[su_spacer]La scorsa settimana il primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi si è recato a Washington per incontrarsi con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Mustafa al-Kazemi, ex capo del Servizio nazionale di intelligence iracheno è la prima volta che incontra Trump. Come ricorderete, a gennaio il generale iraniano Qassem Soleimani e del vice comandante delle Forze di mobilitazione del popolo (Hashd al-Shaabi, create nel 2014 con il sostegno dell’Iran per combattere l’ISIS) Abu Mahdi al-Muhandis , era stato ucciso da un attacco mirato di droni statunitensi all’aeroporto di Baghdad mentre il funzionario iraniano era in visita ufficiale diplomatica.
A seguito di tale crimine, il Parlamento iracheno aveva votato una risoluzione che prevede l’uscita di tutte le truppe straniere dal paese. Inoltre, il paese è in subbuglio e continua a montare la rabbia e l’ostilità contro le forze statunitensi in Iraq ed in Siria anche mediante frequenti attacchi missilistici di forze irregolari irachene.
Recentemente sia Teheran, quanto Mosca nonché le popolazioni siriane al nord della Siria, stanno aumentando la pressione affinché le forze statunitensi lascino completamente tutta l’area siriana e irachena. A riguardo, anche il primo ministro iracheno – pur continuando a riconoscere che la continuazione del supporto USA alle forze irachene è necessaria – , sostiene che questo supporto può essere anche non diretto, ovvero non fornito direttamente da forze USA.
Evidentemente per ammorbidire la posizione irachena . alla vigilia del vertice USA-Iraq, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato l’assegnazione di ulteriori aiuti umanitari alla Repubblica araba per un importo di 204 milioni di dollari. Un buon metodo per tenere alta l’attenzione dell’Iraq.
Ci sono circa 5.000 soldati e ufficiali statunitensi in Iraq, incaricati di condurre operazioni antiterrorismo e addestrare le forze di sicurezza irachene. Pur non esistendo nessuna avvisaglia di ulteriori ritiri da quelle aree da parte statunitense, il Jeresulem Post afferma che prima delle elezioni presidenziali americane di novembre, Trump potrebbe decidere di ritirare le truppe americane completamente dall’Iraq o dalla Siria.
Ciò che appare più fattibile è che gli USA smobilitino dall’Iraq ma non dalla Siria, visto anche la presenza turca e le società USA che sfruttano il petrolio siriano. Tuttavia se le ostilità cntro le forze USA dovessero aumentare, tutto è possibile.
Per il momento gli USA si riposizionano:
[su_quote]Sappiamo che negli ultimi sei mesi, in mezzo alle tensioni iraniane, gli Stati Uniti si sono ritirati da sei basi e postazioni in Iraq, concentrando le forze vicino a Erbil e in due basi vicino a Baghdad. Ma gli attacchi missilistici persistono, quasi quotidianamente, contro l’ambasciata americana, un complesso statunitense vicino all’aeroporto e al campo Taji. (Jerusalem Post)[/su_quote]
Ma la prospettiva di un ulteriore ritiro parziale, non è esclusa:
[su_quote]Questa è una guerra di successo, non una guerra senza fine. Ma Trump è entusiasta dei prelievi, quindi può dire di aver portato a termine la missione. Eppure non vuole scuotere la barca come ha fatto lo scorso ottobre. Ciò significa che gli Stati Uniti potrebbero essere vicini a un nuovo momento di crocevia sia in Iraq che in Siria. L’incontro con Kadhimi è stato il simbolo di quel momento.[/su_quote]
Sorvolando l’affermazione di JP che “questa è una guerra di successo e non una guerra senza fine” (che si commenta da sé), la realtà è che difficilmente Trump riuscirà a portare in porto altri ritiri. Se occorrerà le forze del male saranno disposte anche ad architettare un attentato con conseguenze sanguinose alle forze statunitensi, pur di indurre Trump a rinunciare. Questo tipo di sollecitazione da parte del Deep State non è la prima volta ad essere messa in atto.
Per ora il Deep State ha avvertito Trump con l’arresto del suo ex consigliere Steve Bannon (c’è chi dice che probabilmente a Banon sarebbe stato affidato la campagna in vista delle presidenziali negli ultimi tre mesi), con una sparatoria fuori la Casa Bianca e con un drone che stranamente incrocia la rotta dell’air Force One. In definitiva: potete giurarci che chi ha interessi opposti a Trump, non esisterà di riaccendere la miccia in medioriente anche a costo di perdite di vite nell’asset statunitense, se occorre.
@vietatoparlare