Stefano Puzzer in lacrime è seduto a terra con gli altri occupanti del porto di Trieste. «Sono triste», dice il leader del coordinamento dei portuali, tenendo la mano di un manifestante che stringe un rosario, «dovete far capire all’Italia che questo non può andare avanti». Ai microfoni dei giornalisti accorsi anche oggi al molo VII di Trieste il No Green pass continua piangendo: «Non sono disperato ma triste per tutte queste persone, perché siamo responsabili di tutti loro. Stiamo pregando, c’è gente che trema e che ha paura». Al porto di Trieste le forze dell’ordine hanno azionato gli idranti: l’obiettivo è sgomberare i manifestanti No Green pass fermi davanti al Varco 4 del molo VII in una resistenza passiva che va avanti fin dalle prime ore del mattino. «Nel frattempo, Draghi e Lamorgese danno l’ordine di aprire gli idranti sui pacifici portuali che neppure impedivano l’accesso agli scali a quei colleghi che volevano lavorare» protestano i social. (Open Online)
Le dirette mostrano una protesta pacifica e civile da parte dei portuali di Trieste. Poi d’improvviso lacrimogeni, cariche, idranti. I giornali e le TV diranno il contrario del vero. Recuperando le dirette si può vedere cosa è successo. Genova reloaded. ( M.A. Jannaccone)
commento sull’accaduto da La Voce del Patriota del prof. Marco Gervasoni:
Errare è umano, perseverare è diabolico. E certo lo pseudo ministro (apocrifo) dell’Interno, Lamorgese, continua a perseverare nel dimostrare di essere totalmente incapace a gestire l’ordine pubblico. I fatti di Trieste, che mentre scriviamo sono in ancora in divenire, sono l’ennesima, clamorosa dimostrazione della sua inadeguatezza.
Checché se ne dica della protesta, e del merito (si può essere pro o contro), tutti devono riconoscere che la decisione dello sgombero nel porto giuliano non era tale da provocare una guerriglia in città: le forze dell’ordine non sembrano in grado di fare fronte né al primo né alla seconda. Ed è troppo comodo scaricare tutto sul prefetto di Trieste. La responsabilità politica è del ministro dell’Interno. E poi, ovviamente, di Draghi, che deve rispondere di tutto essendo presidente del consiglio, non solo dei soldi del Recovery.
Ebbene il fatto che Draghi guidi un governo che ha provocato i più grandi disordini sociali negli ultimi anni è spiegabile in questo modo: l’ex banchiere non conosce il paese. E non lo conosce perché non ha mai intrapreso una campagna elettorale in vita sua. Quando Giorgia Meloni illustrò una delle ragioni della opposizione al governo Draghi nel fatto che non fosse stato eletto, molti hanno ironizzato: è la forma che in democrazia conta, e Draghi ha la maggioranza in parlamento. Cosa volete di più?
Appunto, ha una maggioranza schiacciante nel paese legale, ma del paese reale nulla sa. Anche a questo servono le elezioni: a far si che chi i candidati interagiscono con il paese che intendono governare se le vinceranno. Ma se chi guida l’esecutivo non è mai passato da questo lavacro, la sua immagine della nazione sarà astratta, i problemi saranno considerati solamente tecnici, i cittadini dei numeri: e non avrà neppure la decenza di comunicare con gli italiani, come invece fanno tutti i premier di tutti i paesi.
Quindi, a crollare nel lunedì triestino non è solo quel poco di autorevolezza del ministro dell’Interno, che a questo punto sarebbe davvero scandaloso che rimanesse. E anche, e soprattutto, il “metodo Draghi” (e diciamo pure le sue ambizioni quirinalizie)
Qualche commentatore avventato nei giorni scorsi ha paragonato l’ex Super Mario a Thatcher o a Reagan. Ma per le botte ai portuali, a noi ricorda più che altro il capo del comunismo polacco di fronte ai cantieri navali di Danzica.
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