Libia: uso abituale della tortura

Amnesty International Amnesty International ha denunciato oggi che negli ultimi mesi, fino alle recenti settimane, numerosi detenuti sono morti nelle carceri libiche dopo aver subito torture e che il ricorso alla tortura nei confronti di presunti combattenti e lealisti pro-Gheddafi è altamente diffuso. I delegati attualmente presenti in Libia hanno incontrato detenuti nelle carceri della …

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Monti vola via da Tripoli e il Presidente ad interim libico deve fuggire assalito dalla folla

I venti di guerra si sono spenti, ma il paese è lontano dalla normalità di Patrizio Ricci Passati più di due mesi dalla fine della guerra contro Gheddafi, il Consiglio nazionale di transizione libico (CNT) fa fatica a far valere la sua autorità. Tripoli e gran parte del territorio sono sotto il controllo dei thuwwar, …

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L'invadenza del Quatar in Libia

[youtube jt6fypfzUjc] fonte: Time World: Il ruolo del Qatar è stato fondamentale durante i primi giorni della rivoluzione. Ha guidato lo sforzo della Lega araba per sollecitare le Nazioni Unite per stabilire una no-fly zone in Libia. La risoluzione ha aperto la strada per la campagna aerea della NATO che ha trasformato le sorti della …

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Gli stereotipi dell’informazione e i passaggi di potere dettati dallo strapotere finanziario globale.

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autore: Patrizio Ricci fonte: wikinews Dopo aver assistito alle immagini scioccanti dei giorni scorsi a Piazza Tahrir in Egitto, continuare a chiamare gli eventi di protesta e agitazione nel Medio Oriente e nel Nord Africa “primavera araba” (con improbabili distinzioni) rappresenta una semplificazione eccessiva della realtà, una menzogna, una forma di violenza. È essenziale nominare …

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«Libia 2011»: un paese che non c'è più

fonte Eurasia

Abbiamo intervistato Paolo Sensini,  autore dell’opera “Libia 2011”[1]. Un saggio molto interessante che offre nella prima parte un’agile narrazione di cento anni di storia libica incastonati fra due eventi luttuosi per il paese: la guerra coloniale italiana del 1911 e l’intervento umanitario (rectius neocoloniale) del 2011. La seconda parte è invece una disamina ben documentata degli eventi legati proprio all’intervento militare scaturito dalla Risoluzione ONU 1973, corredata anche dalla testimonianza diretta dell’autore, giunto in Aprile nei  luoghi del conflitto e partecipe dei lavori della commissione d’inchiesta sui fatti di Libia (Fact Finding Commission on the Current Events in Lybia).

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woophi - creative commons

Giacomo Guarini: Abbiamo visto con piacere che la sua opera viene citata e accolta con giudizio complessivamente positivo anche in un servizio video del Corriere della Sera[2]. Dispiace però che l’autore del servizio faccia riferimento a presunti “eccessi” che lei avrebbe compiuto nel dipingere la Libia pre-bellica come “prospera” e “teatro di riforme realizzate”. Eppure anche i riferimenti che lei fa a notevoli aspetti dello sviluppo economico-sociale del paese sono ben corredati da fonti, spesso anche ‘insospettabili’ (vedi ad esempio l’Indice di Sviluppo Umano ed altri dati riportati dalla Banca Mondiale in riferimento alla Libia). Può dare ai lettori un’idea dei progressi raggiunti dal paese in questi decenni di governo Gheddafi?

Paolo Sensini: In effetti l’unico modo per esprimere un giudizio obiettivo e ponderato sulla Libia, è quello di guardare alle realizzazioni concrete della Jamahiriyya. Partiamo dunque dal tasso di alfabetizzazione dei libici, che si attesta oggi intorno all’88%, mentre quando Gheddafi salì al potere nel settembre 1969 era circa del 6%. Già un dato di questo genere ci fornisce uno spaccato piccolo ma indicativo delle condizioni del paese. Se consideriamo poi anche gli indici sulle aspettative di vita e il reddito pro capite dei suoi abitanti, che combinati insieme al tasso d’istruzione costituiscono gli elementi chiave per il computo dell’Indice di Sviluppo Umano (HDI), vediamo che la Libia è l’unico paese dell’Africa rappresentato con il colore verde (livello HDI alto), trovando collocazione prima di ben nove nazioni europee. Bisogna anche considerare l’assistenza medica gratuita e di qualità largita a tutti i suoi cittadini, così come il livello d’istruzione primaria, secondaria e universitaria (nazionale ma anche in sedi estere) e la promozione familiare: in pratica a ogni neolaureato le istituzioni libiche erogavano, prima del colpo di Stato NATO-ribelli, una somma pari a cinquantamila dollari per potersi pagare una casa senza dover sostenere alcun interesse e senza data di scadenza. Ecco perché l’emigrazione dei libici verso l’Europa era quasi nulla (1.517 persone, in gran parte uomini d’affari e operatori commerciali), se rapportata all’esodo di dimensioni bibliche dagli altri paesi africani e arabi. Non va dimenticata, inoltre, la distribuzione quotidiana di cinque milioni di mq di acqua dolce che arrivavano gratuitamente nelle case dei tutti i libici attraverso le condutture del Great Made-Man River, il più grande acquedotto del mondo fatto costruire da Gheddafi a partire dagli anni Ottanta. Il che, per un paese quasi interamente desertico come la Libia, rappresenta una risorsa di straordinaria importanza. Insomma, se consideriamo tutto questo e molto altro di cui ho dato conto in dettaglio nel mio libro, vediamo che la Jamahiriyya è riuscita a ottenere risultati, sia pure con aspetti socioeconomici e politici che andavano certamente migliorati, di cui è difficile trovare riscontro a livello mondiale.

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Quello che mi spaventa della crisi libica è la mancanza di giudizio, eppure: "Siamo qui con la consapevolezza di una chiamata comune a vivere insieme in pace, quale profonda aspirazione che risuona incessantemente nei nostri cuori"

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guerra civile o guerra su commissione?

Quello che mi spaventa della crisi libica è la mancanza di giudizio. Il giudizio espresso anche da parte dei più ben disposti e non schierati aprioristicamente va dove deve andare.

Mi spiego: abbiamo visto un uomo  trasformato improvvisamente nel male assoluto, tale da giudicare “legittimo” ucciderlo,  infine abbiamo visto  lo stesso uomo in fuga e catturato dopo aver cercato di ucciderlo con le bombe,  quindi è stato umiliato, seviziato, devastato,  uomini si sono compiaciuti di vederlo agonizzante per vederlo soffrire, per puro odio,  infine giustiziato, e poi esposto in pubblico come un trofeo: questo fa smuovere anche le menti più ingessate.

E così avviene, e immediatamente però seguono i “distinguo”, si dice che le guerre sono tutte brutte, che nelle guerre non ci sono regole, e che poi in fondo “si sa cosa accade purtroppo nelle guerre civili”, si considera puntuale “ce lo ricordiamo Mussolini a piazzale Loreto”, etc..  Il paragone è però demenziale, sono situazioni del tutto differenti, sono situazioni che dividono, Avviene proprio ciò che i manipolatori del pensiero, i manovratori del potere, vogliono sentir dire.  Infatti quelli che hanno preparato questa guerra (un cosa così si pianifica non si fa da un giorno all’altro)  non vogliono certo negare che l’uccisione di Gheddafi sia stata atroce, no altrimenti tutti si ribellerebbero, no invece dicono: “apriremo un’indagine..”. Non c’è ipocrisia più grande per innumerevoli  ragioni, eccone alcune:


Non si è trattato di guerra civile

la guerra in Libia non è stata una guerra civile, migliaia sono stati i contractors e gli infiltrati dall’estero, gente specializzata per dar man forte ai cosiddetti “ribelli” una minoranza che non esprime la maggioranza del paese. La guerra civile è iniziata quando la Nato ha messo in atto il proprio intervento e quando parte della popolazione si è schierata con Gheddafi.

Se questo è avvenuto, se cioè anche i “civili” hanno preso differenti posizioni, è perché la comunità internazionale rappresentata dalla coalizione di “volenterosi” (così si è autodefinita) si è schierata con una parte mettendo in atto una guerra senza quartiere per il totale annientamento di una parte rappresentativa della società civile. Strana guerra civile, veramente singolar con satelliti spia e risorse incalcolabili tutte schierate solo da una parte.

Lo stato della Libia: agglomerato di realtà tribali diverse tra loro: facile scatenare una rivolta

la rivolta era iniziata per l’emancipazione di una singole porzioni di territorio dello stato libico, all’inizio gli “insorti” erano ben pochi, quello che che è avvenuto, è stata l’esplosione di una rivolta armata, profittando del clima nato a seguito delle “primavere arabe” negli stati limitrofi e del clima di forte compiacimento occidentale, e non ultimo appoggi, incoraggiamenti e connivenze dirette. La rivolta è avvenuta in Cirenaica ed era avvenuto altre decine di volte nel corso degli anni in una società con forte connotazione tribale, le cui componenti erano  state sempre perennemente in conflitto tra loro.

Non è avvenuta una sollevazione popolare ma un colpo di stato

Ancora oggi, la convinzione corrente della gente (ma quel che è peggio anche di chi decide il destino di intere nazioni) è che “ucciso Gheddafi il problema è risolto”: in realtà ci sono milioni di Gheddafi che sono i suoi sostenitori, e non sono mostri come si vuol far credere, settari, una immensa associazione a delinquere, di questi non se ne tiene minimamente conto, e si sta tentando (con successo) la totale eliminazione fisica e/o politica, prima “delle libere elezioni” (ma già prima delle elezioni si è scelto la shaaria?).

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Di tutte le brutalità in guerra la più grande è l'uccisione di prigionieri inermi o feriti.

Dopo aver appreso ieri  di particolari ancora più cruenti sulla modalità dell’assassinio di Gheddafi, oggi la notizia che cinquantatre’ persone, tutte con le mani legate dietro alla schiena , appartenenti ai combattenti  lealisti sono state uccise ,  tra il 14 e il 15 ottobre sommariamente  in un hotel di Sirte . Lo ha denunciato oggi …

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