l vescovo di Shanghai profeta ed eroe – Bernardo Cervellera – AsiaNews.it
Mons. Ma Daqin, che ha rifiutato l’imposizione delle mani da un vescovo scomunicato e si è dimesso dall’Associazione patriottica rivendica la libertà religiosa che la costituzione cinese garantisce, ma i regolamenti sulle religioni la tradiscono. Il rifiuto dell’Associazione patriottica ha motivi teologici (l’Ap è “incompatibile con la dottrina cattolica”), ma anche pastorali e sociali. Per mesi i pastori sono tenuti lontano dalle loro diocesi, portati a banchettare a spese del governo, mentre i loro fedeli devono combattere con la povertà. I vescovi “opportunisti” come sale scipito. Il valore dei fedeli laici per la riconciliazione con il papa.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Un profeta e un eroe: così molti cattolici cinesi – e noi con loro – definiscono i primi passi del neoeletto vescovo ausiliare di Shanghai, mons. Taddeo Ma Daqin. In un solo giorno, quello della sua consacrazione il 7 luglio, egli ha rifiutato l’imposizione delle mani da un vescovo scomunicato; non ha bevuto allo stesso calice del vescovo illecito; si è dimesso pubblicamente dall’Associazione patriottica (Ap), ritenendola un ostacolo al suo “lavoro pastorale e di evangelizzazione”.
L’Ufficio affari religiosi non ha gradito questo calcio ben assestato e lo ha confinato agli arresti domiciliari nel seminario di Sheshan, costretto a “riposare”.
Nel compiere questi gesti mons. Ma ha semplicemente rivendicato la libertà religiosa per il suo impegno episcopale, un principio che pure la costituzione cinese difende. Solo che accanto alla costituzione vi sono regolamenti provinciali e nazionali che sottomettono la vita delle comunità cristiane e i loro pastori a controlli, minacce, adulazioni, corruzioni, frenando l’impegno di evangelizzazione.
Con i suoi gesti mons. Ma ha anche affermato che l’ordinazione di un pastore non è una questione politica che debba essere manipolata dal potere, ma un gesto religioso in cui il papa e le sue indicazioni sono da rispettare per amore della verità.
Da questo punto di vista, mons. Ma ha compiuto la scelta che da decenni vivono sulla loro pelle le comunità e i vescovi della Chiesa non ufficiale (sotterranea) che in nome della salvaguardia della libertà di evangelizzare, rischiano prigione, sequestri, isolamento, emarginazione.
Egli è però un eroe perché l’inquinamento della politica nella vita della Chiesa cinese era giunta a livelli di guardia. Dopo la Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi – in cui il pontefice dichiara “incompatibile con la dottrina cattolica” i principi su cui si fonda l’Associazione patriottica (costruire una Chiesa indipendente dalla Santa Sede) – i capi dell’Associazione hanno lanciato una vera e propria campagna per difendere la loro esistenza. Davanti a vescovi che sempre più si dichiaravano fedeli al papa, essi hanno cominciato a scegliere vescovi facili al compromesso col Partito, impegnati in politica, rappresentanti governativi. Alle ordinazioni episcopali volute dal papa essi hanno preteso la partecipazione di vescovi scomunicati; alle ordinazioni illecite – non volute dal papa – hanno preteso di far partecipare con la forza vescovi in comunione col pontefice. Tutto questo per affermare che la patente di ortodossia o di liceità non la dà il papa romano, ma i segretari e i presidenti dell’Associazione patriottica.
Davanti a questa melma di ambiguità e di equivoci, si è levato in modo profetico il gesto di Ma Daqin, come “un raggio di sole sotto un cielo nuvoloso”.
Mons. Ma è il primo vescovo ufficiale che si dimette dall’Ap e molti cattolici cinesi sperano che a lui seguiranno altri.
Del resto, appartenere all’Ap è divenuto ormai controproducente proprio per motivi religiosi. Anzitutto per la questione ideologico-teologica: una Chiesa separata dal papa non è la Chiesa cattolica, ma una ennesima chiesa protestante che rischia – come si è verificato tante volte nella storia – di diventare una setta che si svuota sempre più del suo carattere spirituale e che sopravvive solo per il benvolere del potere politico.
Appartenere all’Ap è anche un ostacolo al lavoro pastorale: i vescovi sono obbligati di continuo a viaggiare, a presenziare congressi e aggiornamenti, stando lontani mesi e mesi dalle loro diocesi per sentire vacue e noiose teorie sul controllo delle religioni, sul potere benevolo dell’Associazione, costretti ad esprimere “profonda gratitudine” al dio-Associazione che li fa vivere. Quando sono in diocesi, ogni loro incontro, o rapporto personale è vistato, verificato, registrato, permesso o cancellato dall’Ap.
Essere un puntello dell’Ap è divenuto anche imbarazzante dal punto di vista sociale. Mentre il popolo cinese soffre per una crisi economica profonda, con un’inflazione che rende difficile poter mangiare tutti i giorni, i segretari e i presidenti dell’Ap sono famosi per il loro spendere e spandere a carico del governo e delle diocesi, in hotel di lusso, con banchetti fino a 24 portate, con piatti ricercati e raffinati, mentre nelle diocesi, soprattutto quelle di campagna, si combatte per portare l’acqua potabile o garantire un minimo di cure mediche ai poveri.
Una statistica dello stesso governo denuncia che ogni anno i membri del Partito spendono in banchetti circa 31,5 miliardi di euro, una somma capace di sfamare per un anno intero almeno un centinaio di milioni di persone. Di fronte a una simile corruzione del potere politico, è anche conveniente per i vescovi separarsi e vivere la loro missione mettendosi dalla parte di Cristo e dei poveri.
La decisione profetica di mons. Ma è destinata a fare storia. È probabile però che qualche vescovo rimanga attaccato all’Ap. Da questa essi ricevono auto blu, nuovi palazzi episcopali, denaro, notorietà, ossequi: sono i famosi vescovi “opportunisti” dei quali ha parlato una volta Benedetto XVI. Temiamo che questi siano solo “sale scipito” che non serve ad altro che ad essere calpestato.
Vale la pena ricordare che già ora molti fedeli premono sui loro vescovi perché vivano più il loro ministero episcopale, che il loro ruolo politico. Negli anni dopo Mao Zedong, sono stati i fedeli laici a costringere molti vescovi timorosi a contattare la Santa Sede per ricongiungersi – dopo decenni di ambiguità – all’unica Chiesa cattolica. Anche oggi i fedeli laici dimostrano la loro fede e il loro amore a Cristo e ai vescovi disertando le messe dove sono presenti pastori illeciti e trasmigrano in altre diocesi fedelmente legate al legame spirituale con Benedetto XVI.
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