Spagna blocca navi con armi USA per Israele. Mossa umanitaria o inizio strategia contro Trump?

La Spagna ha rifiutato il permesso di attracco nei suoi porti a due navi cariche di armamenti statunitensi destinati a Israele. “È la prima volta che lo facciamo,” ha dichiarato il ministro degli Esteri José Manuel Albares. “E sarà una politica coerente per qualsiasi nave che trasporti armi a Israele e che desideri fare scalo nei porti spagnoli. Il Medio Oriente non ha bisogno di più armi, ma di pace.” Il 7 novembre, un portavoce del ministero degli Esteri spagnolo ha confermato al quotidiano El País che le navi Maersk Denver, partita da New York il 31 ottobre, e Maersk Seletar, salpata il 4 novembre, “non attraccheranno in Spagna”.

Questa decisione sorprende. La Spagna, storicamente allineata alle direttive statunitensi e ligia a quelle UE, improvvisamente blocca due navi cariche di armi americane destinate a Israele. Un gesto umanitario senza precedenti o c’è forse dell’altro?

D’altra parte la giustificazione di fermare carichi di armi verso zone di conflitto evidentemente è contradditoria, quando la Spagna lei stessa lo fa per l’Ucraina.

Potrebbe trattarsi di una strategia (concordata in sede europea) nei confronti di Trump. Mentre il mondo riflette sulle implicazioni di un possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca, la leadership europea sembra preoccupata. Trump desidera concentrare gli Stati Uniti sui propri problemi interni, limitando il ruolo egemonico basato su guerre e sanzioni. Perché mai l’UE dovrebbe temere questa prospettiva?

Forse perché un nuovo presidente repubblicano potrebbe disallinearsi dalle agende globaliste condivise dal Partito Democratico e da Bruxelles, minacciando l’equilibrio instaurato. In questa ottica, le mosse della Spagna sembrano una prova di forza per gettare le basi di un confronto diplomatico con Washington, un modo per costringere la futura amministrazione americana a rivedere la propria politica non interventista in Ucraina e a riabbracciare l’agenda bellicista tanto cara a Bruxelles.

Bloccare le navi dirette a Israele offre una duplice interpretazione: da un lato, può sembrare un gesto umanitario, dall’altro rappresenta uno strumento di pressione politica per incentivare gli Stati Uniti a continuare il sostegno alla guerra in Ucraina in cambio dell’appoggio europeo a Israele. Inoltre, l’opinione pubblica spagnola, spesso critica verso Israele, viene rassicurata; il governo può utilizzare questa decisione anche come leva politica interna.

Se Trump non desiste e non si ‘ammorbidisce’ , tali gesti di ostacolo alla sua amministrazione saranno moltiplicati dando una leva in mano ai DEM che accuseranno Trump di perdere alleati. C’è da scommetere che la politica UE nei prossimi mesi scorrerà su questi binari.

Ma davvero possiamo credere a questa improvvisa svolta umanitaria dell’UE? Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha spesso mostrato scarsa coerenza umanitaria su temi cruciali: dalla gestione dei migranti alle guerre, ha seguito pedissequamente le direttive dei centri di potere sovranazionali. E ora, la Spagna decide di sfidare l’alleato atlantico? Sembra improbabile senza un appoggio esplicito da Bruxelles.

Le recenti dichiarazioni di Mario Draghi, che ha invocato un’unità europea contro il “trumpismo”, e il vertice di Budapest indicano che l’UE è disposta a tutto per mantenere l’ordine globalista unipolare, basato su un’agenda che Trump intende abbandonare in favore di un mondo multipolare.

Tuttavia, sottovalutare Trump potrebbe rivelarsi un errore. Non è nuovo a sfidare le convenzioni diplomatiche, e mentre l’UE cerca di difendere un sistema di potere sempre più distante dai cittadini, rischia di perdere di vista le vere priorità: pace e stabilità.

Inoltre, va ricordato che la giustizia spagnola ha già annullato in passato tentativi simili di bloccare navi con destinazione Israele. Perché insistere proprio ora? Forse perché il tempo stringe e l’UE sente la necessità di giocare tutte le carte per preservare lo status quo.

In definitiva, più che un sincero impegno umanitario, questa sembra l’ennesima strategia di una leadership europea preoccupata di perdere il controllo geopolitico. Una leadership che, anziché adattarsi al cambiamento, preferisce rimanere ancorata a schemi obsoleti, anche a costo di sacrificare coerenza e credibilità. Quindi l’ipotesi di usare contrappesi politici per ricattare Trump è congrua..

Trump, che durante il suo mandato non ha avviato alcuna guerra, rappresenta una sfida per un’UE intenzionata a continuare la politica estera interventista dei Democratici. Mentre Bruxelles avanza con mosse mascherate da “umanitarie”, il desiderio di preservare un sistema di potere incapace di tollerare deviazioni è sempre più evidente. Ma i cambiamenti sono inevitabili, e forse è giunto il momento che anche l’Europa ne prenda atto.