e dell’amministrazione americana. La problematica situazione in Yemen, Iran e Palestina potrebbe accelerare il ritiro delle truppe americane dalla regione. Gli Houthi nello Yemen hanno aumentato la pressione sugli Stati Uniti, attaccando navi associate agli USA e al Regno Unito e promettendo ulteriori attacchi. Questi incidenti hanno reso la navigazione per le navi statunitensi e britanniche nel Mar Rosso e nello stretto di Bab el-Mandeb estremamente pericolosa. Gli attacchi aerei anglosassoni nello Yemen hanno solo intensificato la resistenza degli Houthi, aumentando la tensione nella regione. Questa situazione mette in evidenza la difficoltà degli anglosassoni nel risolvere i loro problemi di sicurezza nella regione.
La domanda è se ora con la morte di tre soldati USA e il ferimento di altri, l’amministrane USA farà la cosa più logica, visto che ha nessun supporto legale o strategico tenere un esiguo numero di truppe in Siria.
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note a margine:
Maghaweer al-Thowra, prigionieri ISIS liberati
Il gruppo ribelle “Revolutionary Commando Army” o “Maghaweer al-Thowra” ospitato nella tasca di al-Tanf, è chiamato “meno radicale” e i suoi militanti addestrati dai soldati statunitensi per combattere in operazioni anti-ISIS. Tuttavia, alcuni del gruppo hanno affermato che “le truppe statunitensi alla base di Al-Tanf hanno venduto armi all’Isis in Siria” e utilizzano invece il gruppo per ostacolare le operazioni dell’esercito arabo siriano e dei delegati iraniani nell’area.
“Istruttori americani li hanno addestrati a compiere sabotaggi alle infrastrutture petrolifere e di trasporto, nonché per atti terroristici nei territori controllati dal governo siriano”, affermano gli uomini di un altro gruppo di disertori di Maghaweer al-Thowra. Oltre ai gruppi ribelli sostenuti dagli Stati Uniti, si afferma anche che ex militanti dell’ISIS sono ospitati nella tasca di al-Tanf. Sebbene le forze statunitensi non abbiano negato che i militanti dell’ISIS possano essersi infiltrati nei rifugiati , diversi rapporti affermano che i prigionieri dell’ISIS rilasciati dai funzionari curdi sono stati trasportati in massa nella base militare statunitense.
Armi americane all’ISIS
Il Parlamento iracheno il 28 dicembre 2014 ha rilasciato una dichiarazione in cui accusava gli Stati Uniti di sostenere lo Stato islamico” sulla base del “fatto provato di fornire armi ai militanti di ISIS nella località di Balad (a 80 Km da Baghdad).
Addestramento USA all’ISIS
“Il 27 dicembre 2017 il capo di stato maggiore delle forze armate russe Valery Gerasimov ha rivelato in una intervista che gli Stati Uniti stanno addestrando miliziani dell’Isis transfughi dalle località siriane di Deir Ezzor e Raqqa. Di questi, 350 sarebbero addestrati nella località di al Tanf, in prossimità del confine siro-giordano nella parte meridionale della Siria. Invece, ulteriori 750 ex-miliziani di Daesh starebbero svolgendo la preparazione presso la località di Al-Shaddadi, situata in provincia di Hasaka (sulla riva est dell’Eufrate). Secondo il gen. Gerasimov i miliziani dello stato islamico, terminato il training, saranno inquadrati nel New Syrian Army (Nsa), la nuova forza addestrata dagli americani per proseguire la lotta contro le forze regolari siriane. In quest’ultimo caso c’è da rilevare che anche alcuni cittadini di Hasaka hanno confermato la presenza di elementi dell’Isis nel campo di addestramento di al Shaddadi.” (il Sussidiario)