La realtà esiste indipendentemente da come noi la ‘pensiamo’, e che la conoscenza è un processo di scoperta e comprensione dell’essere delle cose, non una forma di creazione o manipolazione della realtà. In un mondo sempre più complesso e soggetto a molteplici interpretazioni, questo invito all’umiltà e all’argomentazione ci ricorda l’importanza di ritornare alle radici dell’essere e della conoscenza per poter dare un senso autentico alla nostra vita e alle nostre azioni.
Il testo seguente è di Matteo Castagna:
Fonte: Matteo Castagna
San Tommaso d’Aquino, all’inizio delle lezioni mostrava ai suoi allievi una mela dicendo: «Questa è una mela. Chi non è d’accordo, può andar via». Il “Doctor Communis” voleva far capire che non è il pensiero a determinare l’essere, ma è l’essere che determina il pensiero. La superbia, infatti, fa ritenere che il nostro pensare sia il fondamento dell’essere, mentre, invece, l’umiltà ci porta ad osservare e argomentare l’essere delle cose. L’essere determina il pensiero, non viceversa. Chi non è d’accordo, può andar via. Kant e Hegel sarebbero certamente usciti dall’aula.
Il globalismo, con la sua mostruosa società fluida, dispone di una logica al contrario, perché vorrebbe che fosse il pensiero a determinare l’essere. Questo è il motivo per cui non si può credere a ciò che si vuole, né ritenere se stessi qualcosa di diverso da quello stabilito dal diritto naturale, quindi dalla scienza, in particolare dalla biologia. La forza del pensiero per cambiare la realtà può raggiungere traguardi spaventosi, disumani o transumani. Siamo tutti, più o meno, vittime di tutta una serie di pensieri negativi, che ci condizionano e limitano. Il primo passo per estirpare questi pensieri insoddisfacenti dal giardino della mente è riconoscerli, mantenendo vigile l’attenzione, e poi sostituirli, procurandosi quelle esperienze necessarie a sviluppare nuove convinzioni. Secondo questa malsana affermazione, possiamo affermare che il positivismo ha creato il buonismo, che occorre a dare una coltre di ipocrita bontà all’accoglienza indiscriminata dello straniero.
Da giorni, si discute sul termine “sostituzione etnica”. Le sinistre hegeliane, positiviste e fluide, hanno affibbiato a chi l’utilizza, il solito appellativo di razzista. La comunicazione pubblica si fa con parole ad effetto, neologismi inventati ad hoc (come ad esempio il termine “omofobia”) perché la gente comune fa propri concetti brevi ed efficaci, non per forza giusti. Ma della giustizia, al pensiero che crea l’essere interessa poco o nulla, perché il suo scopo è giungere, gradualmente, ad un mondo nuovo, con qualsiasi mezzo, quale anche l’ AI (Intelligenza Artificiale) ove a governare sia il Mercato e l’ideologia del Medesimo, ovvero l’uguaglianza assoluta tra gli esseri umani azzeri ogni identità. Perciò, mentre l’Enciclopedia Treccani scrive un’ovvietà: “il gruppo etnico viene percepito nell’immaginario collettivo come un aggregato sociale omogeneo, i cui membri condividono una cultura, una storia, una lingua, un territorio, una religione ecc. e rivendicano, per questo, un’ identità comune”, gli antropologi, sociologi e politici progressisti, partendo dalla mens per cui sarebbe il pensiero a determinare l’essere, gli appartenenti ad una comunità di destino condividerebbero una contrapposizione con altri gruppi etnici o nazionali, più che una comune “sostanza”.
L’osservazione delle differenti identità che può, eventualmente, determinare dei conflitti, dovuti, spesso, all’incompatibilità di usi e costumi, precetti religiosi, morale ed etica, rapporto col denaro, viene volgarmente bollata come atteggiamento razzista per far passare al grande pubblico come cattivo chiunque osi distinguere la realtà fattuale. L’inconciliabilità di alcuni comportamenti, tra le diverse etnie, viene volutamente frainteso col razzismo biologico perché si vorrebbe eludere questo evidente e irrisolvibile problema attraverso l’ imposizione di un’ innaturale uguaglianza universale.
La “sostituzione etnica”, nel Vecchio Continente, che non fa più figli, soprattutto perché il Sistema impostosi dalla metà del XX secolo, ha creato una società che impedisce la nascita e la crescita della famiglia come nucleo fondamentale della civiltà, coincide con la volontà di favorire un’immigrazione dai Paesi in via di sviluppo o in altre difficoltà, così che con la forza dei numeri le varie etnie riescano a sostituire le attuali, adeguandosi molto più facilmente alla fluidità economica di un capitalismo senza regole adeguato a nuovi schiavi ed al livellamento sociale e politico, in un’unica religione mondiale basata sui tre principi della Massoneria internazionale (libertà, uguaglianza, fratellanza).
“Attraverso le vostre leggi democratiche vi invaderemo e attraverso le nostre leggi religiose vi domineremo” – fu la nota frase riportata da Bernardini, vescovo di Smirne, in Turchia, riferita ad un esponente islamico, nel lontano 13 Ottobre 1999, pronunciata nel corso di un incontro interreligioso. La storia ci insegna che le minoranze decise riescono sempre ad imporsi alle maggioranze rinunciatarie e silenziose, come ci vorrebbero i globalisti.
Al momento, i cretini, cui fanno credere di essere buoni, sopravanzano i loro carnefici. I fenomeni del WEF ci dicono che dal 2030 “non possiederai niente e sarai felice”, perché avrebbero creato la nuova realtà: “…Tutto è stato trasformato in intrattenimento e le persone non hanno più voluto preoccuparsi di problemi difficili”. Che poi i cosiddetti “problemi difficili” siano quelli che da sempre interessano di più la vita degli uomini non è importante. Non sono più affar nostro. Per organizzare e gestire tutto ci sono gli esperti, i tecnici, gli scienziati (i virologi), gli amministratori delegati, i grandi finanzieri, i media mainstrem, i moralizzatori… sono loro a occuparsi di tutto per noi struzzi, che abbiamo messo la testa sotto la sabbia, in cambio di un i-phone. L’idiota di Fedor Dostoevskij o l’imbecille di Pino Aprile si trovano a loro perfetto agio, a scapito dell’uomo della Tradizione, che è risulta essere di troppo.
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