Se prendiamo come base le dichiarazioni ufficiali a seguito dei negoziati di Instanbul, nonché le reazioni internazionali che ne sono seguite, possiamo ragionevolmente individuare le attuali posizioni, le problematicità e le reticenze in atto tra le parti in conflitto.
Innanzitutto dalle dichiarazioni di Zelensky e di Kuleba si capisce perfettamente che l’Ucraina non indietreggerà dalle posizioni iniziali. Questo per il semplice fatto che i negoziatori ucraini non hanno l’autorità, né il mandato di portare sul tavolo una cosa diversa.
Quindi ciò che vediamo è che l’Ucraina vuole ritornare alla situazione ante 24 febbraio. Ogni altra valutazione è frutto solo della nostra interpretazione.
La situazione attuale può essere riassunta in 3 punti:
- Le truppe della Federazione Russa si stanno ritirando dall’Ucraina, esclusa la Crimea. Si stanno ritirando dal nord, quindi saranno lasciate unità ucraine libere di intervenire altrove.
- La cronaca della situazione sul campo ci mostra che nelle regioni di Sumy e Chernihiv, le forze armate della Federazione Russa sono sull’orlo del completo annientamento se perdurano le condizioni attuali.
- La scelta di aprire un nuovo tavolo di trattative e nel frattempo congelare la situazione per 15 anni, in realtà apre solo alla possibilità del ritorno a Kiev dei territori contesi. Infatti, se da parte ucraina ci fosse disponibilità ad accettare lo status di indipendenza di Crimea e Donbass, questo avverrebbe immediatamente. Se non altro, ci sarebbe almeno un riconoscimento di responsabilità, questo non c’è stato. Quindi, la prospettiva è una riedizione degli accordi di Misk e sappiamo di che si tratta.
Per quando riguarda il Donbass, ormai dopo la riconquista dei territori dell’intera regione da parte delle forze di Doneck e Lugansk, la leadership è compromessa e obiettivo di future ritorsioni. Questo vuol dire che non potrà tornare più indietro. Altrimenti si replicherebbe una situazione simile a quella subita dagli sciiti iracheni, quando – dopo l’improvvisa interruzione della prima guerra del Golfo – furono lasciati dagli americani alla vendetta di Saddam Hussein.
Ad avvalorare questi miei timori, c’è il fatto che nessun analista russo – anche appartenente a prestigiosi centri come l’Istituto di strategie russe “Russtrat” -, è riuscito a vedere chiaramente cosa succede. Ciò che è più preoccupante è che agli stessi unità russe sul campo (che devono avere ordini chiari e precisi) è stato detto (unilateralmente) di ‘diminuire la pressione’ sulle aree di Kiev e Chernihiv. È ovvio che si crea un contesto in cui un esercito – dovendo procedere secondo come vanno i negoziati – subisce le iniziative della parte antagonista.
C’è poi un’altra problematicità: mentre la Russia in tutti i modi cerca di risolvere le contese diplomaticamente, gli attori internazionali e specialmente Stati Uniti e Gran Bretagna, scoraggiano i negoziati. Gli Stati Uniti infatti, nella persona di Blinken, hanno fatto sapere che a loro giudizio la Russia sta bluffando e che i negoziati sono inconcludenti. Dello stesso segno è stata la posizione di Londra. Inutile dire che non è un passo azzeccato per promuovere la pace ma al contrario, è l’indicazione a continuare.
Influenzare i negoziatori a prolungare la guerra
Di questo avviso è Elena Panina , direttrice dell’Istituto per le strategie politiche ed economiche internazionali russe, che dice: “durante i negoziati tra la parte russa e quella ucraina, è stata osservata l’attività informativa da parte dei curatori occidentali che governano Kiev“. Questa attività informativa (ovvero una attività da ‘influencer’) è stata osservata chiaramente in positivo tra Erdogan, Macron e la parte ucraina ma in negativo per quando riguarda i paesi anglosassoni.
La direttrice di Russtrat ha scritto che a giudicare dalle loro reazioni e imbottiture, Washington e Londra sospettano che tra i loro alleati occidentali qualcuno stia giocando il proprio gioco con Kiev e Mosca, contrastando i piani USA-Britannici. E questi piani mirano a trasformare l’Ucraina per la Russia in un “secondo Afghanistan” con molti anni di guerra, innumerevoli vittime e successive sconfitte “.
In definitiva questo vuol dire ci sono capi di stato come Macron ed Erdogan che cercano di influenzare positivamente le parti, mentre Washington e Londra cercano costantemente di screditare i negoziati. Del resto lo hanno sempre fatto, i tentativi di negoziati di pace per la Siria sono un utile corollario. In questo caso, vale la pena ricordare che in prossimità di ogni trattativa di pace, le parti occidentali mentendo si sana pianta, ideavano ora accuse contro Assad, ora pubblicavano dossier incriminanti, ora avvenivano false flag chimiche, ora organizzavano sanguinosi attentati tramite i proxy sul campo per rinfocolare tensioni.
In questa situazione Elena Panina, riferendosi alla Russia, conclude dicendo che “qualsiasi resa delle posizioni nell’attuale situazione della guerra totale in corso contro la Russia equivarrà alla sconfitta del Paese”.
Come si dice, “più chiaro di così si muore”: di questo passo, salvo enormi successi sul campo di battaglia, i negoziati non miglioreranno e la parte ucraina tornerà sulle pretese iniziali.
In proposito, è da chiarire che Kiev non ha fatto neanche un passo indietro rispetto alla formattazione del paese secondo un modello ultranazionalista ucraino che schiaccia tutte le diversità e specialmente i collegamenti con la Russia, nella lingua, nella cultura, nelle tradizioni. Ovviamente, se un certo settarismo non si fosse imposto a dosi sempre più elevate nel paese, non sarebbe avvenuta alcuna frammentazione all’interno dell’Ucraina.
I leader occidentali conservano intatta una bellicosità pari ed addirittura superiore alla leadership ucraina, almeno la stessa che ha portato a bombardare per 8 anni il Donbass e a rendere carta straccia gli accordi di Minsk. È in questo contesto che ben presto Zelensky si è trasformato in una figura estremamente carismatica, una figura molto efficace per trovare una giustificazione all’avanzamento della Nato verso la Russia.
Non meraviglierebbe che nei prossimi negoziati qualcuno proponga la completa requisizione delle riserve sovrane congelate all’estero, comprensive dei beni sequestrati agli ‘oligarchi’ (in tutto 500 miliardi) per essere utilizzate a risarcire i danni di guerra, come del resto è stato già fatto nel caso libico.
Purtroppo, anche se la guerra non è mai la soluzione, a guerra cominciata fa un certo senso vedere migliaia di morti – da entrambi le parti – , il cui sacrificio, a quando pare, non è sufficiente per porre le basi perché avvenga una pace duratura. Gli accordi, ogni tipo di accordo, senza il riconoscimento reciproco dei propri errori, si tramuterà inevitabilmente nella ricerca di una strategia per sopraffare l’altro.
Come andare oltre l’ideologia a favore dell’umano
In proposito, vorrei far notare che sebbene l’aggressore nel diritto internazionale sia ben definito. Le responsabilità in questa guerra sono condivise e la guerra iniziata il 24 di febbraio è solo l’ultimo atto di una guerra già in corso da lunga data. In realtà se consideriamo che la guerra nel Donbass è iniziata 8 anni fa, l’invasione russa sarebbe solo una escalation alla vigilia di un poderoso assalto finale al Donbass. Quest’ultima ipotesi – seppur suffragata da una serie di documenti ed evidenze – è ciò che la parte russa continua a ripetere, ma invano.
La leadership ucraina ha colpe, quantunque i media strillino il contrario. La dignità è efficacemente espressa sulla Bibbia nel brano dove due donne furono condotte davanti al re Salomone. Le due donne reclamavano entrambe lo stesso figlio. Ma la vera madre si riconobbe quando il Re ordinò di tagliare il bimbo in due parti e darne una parte a ciascuna delle due donne. A quel punto, la vera madre disse al Re di rinunciare e che il bimbo poteva andare all’altra donna. Questa è la vera libertà. Questa è l’assunzione di responsabilità.
Allo stesso tempo, se guardiamo le sanzioni occidentali e la quotidiana guerra verbale, compresa la guerra dei media (che sono i primi mestatori d’odio in questa fase), ci rendiamo conto che siamo lontani da posizioni realmente leali. Perciò, inevitabilmente qualsiasi negoziato che non parta da coscienze cambiate che si pongono lealmente davanti alle questioni, ha scarsi risultati.
Il combattimento interiore – una dimensione sempre più ignota al mondo occidentale – è l’unico modo per scongiurare la guerra. Invece, vediamo incoraggiati i Great Reset, svolte verdi con secondi fini manifesti, stati emergenziali infiniti, pandemie create in laboratorio, azzeramento della libertà di informazione, bypass delle Costituzioni e un autoritarismo sempre più subdolo e totale. Sorge allora il dubbio che la stella polare delle nostre leadership non è la libertà, ma è solo un potere attuato attraverso il controllo globale.
Come ha detto il Papa, non è più concepibile la guerra. La guerra parte da una certa logica di sopraffazione e si serve della menzogna e dell’inimicizia. Tra l’altro i mezzi di cui oggi dispongono le grandi potenze mondiali, sono mezzi di distruzione totale e le guerre sottraggono ingenti risorse e condannano interi popoli alla miseria. Nello stesso tempo, è necessario dire che la guerra viene costantemente coltivata e preparata: l’ipocrita giustificazione della sicurezza della Nato a danno di quella altrui è irricevibile, perché aumenta i contrasti e le tensioni anziché sopirle.
È nel solco scavato dalla Nato che il territorio ucraino è diventato il campo di una battaglia globale tra est ed ovest. Per questo il conflitto rischia di diventare totale e definitivo, mentre non si scorge consapevolezza del reale e del Destino ultimo dell’uomo da parte di chi dice di essere sempre dalla parte giusta della storia.
Patrizio Ricci – VP News