Il video che propongo è del reporter di guerra Rangeloni. Credo che le immagini e l’osservazione libera e senza pregiudizi, valgono più di ogni ragionamento per mostrare il meccanismo perverso che domina nell’attuale conflitto in Ucraina, dove assistiamo ad una situazione paradossale: le grandi potenze internazionali stanno usando questo paese come campo di battaglia per far prevalere le proprie ambizioni, mentre il logos è messo da parte a favore delle mere necessità economiche e di espansione.
Il conflitto ucraino, iniziato nel 2014 nella regione del Donbass, ha visto opporsi potenze contrapposte che sembrano non tenere minimamente conto delle volontà delle popolazioni civili di vivere in pace. Troppo spesso, infatti, i combattimenti si svolgono in prossimità di centri abitati, ponendo a rischio la vita di innumerevoli donne, uomini e bambini che si trovano a dover vivere ogni giorno con l’incertezza del futuro. Altre volte l’uccisione di persone e la distruzione di infrastrutture civili è addiritturamirata. Eppure, la volontà degli abitanti dei posti contesi dovrebbe essere un elemento chiave da tenere in debito conto per raggiungere la pace e la stabilità nella regione.
Sulla base del diritto internazionale, infatti, la tutela dei diritti umani e della dignità delle persone deve essere considerata come principale obiettivo da perseguire durante i conflitti armati. Inoltre, il rispetto delle volontà delle popolazioni civili dovrebbe rappresentare un aspetto imprescindibile della risoluzione dei conflitti stessi.
Questo dilemma è stato analizzato da numerosi filosofi, tra cui spicca lo scrittore e pensatore francese Albert Camus. Nel suo celebre saggio “La peste”, Camus descrive la difficoltà morale di fronte alla lotta contro una forza distruttiva, e la necessità di trovare un equilibrio tra il rispetto per la dignità umana e l’impegno per combattere la una data situazione.
Inoltre, la filosofa americana Martha Nussbaum ha evidenziato l’importanza di mettere al centro dei processi decisionali anche le emozioni e i sentimenti delle persone coinvolte nei conflitti. L’attenzione e il rispetto per le loro necessità e desideri, quindi, possono rappresentare una valida base per la costruzione di una pace duratura e autentica.
Rispettare le volontà delle popolazioni civili dovrebbe essere una priorità di ogni potenza coinvolta in un conflitto armato. Solo in questo modo si potrà trovare una soluzione pacifica e duratura, che tenga conto delle esigenze e delle aspettative delle persone che vivono giornalmente le conseguenze della guerra.
I padri fondatori dell’Europa, che si sono mossi in una fase storica caratterizzata dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, hanno abbracciato un sogno di pace e di unione tra i popoli europei. Per loro, l’Europa avrebbe dovuto rappresentare il coronamento di un percorso di unità e solidarietà, in grado di superare le vecchie rivalità e le divisioni.
Questa visione idealistica degli anni ’50 e ’60, oggi sembra essere lontana dalla realtà dei fatti. L’Europa che si presenta oggi, infatti, è caratterizzata da un marcatissimo accentramento sulle questioni economiche e monetarie, e i conflitti tra i vari paesi dell’Unione sembrano sempre più irriducibili e insormontabili.
In questo contesto, gli aspetti economici sembrano prevalere rispetto alle aspettative di progresso dei popoli. Le frontiere stanno ritornando, mentre gli ideali di pace, collaborazione e apertura sono in fase di perdita di linfa vitale. La crisi dei migranti, i crescenti sentimenti di nuove divisioni e i problemi di giustizia sociale rappresentano solo alcune delle difficoltà che oggi minano l’idea di un’Europa unita e ‘progressista’.