Nell’intervista, il cardinale Pierbattista Pizzaballa si concentra sulla situazione di estrema polarizzazione in Terra Santa, dove ogni parte si vede come l’unica vittima e considera l’altra come la causa del proprio dolore. Questa polarizzazione ha portato a una richiesta di empatia assoluta e esclusiva da parte di ciascuno, rendendo difficile esprimere comprensione per entrambe le parti. Pizzaballa evidenzia come questa situazione sia complicata da episodi di rabbia e incomprensione, come quando la sua partecipazione a un incontro con il presidente di Israele ha scatenato proteste da parte palestinese, o come quando il gesto di indossare una kefiah ha suscitato l’ira della comunità ebraica.
L’appello di Pizzaballa a non schierarsi mira a evitare che queste polarizzazioni estreme si riproducano altrove, come a Milano, Torino o New York. Sottolinea la necessità di un aiuto internazionale per aprire orizzonti e non chiuderli, mantenendo una visione chiara e una posizione ferma, pur riconoscendo che la pace, intesa come armonia totale, potrebbe non essere vicina. La pace richiede la consapevolezza di essere all’inizio di un lungo percorso che necessita pazienza e il coraggio di amare entrambe le parti senza aspettarsi comprensione immediata.
Riflettendo sulla natura travagliata della Terra Santa, Pizzaballa attribuisce le tensioni a una serie di fattori storici, geopolitici, religiosi e spirituali. La regione è vista come un punto di incontro e scontro tra Oriente e Occidente, dove le differenze culturali e religiose si intensificano. La presenza di luoghi sacri per le tre religioni monoteiste aggiunge ulteriori strati di complessità, rendendo la Terra Santa un luogo dove la grandezza divina e la forza del male si manifestano con intensità.
Per disinnescare l’odio, Pizzaballa sottolinea l’importanza dell’amore e della costruzione di relazioni armoniose, riconoscendo che la violenza lascia ferite profonde e odio che persistono anche dopo la cessazione dei conflitti. L’unico antidoto è l’amore, che deve essere espresso attraverso azioni concrete per ricostruire la fiducia e l’armonia tra le comunità.
Cosa ci dicono le parole di Pizzaballa riferite alla guerra russo-ucraina?
Le riflessioni di Pizzaballa, sebbene non si riferiscano direttamente al conflitto in Ucraina, offrono preziosi spunti applicabili a qualsiasi contesto di tensione e guerra, inclusa la situazione tra Ucraina e Russia. La sua enfasi sulla necessità di evitare polarizzazioni estreme e di non cedere a narrazioni esclusive e unilaterali è particolarmente rilevante. In un contesto come quello ucraino, dove le narrazioni conflittuali e le rappresentazioni di “vittima” e “aggressore” sono fortemente radicate e alimentate da entrambe le parti, l’invito di Pizzaballa a cercare una comprensione più approfondita può servire come fondamento per un dialogo più costruttivo.
L’appello a non schierarsi in modo acritico, ma piuttosto a promuovere il riconoscimento delle sofferenze e le aspirazioni di entrambe le parti, potrebbe aiutare a ridurre l’intensità delle retoriche belliciste. Questo non significa negare la giustizia e i torti subiti, ma piuttosto cercare di comprendere le complessità del conflitto senza cadere nella trappola di una visione manichea che vede solo eroi e cattivi.
L’accento posto su un approccio che favorisca la pacificazione richiede dai leader e dalla comunità internazionale un impegno leale a scandagliare soluzioni che vadano oltre la logica del confronto militare. Significa anche riconoscere che la pace duratura non si costruisce solo attraverso la cessazione delle ostilità, ma attraverso processi di guarigione, dialogo e riconciliazione che affrontino le radici profonde del conflitto.
Spesso, la pressione per “scegliere un lato” può portare a decisioni affrettate che non tengono conto delle conseguenze a lungo termine delle azioni bellicose. Promuovere un approccio meno isterico e più riflessivo, che valuti attentamente le implicazioni di ogni azione, potrebbe contribuire a creare le condizioni per negoziati equi e per una pace che non è solo assenza di guerra.
In definitiva, ascoltare e riflettere sulle parole di Pizzaballa potrebbe ispirare leader e comunità a cercare soluzioni umanamente coraggiose e più realistiche al conflitto in Ucraina, che tengano conto di tutti i fattori e delle aspirazioni delle parti, non escludendo a priori il punto di vista russo, come finora fatto. Un approccio che privilegi la pacificazione e il dialogo, riconoscendo la complessità delle questioni in gioco e l’umanità di tutte le parti coinvolte, potrebbe offrire una via d’uscita più promettente dalla spirale di violenza e ritorsione.