Sostituzione etnica e la ragione, assente nella società ‘fluida’

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La realtà esiste indipendentemente da come noi la ‘pensiamo’, e che la conoscenza è un processo di scoperta e comprensione dell’essere delle cose, non una forma di creazione o manipolazione della realtà. In un mondo sempre più complesso e soggetto a molteplici interpretazioni, questo invito all’umiltà e all’argomentazione ci ricorda l’importanza di ritornare alle radici …

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Solo la passione può evitare la sostituzione etnica (e non intendo quella erotica)

la sostituzione etnica dipende dalla passione e non intendo quella erotica

In Italia, quando qualcuno si preoccupa della crisi demografica e dice qualcosa che va contro i nuovi diritti, viene spesso considerato ‘fascista’ e l’argomento viene evitato. Questo è successo al ministro Francesco Lollobrigida, che il 18 aprile ha detto “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica. Gli italiani fanno meno figli, li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada.“, ovvero che la soluzione non è sostituire gli italiani con stranieri. Questo ha suscitato le reazioni più isteriche.

Ma questo argomento è più importante della politica e della correttezza politica. Quando si parla della sostituzione di una popolazione, si parla di questo quando si raggiunge un livello entro cui, anche facendo più figli, la popolazione autoctona è destinata all’estinzione, anche se le persone fanno più figli.

Per affrontare questo problema, dobbiamo adottare misure concrete. Al momento, le misure adottate dalle autorità sono solo cure palliative e sono insufficienti. Abbiamo bisogno di un nuovo sviluppo storico che promuova un cambiamento culturale e sociale. Le donne devono essere incentivate ad avere figli e la società deve essere organizzata in modo da supportare le famiglie. In generale, dobbiamo superare l’individualismo esasperato e affrontare le sfide legate all’urbanizzazione e al ridimensionamento del welfare.

E’ necessario un nuovo ciclo di sviluppo storico: con i modelli attuali di donne di successo e di emancipazione (le donne sono più concentrate sulla carriera, sull’autorealizzazione e sempre più spesso non è associata né alla gravidanza né all’avvio di una famiglia), la liberalizzazione dei costumi, l’individualismo esasperato e la propaganda martellante dei maschi simili alle femmine, nonché con i problemi connessi all’eccessiva urbanizzazione ed alla riduzione costante di welfare, non ci saranno mai abbastanza condizioni per un cambiamento. 

Politiche degenerative e poi formule vuote

Per la famiglia è stato fatto molto poco e si agisce costantemente in senso distruttivo. Invece, le autorità ritengono imperativi i cambiamenti da attuare in tema di rivoluzione digitale’, per il clima, per la lotta alla ‘discriminazione di genere’, per i vaccini o per la guerra o per la pillola anticoncezionale.

In altri termini, la problematica è affrontata solo ideologicamente, anche da parte di chi vorrebbe che le cose cambiassero positivamente ed è sinceramente propenso a sostenere e conservare le tradizioni e l’identità residua del paese. Bisognerebbe che la nostra classe dirigente verso la tutela della famiglia applicasse lo stesso fervore che sta applicando per la guerra e per la campagna vaccinale. Ma, al contrario della forza distruttiva della guerra, qui si tratta di tutelare la famiglia (e non si tratta di farlo solo per la demografia): la famiglia è la straordinaria base della società che ha le sue dinamiche sacre ed i suoi strumenti, elaborate nei secoli. Creando le condizioni per l’esistenza di una sana famiglia multigenerazionale, lo stato non solo eviterebbe una parte significativa del suo onere sociale ma darà un rilancio all’intera società.

Quindi, si tratta di costruire e non solo di produrre un PIL più elevato. Si tratta di studiare le misure in grado di superare l’istinto di estinzione diffuso e chiedersi perché esso viene attivamente incentivato dalle organizzazioni sovranazionali e dalla UE stessa.

Mancanza di passione

Sull’argomento ‘crisi demografica’ si sono dette molte cose, ma non che – ad un livello più profondo – tutto dipende dalla passionalità del popolo o della nazione. E non si tratta della passionalità erotica. L’espansione politica deriva dall’espansione economica, che a sua volta dipende dall’espansione culturale, la quale è strettamente legata al livello di passione delle persone. Purtroppo, in Occidente la passione sembra essere diminuita. Ad esempio, nel XIX secolo ogni nazione dell’Europa occidentale aveva un proprio impero coloniale, ma ora devono unirsi nell’Unione Europea per avere un impatto sulla scena mondiale. Con questo non voglio certo auspicare un ritorno al colonialismo, ma voglio sottolineare che esisteva un fermento missionario ed ideale che oggi non esiste più: l’accettazione acritica dei migranti e la dichiarazione di fascismo da parte degli oppositori indicano un rifiuto della propria identità culturale e nazionale. I cittadini occidentali di mentalità liberale sembrano dimenticare che un luogo sacro non rimane mai vuoto: se si rinuncia alla propria identità, questa viene sostituita da altre.

Anche sul fronte della riproduzione, l’Occidente ha perso la passione. Gli europei hanno smesso di partorire perdendo il tasso minimo per raggiungere almeno il livello di riproduzione della popolazione. La cultura occidentale sembra inoltre essere ferma agli anni ’70 e ’80, dal momento che tutto ciò che Hollywood produce è un adattamento, un remake o un sequel di vecchie opere (aggiornate alle tendenze distruttive attuali).

Tutti i vuoti vengono riempiti distruttivamente

In sintesi, sembra che manchi un progetto di visione per l’Occidente: questa è la vera ragione perché una nuova guerra fredda ed una contrapposizione mai vista prima si ripropone, annullando decenni di lavoro delle vecchie generazioni. Ora sembra che sia difficile inventare qualcosa di nuovo, ma ciò non significa che non sia possibile, dato che non si tratta di inventare qualcosa ma di “ritornare” a ciò che ha fatto grande l’Europa. Tuttavia, per farlo, è necessario ripristinare la passione. Per ripristinare la passione, bisogna credere, tornare alla tradizione cristiana, osservare i segni, le tracce. Ma la sfida è grande: la Chiesa stessa ha abbracciato il modernismo mondano e, a tratti, sostiene una generica gnosi.

E allora? Non ho la soluzione in tasca. Vedo comunque iniziative laiche, movimenti che acquistano una nuova consapevolezza e che indicano ciò che bisogna riprendere e che conoscono molto bene i rischi che la società sta affrontando e ciò che va ripreso, ciò a cui affidare la vita. Soprattutto so che l’uomo non può prescindere sa sé stesso e dalle domande fondamentali dell’esistenza umana, che vengono costantemente allontanate da un potere sempre più pervasivo.

Perché il punto è proprio lì: con quale speranza viviamo e che posto ha nella vita concreta e nelle scelte politiche il perseguimento di questa ricchezza nella vita di ognuno. Altrimenti, la cultura si trova nei musei sotto forma di reliquie (e per questo indifesa alla vernice degli attivisti).  La cultura è invece memoria vissuta in un paese (a livello di popolo e di istituzioni). La memoria assimilata come esperienza, va poi raccontata e verificata, paragonata con la propria libertà personale.

Sì, c’è una differenza sostanziale tra società multietnica e società caotica con istinto di estinzione, disinnamorata della propria tradizione e della propria storia.

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