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«Svegliatevi, quegli studenti sono nostri figli»

di Valentina Colombo – ( La Nuova Bussola Quotidiana)

[su_shadow style=”left”][su_panel shadow=”none”] Quante volte i nostri figli si sono lamentati perché non volevano andare a scuola? Quante volte noi docenti, dalla scuola materna all’università, ci siamo dimenticati della enorme responsabilità che abbiamo nei confronti dei nostri studenti?

Quante volte abbiamo accompagnato i nostri figli a scuola e nel lasciarli li abbiamo salutati nell’assoluta certezza che si trovavano nel luogo più sicuro al mondo?

Quante volte abbiamo pregato in chiesa o a scuola con la serenità di chi si avvicina a Dio ? Studiare, insegnare e pregare fanno parte di una quotidianità, di una normalità che diamo per acquisite e scontate, non solo di una quotidianità che talvolta ci pesa o che scivola su di noi come una goccia di pioggia su un impermeabile.[/su_panel][/su_shadow]

Ebbene, quanto accaduto all’università di Garissa in Kenya, dove giovani studenti cristiani sono stati massacrati perché si trovavano in un luogo sbagliato – una università – e appartenevano a una fede sbagliata – il cristianesimo – avrebbe dovuto farci risvegliare dal torpore, avrebbe dovuto farci pensare che sarebbe potuto capitare a noi, ai nostri figli e ai nostri studenti. Siamo fortunati, molto fortunati. Noi che ci lamentiamo dei disservizi del sistema educativo, della burocrazia accademica, di un docente poco simpatico, di un esame troppo difficile, siamo fortunati perché, nonostante tutto, non rischiamo la vita, anzi abbiamo l’onore di potere contribuire alla costruzione di un futuro migliore. Noi che ci lamentiamo della Chiesa, dei sacerdoti, siamo fortunati perché, nonostante tutto, possiamo pregare, professare la nostra fede nella libertà e nel totale rispetto delle altre fedi.

Tutto questo per gli studenti vittime degli Shabab, dei Boko Haram, dei talebani, dello Stato islamico, per i cristiani che vivono in alcune zone del Medio Oriente e dell’Africa, e non solo, non è scontato, anzi è una tragica sfida quotidiana. Si tratta della lotta tra chi cerca la luce e prega la Luce e chi vuole diffondere le tenebre, perché solo le tenebre possono accogliere il male.  Shabab, Boko Haram, talebani, Stato islamico, Al Qaeda, ma di fatto tutta la galassia dell’estremismo islamico, al pari di tutte le ideologie totalitarie, professano un solo insegnamento: «pensare è illecito» Si uccidono studenti, si uccidono i cristiani, si uccide la memoria distruggendo monumenti, libri, attaccando turisti stranieri in un museo come è accaduto al Bardo di Tunisi. Si uccidono il passato e il presente, per uccidere il futuro.

L’idea del Manifesto per Garissa, da me lanciato con il professor Alberto Gambino, vuole essere un appello accorato a chiunque operi e viva nei luoghi del sapere e della memoria, a chiunque abbia a cuore un futuro di luce affinché siffatte tragedie non accadano più e soprattutto non passino inosservate. Noi fortunati e inconsapevoli “operatori” del sapere dobbiamo pretendere che le istituzioni internazionali e i governi nazionali si assumano la responsabilità di proteggere docenti, studenti cristiani e non nelle zone a rischio dove studiare può costare la vita. Siamo tutti Garissa, e lo siamo davvero, perché tutti noi siamo vittime potenziali delle stesse tenebre. Abbiamo avuto solo la fortuna di nascere altrove.

ECCO IL MANIFESTO PER GARISSA DA SOTTOSCRIVERE

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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