Intervista di Raphaelle Villemain per AED Ora Pro Siria
Nella “Notte dei Testimoni” organizzata da AED – Aiuto alla Chiesa che Soffre- dal 24 al 28 marzo ’14 si susseguiranno veglie di preghiere e di testimonianze per i cristiani discriminati e uccisi per la loro fede. Tra i testimoni suor Raghida.
Suor Raghida Al Khouri, in una intervista con l’AED risponde dolcemente. Ma anche con un velo di tristezza in gola. Evoca la situazione siriana con discrezione e la sua famiglia con modestia.
Ci può ripercorrere il suo cammino personale?
Sono nata a Damasco, in una famiglia di sette figli, ho ricevuto una educazione umana e cristiana distinta nella fede cattolica. Ho perso mio padre che amavo tanto quando avevo 14 anni. Custodisco la sua rettitudine, la giustizia e l’ affetto. Ho studiato scienze dell’educazione a Beirut. E in parallelo, sono entrata presso le Suore della Carità di Besançon, comunità creata nel 1799 dalla Franche-Comtoise Giovanna Antida Touret. Ho vissuto la guerra libanese ( quanto siriana), nella preghiera e nella accettazione, come una missione che il Signore mi ha chiesto di assumere. Ho ricoperto diversi incarichi, tra cui quello di insegnante e preside in Libano. Tra il 2005 e il 2008, sono stata inviata in Siria, dove ho guidato la scuola del Patriarcato greco-cattolico di Damasco, e contemporaneamente ero responsabile della comunità. Nel 2008, fui trasferita a Nizza, dove sono assistente responsabile diocesana della ASP (Cappellania pubblica istruzione) e della pastorale degli studenti.
Come vive l’attuale distanza dai suoi cari?
Torno al mio paese ogni anno per vedere la mia famiglia che è a Damasco (tranne nel 2011 e il 2012). Con gli eventi in corso in Siria, mi sento abbastanza sola. Ogni giorno li chiamo. Ho bisogno di sapere che sono vivi. Siamo in contatto via skype o telefono. La situazione sta peggiorando di giorno in giorno. Penso, come molti, che la pace sembra pura utopia. Eppure io credo che l’utopia di oggi può diventare la realtà di domani, se ci crediamo veramente a livello nazionale ed internazionale, e se, per costruirla, tutti noi ci investiamo tutto il nostro cuore, tutta la nostra intelligenza . Nulla è impossibile a chi implora con fervore e chiede sinceramente.
Qual è la loro vita quotidiana?
Tutti gridano: ” Da dove ci verrà soccorso? “. La loro vita quotidiana è drammatica. Sono tornata da Damasco il 4 maggio. E’ impossibile dormire bene. Si sentono costantemente aerei, colpi di arma da fuoco, blindati. Si mettono tappi per le orecchie ai bambini. Quasi tutte le persone indossano il nero, le famiglie sono in lutto. Paradossalmente, la gente è diventata bulimica. Vivono nello stress, la paura, costantemente all’erta. Hanno paura dei sequestri di persona e della cattura di ostaggi (contro riscatti o esecuzioni). Così rimangono a casa a guardare la TV, mangiano, dormono, sono inattivi, ingrassano. La salute generale si deteriora. Sono tutti sull’orlo della depressione. Alcuni hanno cominciato a bere e fumare. Mi chiedono consiglio. Cosa posso dire? Dire loro di restare o andarsene? Dove? In quale paese? Come? Da clandestini, attraverso un contrabbandiere? Perché l’Europa non rilascia visti, sotto qualsiasi pretesto? E con che mezzi? Far parte degli immigrati, degli irregolari, respinti alla frontiera?