Siria/Turchia – La crisi non può essere risolta solo con mezzi militari

Purtroppo quando ho cercato di esprimere la mia opinione sugli eventi in corso in Siria, da molti amici pro-Siria, sono stato tacciato da disfattista. Ho mostrato perplessità sull’esito dell’ultima offensiva siriana in due distinte occasioni, la prima volta l’ho fatto quando l’esercito siriano e gli alleati, hanno proseguito in profondità. Questo ovviamente ha aperto alla possibilità che la Turchia intervenisse con la riconquista di tutta la provincia di Idlib, evento tra l’altro anticipato più volte da Erdogan che ha tracciato la sua ‘linea rossa’. La seconda volta sono stato criticato quando – pochi giorni fa – avevo previsto la riconquista di Saraqib e l’epilogo di questi giorni che, ovvero la pericolosità ad affidarsi solo ad una soluzione militare, porterà alla perdita completa di quanto riconquistato, con la sola differenza che tanti giovani patrioti siriani non ci saranno più.

Duole vedere che la Turchia ha apparentemente mezzi inesauribili e l’appoggio di tutta la comunità internazionale e da molta amarezza il tipo di rimonta che sta compiendo l’esercito turco su quello siriano. L’utilizzo di Uav e artiglierie da parte turca avviene in maniera massiccia. Essi mirano a tutto ciò che si muove sulle strade, sino a colpire anche le moto su cui viaggiano i militari siriani. Non esiste alcuna economia di munizioni o risorse. In fondo l’esercito turco è fresco, mentre l’esercito siriano combatte da quasi 9 anni e già una generazione è nata in guerra. Alle spalle ha un paese sotto embargo ed in notevole difficoltà economica, per giunta in guerra da più lati. Di conseguenza – anche se molti lo vogliono negare – non si vince con la sola motivazione: l’esercito siriano è esausto, la logistica è insufficiente e se l’offensiva turca prosegue con questo ritmo si arriverà allo sfondamento di tutta la linea difensiva su più punti.

Abbiamo visto che la Siria è isolata. Ha la Ue contro, così pure la Nato e gli Stati Uniti, l’Iran è in forte difficoltà e legata a doppio filo con la Turchia, uno dei pochi paesi che commercia con Teheran, nonostante l’embargo. La stessa cosa vale per la Russia: chi si aspetta che Putin scateni la terza guerra mondiale per la Siria ovviamente non considera tutti fattori in gioco e non tiene conto di come la situazione è complessa e di come anche la Russia abbia le mani legate, pena la perdita delle negoziazioni internazionali che faticosamente sta portando avanti per i suoi interessi più prossimi e pena la cessazione di prospettive  di un miglioramento nei rapporti economici internazionali.

uav turk 3
Drone turco ad impatto turco Bayractar TB2: una base di controllo produce fino a 6 pezzi. Lavorano in coppia. Uno trova il bersaglio e dirige, il secondo realizza missili guidati da una distanza fino a 8 km dal bersaglio.

Quindi a mio avviso il conflitto attuale non è risolvibile esclusivamente con il mezzo militare. Quando molti comprensibilmente gioivano per l’inarrestabile avanzata dell’esercito siriano, io già mi prefiguravo lo scenario attuale, con la prospettiva incombente della perdita completa di tutto quanto faticosamente riconquistato.

Cosa accadrà ora? Difficile dirlo. Se la diplomazia saprà fare il miracolo, riuscirà a conservare parte dei territori conquistati, forse a sud e nella zona di Aleppo, ovvero quegli spazi indispensabili per la sicurezza dei centri residenziali civili siriani e delle basi russe. Se le cose invece andranno male si ritornerà alla situazione esistente prima dell’ultima offensiva.

Inoltre, anche se questa è una cosa che a Damasco non si vuol sentire nemmeno pronunciare, con l’armistizio con i talebani è stato appena superato dagli USA il tabù delle trattative con i terroristi. Questo in verità non solo questa volta, ma questa volta sarà affidato un intero stato  a una entità considerata a livello internazionale gruppo terroristico. Di fatto i jihadisti di Idlib sono stati riabilitati dalla comunità internazinale. Non esiste più nessun giornale o Tv che li chiama con il loro nome, ma invece  li identificano come “ribelli” o opposizione e jihadisti. Anche i media cattolici ed il Santo Padre seguono evidentemente questa linea , anche se molti fedeli pensano costantemente che si tratti di sviste o il Papa sia mal consigliato.

Ciò che in prospettiva si potrebbe ottenere, è che l’esercito turco (e non la jihad), prenda possesso della provincia di Idlib, cosicché l’interlocutore diventi chiaramente Ankara e non il fantoccio di una ‘opposizione’ che non esisterebbe se non guidata e finanziata da Erdogan. Ne guadagnerebbe la Siria in sicurezza: le strade, comprese le autostrade M5 ed M4 sarebbero percorribili, Aleppo e la costa sarebbe sicura. Ovviamente questo comporterà la perdita della provincia di Idlib che rimarrebbe sotto protettorato turco, ma il paese avrebbe possibilità di riprendersi, di riallacciare relazioni, di avere prospettive maggiori fosse anche solo con gli alleati, anch’essi ‘stretti’ da tutte le parti.

patrizioricci by @vietatoparlare

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