fonte Strano Cristiano.
E’ importante fare chiarezza su alcuni punti della questione del “doppio libretto”, posta dal “Tracce”, rivista ufficiale di Comunione e Liberazione.
Nel numero del mese di settembre si può leggere un articolo titolato “Cervinia. Questione di engagment” che racconta alcuni momenti importanti dell’Equipe del Clu, una tre giorni estiva di raduno di 500 responsabili degli universitari di CL, insieme a Julian Carron.
A un certo punto si legge:
La natura della testimonianza è stata uno dei punti cruciali della prima lezione di Carron perché, come diceva Don Giussani “le circostanze attraverso cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale della nostra vocazione”. Dopo una giornata di gita e due canti nella hall dell’albergo, all’assemblea, Giulio interviene proprio su questa frase. Studente di Legge a Firenze, è il responsabile di Lista Aperta della sua università. Quest’estate il Senato accademico ha votato per approvare un “doppio libretto” che faciliti il momento dell’esame agli studenti transessuali, spesso in difficoltà nello spiegare a professori e compagni il loro cambiamento. A Firenze sono due gli studenti che hanno fatto richiesta per il libretto. “All’inizio noi eravamo contrari. Tutto si giocava sul piano ideologico. Ma guardare il loro disagio ci ha fatto cambiare posizione”. Incontrare uno di loro, poi, è ciò che li ha convinti a votare di si, “ma non abbiamo rinunciato a dire, anche agli altri eletti in Senato, che un documento non avrebbe mai risolto il suo bisogno, né saziato il desiderio di diventare se stesso”.
Ieri, su Tempi, Luigi Amicone ha scritto una lettera aperta a Giulio e ai redattori di Tracce, ponendo alcune domande che condivido, e che vi invito a leggere.
Io vorrei però chiarire altri punti, senza i quali si rischia di non capire fino in fondo la posta in gioco.
Nell’articolo di Tracce si parla di studenti transessuali. Ma nelle cronache che hanno raccontato il fatto dell’università di Firenze si dice, più correttamente, di studenti “transgender”. Non è questione di lana caprina. Molto spesso sono usati come sinonimi, ma con “transessuali” solitamente si indicano coloro che, rifiutando il sesso di appartenenza, vogliono appartenere totalmente al sesso opposto e, a seguito di un lungo percorso che comprende sostegno psicologico, trattamenti ormonali e interventi chirurgici, modificano i loro caratteri sessuali principali e secondari, e da maschi diventano femmine o viceversa. E’ un percorso regolato da una legge apposita, la L. 14 aprile 1982, n. 164, “Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso.”, che prevede la modifica anagrafica di nome e sesso, quando il percorso di riattribuzione del sesso è stato completato.
Quindi se gli studenti in questione avessero compiuto l’intero percorso previsto dalla legge non ci sarebbe stato bisogno di un doppio libretto, perché la loro nuova identità sessuale sarebbe già stata riconosciuta dai documenti ufficiali. E se ci fossero stati ritardi nella parte burocratica del cambio di documenti, casomai il problema sarebbe stato sollecitare gli uffici competenti.
Quella del doppio libretto, in realtà, è una battaglia “transgender”, e cioè di chi chiede che nome e sesso anagrafici possano essere cambiati indipendentemente dal sesso anatomico e quindi dal proprio corpo, ma a seconda del “genere” autopercepito, quello a cui “si sente” di appartenere, indipendentemente dal fatto che ci sia stato un intervento chirurgico completamente demolitivo e/o ricostruttivo dell’apparato sessuale. Tanto per capirci: Luxuria non è transessuale, ma transgender: nato maschio, “si sente” donna ed è a suo agio nella condizione attuale, anche se il suo corpo non è completamente trasformato in femminile (diremmo, in sintesi, “non si è operato”), infatti all’anagrafe risulta un maschio, Vladimiro Guadagno. Luxuria cioè appare come una donna, ma i suoi caratteri sessuali primari sono rimasti quelli maschili.
Semplificando: Giovanni “si sente” Giovanna, inizia a vestirsi come Giovanna, magari fa anche uso di ormoni per cambiare caratteri sessuali secondari, e forse si opererà o forse no, ma in forza di questo cambiamento che sta accadendo, ma non è ancora compiuto, chiede che cambi l’attribuzione del sesso e il nome nei suoi documenti, a partire, appunto, dal libretto universitario.
La posta in gioco è enorme.
Cambiare l’attribuzione del proprio sesso (e di conseguenza il nome), a prescindere dal fatto di avere modificato il proprio corpo coerentemente e completamente, significa affermare che essere uomini o donne non è un fondamentale tratto identitario di ogni essere umano – tu sei un uomo, io sono una donna – (fino a oggi determinato da fatti precisi: il dato cromosomico, i caratteri sessuali primari e l’apparato riproduttivo, e quindi la possibilità di generare come padre o come madre, e su questo torneremo più precisamente domani), ma qualcosa che si può modificare, pure dal punto di vista anagrafico, anche solo a seconda delle percezioni, dei sentimenti e dei convincimenti personali – sono una donna ma “sento” di essere un uomo, e quindi “sono” un uomo.
Dall’articolo su Tracce, e anche dalle cronache raccontate su altre testate, è questa la situazione a cui il Senato accademico di Firenze, come quelli di altri atenei, ha detto sì. In totale sintonia con una sentenza della Cassazione dello scorso luglio, sulla quale avevo scritto un pezzo ironico.
La questione non è tanto la posizione dei ragazzi che, a titolo personale, hanno dato il loro voto favorevole, i quali, studenti universitari e, almeno uno, di Giurisprudenza, sicuramente erano ben consapevoli di quel che votavano, dal punto di vista legale e culturale. E ai quali studenti vorrei solo far notare che, in nome della contrapposizione a posizioni ideologiche, in questo modo si aderisce a una battaglia tutta ideologica che prescinde da uno dei fatti più oggettivi su cui si basa l’umanità.
Ma la loro, dicevamo, è una posizione personale, e vale la lettera di Tempi.
Il vero problema è leggere questo episodio nella rivista ufficiale del movimento di CL, trattato come testimonianza significativa ad un raduno di responsabili nazionali: un giudizio positivo, qualcosa da seguire, insomma.
Le questioni ora sono due: o i fatti sono diversi da come emergono dall’articolo su Tracce – e dalle cronache di altri giornali – e allora andrebbero precisati e spiegati meglio, chiaramente in modo pubblico, per eliminare la confusione che si è creata. Oppure i fatti sono andati proprio così, e allora CL dovrebbe chiarire se la posizione degli studenti coincide veramente con il giudizio di CL a riguardo.
E, da ultimo, per chi ancora pensa che il gender non esiste, sia chiaro: tutto questo è il cuore della “teoria gender”, e il fatto che il “doppio libretto” sia una richiesta proposta in più atenei, indica che si tratta di una battaglia organizzata.