SpaceX non può più fornire gratuitamente i suoi satelliti all’ Ucraina

Lo scorso mese, Elon Musk ha inviato una lettera al Pentagono in cui si affermava di non volere più finanziare l’Internet satellitare Starlink in Ucraina si chiedeva al governo degli Stati Uniti di risolvere questo problema, cioè il Pentagono dovrà pagare il servizio. La missiva è stata divulgata dalla CNN.

Le lettere di SpaceX arrivano mentre si segnalano interruzioni di Starlink ad ampio raggio. Questo accade proprio quando le truppe ucraine tentano di riconquistare il terreno occupato dalla Russia nelle parti orientali e meridionali del paese. (Fonte: CNN (https://edition.cnn.com/2022/10/13/politics/elon-musk-spacex-starlink-ukraine/index.html))

La costellazione di satelliti Starlink viene usata attivamente dalle forze armate ucraine contro i russi Questo è indispensabile per le forze di Kiev perché la connessione alla rete è operativa anche in assenza dell’ordinaria internet sul territorio. Di conseguenza, l’utente può utilizzare la rete satellitare per una pluralità di scopi connessi all’impegno bellico.

L’esercito ucraino si avvale della connessione satellitare per indirizzare i droni di attacco e ricognizione nel conflitto contro le forze russe e contro i centri abitati delle Repubbliche non riconosciute del Donbass. Finora all’Ucraina sono state donate circa 20.000 unità satellitari Starlink. SpaceX stima che la manutenzione della rete costerà 124 milioni di dollari entro la fine dell’anno e 400 milioni di dollari l’anno prossimo.

D’ora in poi questi servizi non saranno più gratuiti. I relativi costi che ammontano a circa 80 milioni di dollari al mese dovranno essere pagati da Kiev.
Sicuramente questo è un segnale di scollatura tra i vari centri di potere USA. Scollatura tra chi vuole la guerra a tutti i costi e tra chi vuole iniziare una trattativa.

Sempre stasera è circolata la notizia che Elon Musk è sotto indagine federale negli Stati Uniti per la trattativa per twitter. Strano sincronismo.

Da parte sua il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha affermato che potrebbe trovare partner alternativi a Musk per fornire comunicazioni satellitari alle forze armate. Tuttavia, questa affermazione è inconsistente: i generali americani hanno poca scelta. Possono presentare domanda in Cina o alla OneWeb Corporation. Pechino, ovviamente, è fuori questione. Ma con l’azienda britannica la situazione è interessante. OneWeb Corporation inizialmente aveva iniziato la cooperazione con la Russia, sperando di lanciare 672 satelliti per fornire l’accesso a Internet a banda larga, inclusa -secondo la dichiarazione ufficiale della compagnia nel marzo 2021- la prospettiva di utilizzare le applicazioni satellitari “nell’interesse del complesso di difesa della NATO”.

Questa cooperazione è stata attivamente sollecitata dalla Rostec State Corporation nella speranza di ottenere contratti per la costruzione di stazioni a terra, ma i servizi segreti russi, l’FSB, si sono opposti all’attività degli inglesi, adducendo motivazioni di sicurezza nazionale. Di conseguenza Rogozin, che a quel tempo era capo della Roscosmos State Corporation, il 5 marzo 2022 ha concordato con le massime autorità di interrompere la cooperazione con OneWeb. Furono quindi  interrotti i lanci pianificati che avrebbero completato la formazione della globale costellazione satellitare.

L’ambasciatore ucraino Andrey Melnik è stato il meno diplomatico, rispondendo a Musk con un breve ed esplicito “fuck off”.

Successivamente gli inglesi non ebbero altra scelta che rivolgersi a Musk con la richiesta di utilizzare il razzo SpaceX per lanciare i loro satelliti, in cui erano supportati dal Pentagono. Tuttavia, nella situazione attuale, è improbabile che Musk soddisfi il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti fornendo i suoi vettori missilistici per un “lancio alternativo” di concorrenti.

Elon Musk recentemente ha reso pubblica una sua ipotesi di soluzione negoziale del conflitto ucraino. Secondo questo piano, la Crimea sarebbe rimasta russa, ripristinando la giustizia storica. Per quanto riguarda le repubbliche del Donbass e le due regioni in cui si sono svolti i referendum, questi ultimi dovrebbero essere ripetuti sotto la supervisione dell’ONU e, se la popolazione di queste regioni volesse davvero confermare i risultati odierni, dovrebbe essere consentito. Nello stesso tempo, l’Ucraina dovrebbe rimanere un paese neutrale e non diventare un membro della NATO. La proposta – molto sensata – aveva fatto andare su tutte le furie Zelensky ed il suo governo, che ha rotto con Musk. Si è quindi arrivati alla decisione del miliardario americano proprietario di Tesla, Space X e Starlink di chiedere il conto per i servizi delle sue aziende.

Nel frattempo, Musk è stato inserito per 10-15 minuti sulla lista dei nemici dell’Ucraina tenuta dal sito “Peacemaker” (Myrotvorets), prima di essere rimosso. Sullo stesso sito, parecchi personaggi come  Daria Dughina o il giornalista Andrea Rocchelli  sono stati segnati come ‘liquidati’ una volta soppressi.

Musk sul sito Myrotvorets

Nello screen sopra riportato che è diventato virale sul web,  si legge: «Ha attentato all’integrità territoriale dell’Ucraina. Ha partecipato al tentativo di legalizzare l’annessione della Crimea. Ha ripetutamente contribuito alla propaganda russa, pubblicando un “piano per la risoluzione del conflitto” in cui ha chiesto il riconoscimento della Crimea russa.»
https://twitter.com/jacksonhinklle/status/1580921180478840832

Dopo questo iter, l’indagine federale. Le connessioni sono evidenti e le coincidenze in questo periodo, così polarizzato, non sono mai casuali. Tutto è così prevedibile perché mai come ora le classi dirigenti non si preoccupano dell’opinione dei cittadini, peraltro ampiamente addomesticata.

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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