Strategic Culture, 25.05.2018
Il presidente statunitense Donald Trump ha demolito il summit programmato il mese prossimo col leader nordcoreano Kim Jong Un. In una lettera a Kim, Trump denunciava la verbale “ostilità aperta” manifestata dalla Corea democratica nei giorni scorsi nei confronti di membri della sua amministrazione. In particolare, i funzionari nordcoreani hanno rimproverato il vicepresidente Mike Pence come “stupido” e “ignorante” per i commenti che aveva fatto sul disarmo nucleare nella penisola coreana.
Ma le osservazioni di Pence erano probabilmente molto più ostili di qualsiasi altra cosa Pyongyang rispondesse. Pence dichiarava esplicitamente in una intervista ai media statunitensi che la Corea democratica potrebbe “finire come la Libia” se non sarà conforme alle richieste statunitensi di rinunciare alle armi nucleari. Quella minaccia oltraggiosa, fatta in un’intervista in prima serata dal secondo funzionario degli Stati Uniti fu la stupefacente dichiarazione di aggressione, dato che gli aerei da guerra statunitensi e NATO bombardarono la Libia portandone al fallimento e all’omicidio del venerato leader Muammar Gheddafi nell’ottobre 2011.
La Corea democratica ha spesso affermato che il destino della Libia era precisamente il motivo per cui intrapresa li sviluppo di armi nucleari, al fine di scoraggiare l’aggressione e il cambio di regime degli USA. Pence effettivamente emise una minaccia criminale alla Corea democratica gongolando per l’omicidio del leader del Paese. Eppure Trump si lamentava della risposta di Pyongyang a quell’ultimo ultimatum quale “aperta ostilità”. Inoltre, Pence è solo l’ultimo funzionario degli Stati Uniti a vantarsi apertamente di distruggere la Corea democratica. Solo poche settimane prima, il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump e famigerato falco belluino John Bolton infranse il diritto internazionale avvertendo che Washington guardava al “Modello della Libia” come linea guida con la Corea democratica.
Trump stesso, con dimostrazione di logica incomprensibile, disse che Pyongyang sarebbe stata “decimata come la Libia” se non sarà conforme alle richieste degli Stati Uniti, e questo immediatamente dopo che Trump cercava di “rassicurare” Kim Jong Un che gli Stati Uniti “non seguono il modello della Libia”. Come può un avversario fidarsi di tale amministrazione? La sconfitta del “vertice storico” tra Trump e Kim, sarebbe stato il primo incontro in assoluto tra un presidente USA in carica e un leader della Corea democratica, dimostra che la sfida nel trovare una soluzione pacifica al conflitto non è facile
Una parte importante del problema è che la Casa Bianca di Trump ha evidentemente una visione miope di ciò che un vero processo di pace implica. Trump persiste all’idea d’incontrare Kim, apparentemente con l’impressione errata che la Corea democratica sia disposta a capitolare alle richieste statunitensi sul suo disarmo nucleare. Pyongyang non ha mai detto di essere disposta a rinunciare unilateralmente alle proprie armi, sempre chiarendo che sarebbe disposta a denuclearizzare nel contesto di un accordo multilaterale in cui gli Stati Uniti offrono garanzie di sicurezza e rifuggono l’agenda del cambio di regime.
Il conferimento da parte della Casa Bianca di una “moneta commemorativa” per celebrare l’aspirato summit di Singapore tra Trump e Kim il 12 giugno, ora sembra decisamente sciocca. Di solito tali memorabilia ufficiali vengono sempre creati dopo che l’evento ha avuto luogo. Le monete coniate prematuramente, coi nomi di Trump e Kim, mostrano l’arrogante compiacimento a Washington secondo cui gli obiettivi statunitensi erano “in tasca”. In alcun momento l’amministrazione Trump ha mostrato consapevolezze degli obblighi storici degli USA nel raggiungere la pace nella penisola coreana. Tali obblighi comprendono la firma del trattato che segna definitivamente la fine della guerra di Corea (1950-53), in cui le forze statunitensi uccisero milioni di coreani sostenendo il loro alleato in Corea del Sud contro il nord comunista.
Gli obblighi statunitensi includono anche il ridimensionamento della massiccia presenza militare nella regione, delle ripetute manovre belliche e l’eliminazione delle paralizzanti sanzioni economiche a Pyongyang. La Casa Bianca di Trump sembra avere l’arrogante opinione che qualsiasi processo di pace sia semplicemente tutto finito con la Corea democratica che rinuncia unilateralmente alle proprie nucleari. Trump ha addirittura incoraggiato la base elettorale a richiedergli il premio Nobel per la pace. Ancora una volta, ciò dimostra quanto l’amministrazione Trump sia clamorosa nell’approccio a una risoluzione pacifica in Corea. Ciò che è di estrema preoccupazione ora è che la superficiale diplomazia di Washington sarà soppiantata da un pericoloso ritorno aggressivo, che potrebbe condurre alla guerra.
La Corea democratica questa settimana dichiarava di essere pronta a una “prova di forza nucleare” se gli Stati Uniti non s’impegneranno al dialogo. Va ricordato che solo pochi mesi prima Trump avvertiva che la Corea democratica avrebbe affrontato “fuoco e furia come mai prima” e che era disposto a “distruggerla totalmente”. Tali calcoli criminali possono essere ripresi, specialmente ora che Washington si sente “tradita” dalla Corea democratica che ne rifiuta l’ultimatum di arrendersi o finire come la Libia.
Dopo aver annullato il summit di Singapore, Trump scrisse che lasciava la porta aperta a futuri colloqui. Ma tali colloqui presunti non saranno fattibili se gli statunitensi non ripudiano le loro illusioni sul disarmo nucleare unilaterale della Corea democratica e suo cambio di regime. Trump aggiunse che manteneva “la massima pressione” delle sanzioni economiche genocide sul popolo della Corea democratica, con un sinistro riferimento al “massiccio arsenale nucleare” statunitense, dicendo che “pregava Dio che non venisse usato”.
La demolizione in Corea democratica dell’unico poligono nucleare di Punggye-Ri può essere vista come gesto di buona volontà nel cercare il disarmo. Ma affinché qualsiasi processo abbia successo, gli Stati Uniti devono essere disposti a ricambiare. Vantarsi del cambio di regime e della distruzione criminale della Libia equivale al stupefacente vandalismo degli Stati Uniti sul fragile impegno diplomatico con la Corea democratica. Un’opportunità per la pace viene sprecata dai capi statunitensi che sembrano soffrire di profonda ignoranza e criminosità.
fonte: https://www.strategic-culture.org/pview/2018/05/25/washington-libya-threats-crash-north-korea-summit.html