Ho letto una pagina di Theodor W. Adorno in cui egli dice che oggi viene sottratta agli uomini, dalla cultura organizzata, anche l’ultima possibilità dell’esperienza di sè. Viene trasformata non solo la riflessione spontanea,
“ma anche le nozioni analitiche, la cui forza si commisura all’energia e alla sofferenza con cui vengono conquistate”, tutto trasformato in prodotti di massa, e i dolorosi segreti della storia individuale, in convenzioni correnti. La dissoluzione delle razionalizzazioni diventa – a sua volta razionalizzazione. Anzichè fornire il lavoro della riflessione su di sè, gli addottrinati acquistano la capacità di sussumere tutti i conflitti d’impulsi sotto concetti come complesso d’inferiorit à, vincolo materno, “estroverso” ed ” introverso”, da cui quelli, in fondo, non si lasciano raggiungere affatto.
Attualità
L’EUROPA NON HA MEMORIA. Hitler in un suo celebre discorso del 1939: «Chi mai si ricorda», si chiese, «dei massacri degli armeni?». Poi, avvenne l’Olocausto…
“…Se ne ricordano gli armeni, se ne ricordò una mozione del Parlamento italiano nel 2001, se ne ricordò il Papa il 9 novembre 2000, anche se fu insultato dai giornali turchi, se ne ricordarono Russia, Argentina, Bulgaria, Cipro, Grecia, Belgio e soprattutto Francia. L’Europarlamento pose il riconoscimento del genocidio come condizione perché la Turchia entrasse …
Il riconoscimento del genocidio armeno non è un atto di inimicizia nei confronti della Turchia
Il riconoscimento del genocidio armeno, quindi, non è un atto di inimicizia nei confronti della Turchia, anzi è un segno di amicizia nei suoi confronti, poiché il vero amico non è chi accondiscende anche alle malefatte del proprio amico, ma colui che, criticandolo per i suoi errori, lo induce a correggerli. Il riconoscimento del genocidio armeno è quindi uno stimolo, un aiuto rivolto alla classe dirigente della Turchia ed alla popolazione di quel paese affinché si liberi di una pesante eredità negativa del passato la quale, fino a che non verrà rimossa, costituirà un ostacolo ad un pieno sviluppo della democrazia e delle libertà civili in quel paese. (voce armena web site)
Gli Armeni sono gli abitanti autoctoni dell’Armenia e la loro presenza su quel territorio è documentata da testimonianze risalenti a più di 2500 anni fa. Fino all’inizio del ventesimo secolo essi hanno abitato un vasto territorio che, estendendosi ben oltre i confini dell’attuale Repubblica Armena ex sovietica, ingloba il lembo nord-occidentale dell’Iran, tutta la parte orientale della Turchia, le regioni occidentali dell’ Azerbaigian ed una parte nel sud della Georgia.
Su questo territorio gli Armeni già più di duemila anni fa hanno costituito un proprio stato unitario che nel corso dei secoli ha perso e più volte riconquistato la propria indipendenza, subendo a più riprese invasioni e dominazioni straniere.
All’inizio del 4° secolo l’Armenia si convertì al Cristianesimo divenendo così il primo stato ad accettare la fede cristiana come religione di stato.
La dominazione straniera più lunga e nefasta per l’Armenia è stata quella dei Turchi che vi penetrarono per la prima volta circa nove secoli fa e pian piano la soggiogarono instaurando un regime di pulizia etnica ante litteram, con soprusi, vessazioni, conversioni forzate all’Islam, periodici pogrom e ricorrenti massacri.
Verso la fine del diciannovesimo secolo le persecuzioni contro gli Armeni da parte dei Turchi aumentarono in intensità ed in ferocia, raggiungendo il loro culmine sotto il regno del sultano Abdul Hamid 2° che, alle richieste degli Armeni di ottenere riforme volte a tutelare le loro vite, le loro persone ed i loro beni, rispose con dei massacri di massa nel corso dei quali, dal 1895 al 1897, furono trucidati 300.000 Armeni.
Gabriel Garcia Moreno Presidente dell’Ecuador, martire
Guayaquil, Ecuador, 24 dicembre 1821 – Quito, Ecuador, 6 agosto 1875 ( di Rino Camilleri)
Gabriel García Moreno nacque a Guayaquil il 24-12-1821 (la città indipendente dal 1820, fece parte della Grande Colombia dal 1822 e dopo lo scioglimento di quest’ultima, dal 1830 all’Ecuador),
Studiò a Parigi (1854) e fu poi nominato rettore dell’Università di Quito (1856-1857). Dopo aver attivamente partecipato ai moti di Guayaquil del 1859, dominò la vita dell’Ecuador, essendo capo del partito dei conservatori cattolici intransigenti.
Eletto Presidente della Repubblica (1861-1865), promulgò nello stesso anno una Costituzione che istituiva il suffragio universale.
Nel 1863 firmò col Vaticano un Concordato; instaurò un regime teocratico, soppresse la libertà di stampa, riservò l’insegnamento alle Congregazioni religiose specie ai Gesuiti, affidò l’amministrazione della giustizia alle autorità ecclesiastiche e infine consacrò l’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù.
Ritornato al potere nel 1869, promulgò una nuova Costituzione, ma nonostante un’amministrazione fiscale abile e prosperosa, entrò in contrasto con l’opposizione liberale (accentuatamente anticlericale) capeggiata dallo scrittore Juan Montalvo.
Governò l’Ecuador con poteri dittatoriali fino 6 agosto 1875, quando fu assassinato; seguì una lunga guerra civile fra i due partiti dei conservatori, rappresentanti gli interessi dei feudatari della Sierra e dei liberali rappresentanti della borghesia costiera.
Il 30 gennaio 1985, in occasione della visita in Ecuador, Giovanni Paolo II ha rinnovato l’atto di consacrazione dell’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù, ripetendo letteralmente quello pronunciato il 25 marzo 1874 dall’allora Presidente della repubblica Ecuadoriana, don Gabriel Garcia Moreno.
Noi, abituati a ben altri atti politici, difficilmente riusciamo ad immaginare un Presidente intento in enunciazioni di principio siffatte e una Costituzione Repubblicana che preamboli riferendosi direttamente al Re dei Re. Eppure è accaduto, e in tempi non certo meno difficili, giusto all’indomani della breccia di Porta Pia, in quel Sudamerica ove i circoli massonici provocavano rivoluzioni e colpi di mano militari quasi a getto continuo.
L’intuizione di fondo di Garcia Moreno fu che l’unità e l’identità del suo popolo riposavano sul cattolicesimo e non su pezzi di carta più o meno solenni. Egli riuscì in pochi anni a pacificare e a far prosperare il suo Paese, applicando semplicemente i principi della Dottrina Sociale Cattolica. E il successo del suo progetto è testimoniato proprio dal tragico epilogo della sua vicenda: i propugnatori della laicizzazione totale dello Stato non ebbero altra risorsa – dopo aver tentato tutte le vie; non escluse l’insurrezione armata e la propaganda diffamatoria – che quella del pugnale. Garcia Moreno venne infatti assassinato mentre usciva dalla cattedrale il 6 agosto 1875, il giorno prima del suo mandato presidenziale.
Prima di tracciare la figura e l’opera di questo politico cattolico (che riuscì persino a diminuire le tasse), vediamo qual era la situazione del Sudamerica a quel tempo.
Il continente delle rivoluzioni
Chi ha visto il film “Mission” può farsi un’idea di quel che fosse il Sudamerica prima di Bolivar. La tratta degli schiavi, propugnata da illuministi come Voltaire e il marchese di Pombal, l’espulsione dei Gesuiti, lo sfruttamento sistematico e congiunto sia da parte di sovrani “illuminati”, come quelli di Francia e Inghilterra, sia dai “cattlicissimi” di Spagna e Portogallo, avevano fatto di quello sventurato continente terra di saccheggio e di massacro.
L’indipendenza – ottenuta come quella italiana – non fu altro che cambiar padrone e passare dal servaggio all’aristocrazia “illuminata” e cicisbea a quella più odiosa del denaro. C’è un altro film a questo proposito che meriterebbe esser rivisto: “Queimada”, di Gillo Pontecorvo. L’”anima” delle varie “indipendenze” era, come al solito, l’Inghilterra, che con la sovversione e le dottrine economiche di Ricardo andava convincendo i popoli della terra dei vantaggi della sua supremazia.
Il “libertador” Simon Bolivar aveva quasi immediatamente visto la sua opera degenerare in un inferno continuo di “liberazioni”, l’una dietro l’altra, dal tiranno di turno. Nel 1822 sulle mura di Quito si leggeva una frase tracciata da mano anonima, che riassumeva la situazione: “Ultimo dìa del despotismo, y el primero del lo mismo”. Gli ecuadoregni avevano perfettamente capito, pur senza aver letto il “Gattopardo”.
Bolivar doveva vedere coi suoi occhi lo sfacelo di quel aveva creato e i suoi generali – come quelli di Alessandro Magno – dividersene gli avanzi.
A Budapest lottano anche per noi
di Riccardo Cascioli Tratto da La Bussola Quotidiana l’11 gennaio 2012 Il brutale attacco delle istituzioni europee all’Ungheria e il recente vertice franco-tedesco impongono una domanda sull’Unione Europea: su cosa è adesso, su cosa vuole diventare. Da una parte – con il falso pretesto di una deriva autoritaria – si cerca di imporre a un …
Non essere più certi di alcune grandi cose: il "National Defense Authorization Act".
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Non essere debitori e dover dimostrare di essere debitori affidabili
di Vietato Parlare.it Il punto non è uscire dalla crisi ma vedere cosa l’abbia provocata, se solo la corruzione e insipienza politica o l’esistenza di un progetto europeo malato (o tutto questo insieme) . Inanzitutto il primo errore (se ne è straparlato , ma senza fare nulla) , è che è stata creata in europa …