“Bene comune, riforma della rappresentanza delle regioni e del Parlamento”

Antonio D’Atena, Presidente Emerito Associazione Italiana Costituzionalisti e Istituto Studi Regionali
Gaetano Quagliariello, Senatore, Presidente del movimento “Idea”
Lorenza Violini, Docente di Diritto costituzionale

Coordina

Guido Bardelli, Presidente Compagnia delle Opere di Milano

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Incontro organizzato dal benemerito Centro Culturale di Milano, i cui ottimi ed interessanti incontri seguo sempre. Ottimi e referenziati i relatori e tutti sul palco. Spero però che non la si prenda a male se dico ciò che penso sui contenuti del dibattito: credo che dopo il primo filmato, l’incontro poteva terminare; infatti dalle dichiarazioni dei padri costituenti, erano già chiarissime le ragioni del ‘NO’

Il moderatore insiste nell’introduzione sul ‘clima di dialogo’ ma ciò che mi colpisce dei padri costituenti è la loro statura morale: questo non è solo un ‘ingrediente’ ma la sostanza. Infatti il dialogo è una conseguenza delle ragioni ideali, mentre il ‘Bon Ton’ non può essere un principio.

Poi si entra nel vivo. Nel progetto di riforma ci sono cose buone e cose sbagliate, dicono i relatori . E tutto il loro discorso ruota intorno al fatto se nel progetto prevalgano gli elementi di cambiamento positivi o negativi. Da qui discende la loro decisione per il SI o per il NO…. Secondo me, un simile meccanismo di ragionamento è metologicamente sbagliato. Basta infatti che una sola di quelle ragioni sia più importante delle altre, perchè occorra esprimersi nettamente.

In sostanza, il criterio adottato nel dibattito, il modo di giudicare le cose è quello che nell’esperienza umana noi indichiamo con il ‘vedere l’albero ma non la foresta’ . C’è una mancanza di visione d’insieme, ossia manca la percezione su cosa comporterà domani nelle mani dell’attuale dirigenza politica un simile cambiamento.

Più semplicemente il discrimine tra il SI ed il NO, è questa domanda: può fare una riforma costituzionale degna chi è ed è stato immorale (e lo è ancora) sulla guerra, sulla famiglia e verso il proprio popolo?

Sta a dire che non si può eludere a cosa mira questa riforma e come, al di là delle dichiarazioni di intenti di oggi, sarà certamente utilizzata in sede europea e governativa.

In definitiva: manca la volontà politica per il bene comune o manca una Costituzione che permetta il cambiamento? Io direi proprio che manca la coscienza, la morale e quindi la volontà politica:
Quindi, la necessità di ‘manovrare meglio’ è a proprio uso e consumo: non è sintomo di maggiore giustizia ma di un maggior pericolo.

So di dire una cosa a molti ostica ma la situazione attuale italiana richiederebbe l’uscita immediata da quest’Europa che è ormai blindata ad ogni cambiamento. Questa riforma è invece funzionale al completamento europeo in senso autocratico, rischia di renderci meno protagonisti e ci  avvinghia in modo maggiore alla mostruosità europea dimentica di sè.

Il senatore Gaetano Quagliariello (uno su due per il no), dice una delle tante evidenze: per una riforma occorre una assemblea costituente e non un governo con interessi particolari e con le ‘mani in pasta’ , connivente con le lobby.

Vietato Parlare [/su_panel]

Un tempo la riforma nasceva dai padri costituenti, oggi la  riforma costituzionale nasce da qui: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-29/testo-lettera-governo-italiano-091227.shtml?uuid=Aad8ZT8D

Se la fede non diventa cultura…

Autore: Amato, Avv. Gianfranco   Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele Fonte: CulturaCattolica.it Risposta del Cardinal Carlo Caffarra Arcivescovo di Bologna all’avvocato Gianfranco Amato Presidente dei Giuristi per la Vita Lectio magistralis del Cardinal Caffarra tenuta il 6 dicembre 2015 nell’ambito del seminario residenziale di studi sociali organizzato da “Vita è” Domanda: Eminenza, Lei ha parlato del rapporto …

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Cultura Cattolica: L’«inoperosità» degli uomini dabbene

riporto per gentile concessione di Cultura Cattolica: http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=3&id_n=31195 «L’inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio.» [Benedetto XVI, in Libano, ai membri del governo, delle istituzioni della repubblica, con il corpo diplomatico, i capi religiosi e rappresentanti del mondo della cultura] Avremo certamente il …

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Roberto De Mattei. Le origini della crisi europea.

fonte: Fondazione Lepanto prof Roberto De Mattei

La crisi economica, sociale e politica che l’Unione Europea oggi vive è sotto gli occhi di tutti. Tra pochi giorni ricorrerà il ventesimo anniversario della firma del Trattato di Maastricht (firmato l’ 11 dicembre 1991) da cui l’Unione Europea ebbe origine. Il prof. Roberto de Mattei, allora presidente del Centro Culturale Lepanto, e oggi della Fondazione Lepanto, esprimeva, tra i primi in Europa, le sue critiche al Trattato di Maastricht in una lettera consegnata a Strasburgo, a tutti i parlamentari europei, l’11 maggio del 1992, alla vigilia del discorso della regina Elisabetta di Inghilterra al Parlamento Europeo. Lo stesso testo veniva fatto pervenire, ai parlamentari italiani riuniti in seduta congiunta in elezione del Presidente della Repubblica (il documento fu pubblicato integralmente in « Lepanto », nn. 122-123 (maggio-giugno 1992), pp. 3-11).

La lettura di questa analisi, che precedette di quasi 10 anni l’entrata in vigore dell’Euro, invita a riflettere sul nostro futuro.

Lettera ai Parlamentari europei del prof. Roberto de Mattei

Roma, 11 maggio 1992

Egregio onorevole,

a nome del Centro Culturale Lepanto, che ho l’onore di presiedere, vorrei sottoporre alla Sua attenzione alcune riflessioni a proposito di un importante dibattito che Ella e i suoi colleghi avete affrontato e dovrete ancora affrontare (l).

Mi riferisco al Trattato di Maastricht, stipulato l’11 dicembre 1991 nella cittadina olandese dai Capi di Stato e di Governo dei dodici Paesi della Comunità europea per avviare la nuova organizzazione internazionale denominata “Unione europea”.

Questo Trattato, che è stato formalmente sottoscritto il 7 febbraio 1992 e che, per entrare in vigore, dovrebbe essere ratificato dai rispettivi Parlamenti nazionali entro il 31 dicembre di quest’anno, sta suscitando un po’ ovunque crescenti dubbi e perplessità: unirà e rafforzerà veramente l’Europa, o la disgregherà, precipitandola nel caos? Lo scopo di questa lettera, è di contribuire ad una discussione su questo punto capitale.

Il sogno nichilista di distruzione dell’Europa

In questo 1992 che segna il 500° anniversario della scoperta e della civilizzazione dell’America da parte degli europei, la Civiltà europea e cristiana è sottoposta a un processo senza precedenti. L’Europa è accusata di aver imposto al mondo il suo modello di civiltà, in luogo di “aprirsi all’Altro”, “a ciò che non è, non è mai stato e non sarà mai l’Europa”(2); essa dovrebbe dunque rinnegare sé stessa per recuperare la “Alterità” che ha negato: i barbari, gli indios, i musulmani, sarebbero portatori di un “messaggio culturale” incompreso. L’Europa dovrebbe perciò rinunciare alla “ambizione secolare di centralità storica di cui Colombo è il simbolo”(3) per “decivilizzarsi” e sprofondare nel tribalismo.

Nella visione della storia, elaborata da questi “teorici del caos”, il fondamento dell’Europa sarebbe “la perdita dei fondamenti” (4), la sua caratteristica quella “di non essere identica a sé stessa” (5). Nessuna identità storica e culturale meriterebbe di sopravvivere perché nel mondo nulla esiste di stabile e di permanente e tutto è privo di ordine e di significato: il Nulla è l’unica realtà che si deve affermare nella storia e nella società: “Dobbiamo riconoscere il ruolo storicamente positivo del Nulla /…/ Siamo incitati a fondare la nostra cittadinanza europea in rapporto al nulla” (6).

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Benedetto XVI: progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica

S.S. Benedetto XVI – CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE XV GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA 02.02.2011 – OMELIA DEL SANTO PADRE

Viviamo oggi, soprattutto nelle società più sviluppate, una condizione segnata spesso da una radicale pluralità, da una progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica, da un relativismo che tocca i valori fondamentali. Ciò esige che la nostra testimonianza cristiana sia luminosa e coerente e che il nostro sforzo educativo sia sempre più attento e generoso.

Cari fratelli e sorelle!

Nella Festa odierna contempliamo il Signore Gesù che Maria e Giuseppe presentano al tempio “per offrirlo al Signore” (Lc 2,22). In questa scena evangelica si rivela il mistero del Figlio della Vergine, il consacrato del Padre, venuto nel mondo per compiere fedelmente la sua volontà (cfr Eb 10,5-7). Simeone lo addita come “luce per illuminare le genti” (Lc 2,32) e annuncia con parola profetica la sua offerta suprema a Dio e la sua vittoria finale (cfr Lc 2,32-35). È l’incontro dei due Testamenti, Antico e Nuovo. Gesù entra nell’antico tempio, Lui che è il nuovo Tempio di Dio: viene a visitare il suo popolo, portando a compimento l’obbedienza alla Legge ed inaugurando i tempi ultimi della salvezza.

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Benedetto XVI: Si vuole impedire che la cultura sia plasmata dalla fede

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI -A S.E. IL SIGNOR ALFONS M. KLOSS, NUOVO AMBASCIATORE DI AUSTRIA PRESSO LA SANTA SEDE

Giovedì, 3 febbraio 2011

Si cercan di applicare i criteri di una opinione pubblica secolare alle comunità religiose.

Sembra che si voglia adattare il Vangelo alla cultura e, tuttavia, si cerca di impedire, in modo quasi imbarazzante, che la cultura venga plasmata dalla dimensione religiosa.

Carissimo Ambasciatore,

Con piacere accetto le Lettere con le quali il presidente della Repubblica d’Austria la ha accreditata quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario presso la Santa Sede. Nello stesso tempo la ringrazio per le parole cordiali con le quali ha espresso anche la vicinanza del presidente e del Governo al Successore di Pietro. Da parte mia, porgo al presidente, al cancelliere e ai membri del Governo nonché a tutte le cittadine e a tutti i cittadini dell’Austria i miei saluti affettuosi ed esprimo volentieri la speranza che i rapporti fra la Santa Sede e l’Austria continuino a recare frutti in futuro.

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