di Elias Samo – strategic-culture.org
Per le persone native del Levante, tre importanti “Dichiarazioni” hanno portato loro danni decisivi e catastrofici. La “Prima Dichiarazione” era [quella di] Dio che assegnava la terra del “Popolo Indigeno” al “Popolo Eletto”. La “seconda dichiarazione”, largamente denominata “la dichiarazione Balfour”, è stata la decisione del 1917 del governo britannico di stabilire una “casa nazionale per il popolo ebraico”, nella “Palestina del Popolo Indigeno”. La “Terza Dichiarazione” è stata l’annuncio di Trump di questa settimana, sulla base dell’illegalità, dell’immoralità ea spese del “Popolo indigeno”, che concede il Golan siriano occupato da Israele al “Popolo Eletto”, gli Ebrei.
Due terzi del Golan siriano sono stati occupati da Israele, a partire dalla Guerra del 1967. Dopo la Guerra, Lord Caradon, Ambasciatore britannico presso le Nazioni Unite, ha promosso una risoluzione, sostenuta da Arthur Goldberg, l’Ambasciatore americano, la quale è stata adottata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza come risoluzione 242. Nel suo preambolo, la risoluzione 242 afferma “l’inammissibilità dell’acquisizione di territorio per mezzo di guerra”. Un paragrafo significativo esorta Israele “a ritirarsi dai territori occupati” nella Guerra. Indipendentemente dalla controversia sul fatto che il “ritiro dai territori” significhi tutto il territorio o parte del territorio, la Risoluzione afferma il principio del ritiro israeliano dal Golan siriano occupato. A questa risoluzione ha fatto successivamente seguito la risoluzione 338 del Consiglio di Sicurezza, adottata dopo la Guerra Arabo-Israeliana del 1973, che riaffermava i principi enunciati nella risoluzione 242. Altre risoluzioni sono state adottate, affermando il principio del ritiro israeliano dai territori occupati.
Dopo la Conferenza di Madrid del 1991, sono iniziate le trattative di pace tra Israele e Siria, basate sulla formula “Terra per la pace”. La base per i negoziati presumeva il ritiro israeliano dal Golan e la pace tra i due Stati. Oltre ai negoziati formali e pubblici tra le delegazioni siriana e israeliana, ci sono stati molti negoziati segreti “Track Two Diplomacy”, a cui ho partecipato personalmente. Alcuni degli Israeliani che ho incontrato, erano molto intimi del compianto Primo Ministro Yitzhak Rabin e dell’attuale Primo Ministro Benjamin Netanyahu. Tutti i negoziati siriano-israeliani erano basati sulla premessa del ritiro israeliano dal Golan per la pace; il che implicava, molto chiaramente, il riconoscimento di Israele che il Golan è territorio siriano occupato. Questo riconoscimento da parte di Israele è durato 52 anni.
Noncurante della verità, della moralità, della legalità, dell’interesse nazionale americano e della violazione del diritto internazionale, del consenso internazionale e di una moltitudine di risoluzioni dell’ONU, Netanyahu recentemente, e improvvisamente, ha deciso che il Golan appartiene a Israele. Ciò è stato ulteriormente ratificato dal tweet farsesco del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il tragico contenuto di questa dichiarazione può essere, verosimilmente, abbinato al suo mezzo di consegna, Twitter. La persuasione di Trump in un tweet dichiarava: “Dopo 52 anni è il momento per gli Stati Uniti di riconoscere pienamente la sovranità di Israele sulle Alture del Golan, il che è di decisiva importanza strategica e di sicurezza per lo Stato di Israele e la stabilità regionale!”
Per aggiungere ulteriore beffa, al Congresso degli Stati Uniti è stata presentata una risoluzione in cui si afferma: “È nell’interesse nazionale degli Stati Uniti garantire che Israele mantenga il controllo delle Alture del Golan […]” Il destino della risoluzione non è in dubbio, in particolare in vista del controllo ebraico del Congresso; è stato affermato che il Congresso è “territorio occupato da Israele.”
[Siha] La ridicola affermazione di Netanyahu che il Golan appartiene a Israele, la ratifica, e la complice follia di Trump [che] solleva due preoccupazioni molto pericolose. Primo, se il Golan appartiene a Israele e ne ha affrancati due terzi nella Guerra del 1967, come sostiene Netanyahu, è ovvio che anche il rimanente terzo del Golan “occupato” dalla Siria appartiene quindi a Israele e dovrebbe essere affrancato. In secondo luogo, poiché non esiste un confine internazionale all’interno della Siria e il Golan [è] una provincia, Netanyahu e Trump possono parimenti – ancora una volta – designare in maniera unilaterale, illegale e immorale qualsiasi territorio contiguo siriano come parte del Golan. I due hanno ora formalmente stabilito un pericoloso precedente mondiale, che di fatto rende irrilevante qualsiasi ordine globale, incluso il Diritto Internazionale e le Nazioni Unite.
Dall’occupazione israeliana del Golan, nessun governo israeliano o amministrazione americana ha mai lasciato intendere che il Golan è un territorio sovrano israeliano. I governi israeliani, con il sostegno americano, hanno sempre espresso la volontà di ritirarsi dal Golan in cambio di pace; il punto controverso è sempre stata la linea di ritiro. Durante i negoziati di pace siriano-israeliani, i Siriani non erano disposti a cedere nemmeno una piccola parte del Golan. La cessione del Golan siriano, da parte di Trump,a Israele è il colpo di grazia assestato al processo di pace.
Riflettendo su questo pericoloso e destabilizzante sviluppo regionale, non posso fare a meno di chiedermi, se Netanyahu rivendica la sovranità sul Golan siriano, cosa gli impedisce di rivendicare la Giudea e la Samaria, storicamente e religiosamente più rilevanti. Cosa impedisce a Trump ratificare e far rispettare queste pretese. Come secondo il Giudaismo, le promesse di Dio per la Giudea e la Samaria, significherebbero un’eventuale annessione israeliana della Cisgiordania e l’istituzione del “Grande Israele”, dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo.
Ciò che hanno fatto i truffatori ‘oggetto d’esame’, Netanyahu e Trump, e il Congresso degli Stati Uniti,non tarderà ad avere seguito, non è una panacea per la stabilità regionale; è una road map per sconvolgimenti permanenti: il paradosso di una forza irresistibile che si scontra con un’obiezione irremovibile.
Fonte: https://www.strategic-culture.org/
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