Augusto Del Noce e il “totalitarismo della dissoluzione”
Fonte: Maurizio Blondet
Dimenticati le lotte per i deboli e gli sfruttati, gli aneliti di giustizia sociale e quell’umanitarismo laico che aveva caratterizzato la tradizione socialista occidentale, gli attuali progressisti sospingono la società post-moderna verso un solo obbiettivo: il soddisfacimento di desideri, impulsi e istinti individuali, in un trionfo edonistico senza limiti. Il “nuovo proletariato” da emancipare e di cui, magari, instaurare la dittatura sono omosessuali e travestiti, tossicomani e animalisti, femministe e squatter, zingari e “migranti” (concepiti come “buoni selvaggi”, cui tutto è dovuto), e, in generale, i seguaci di un libertinismo di massa, il cui unico metro di giudizio è l’immediata, capricciosa “realizzazione” della propria ferinità. Il tradimento della “classe operaia” passa per l’innalzamento dell’età pensionabile del metalmeccanico, onde reperire i soldi per pagare la pensione di reversibilità al gay rimasto “vedovo”.
Tale metamorfosi del comunismo, e più in generale della sinistra, in “partito radicale di massa” fu lucidamente preannunciata dal filosofo cattolico Augusto Del Noce, che vide il “suicidio della rivoluzione” nell’alleanza (in realtà, subordinazione) del marxismo con la neoborghesia laicista e con l’oligarchia tecnocratica e settaria, foriera, secondo i piani di quest’ultima, di un “cambio di paradigma”, mediante il quale scardinare il modello etico, culturale, psicologico, spirituale fondato sui valori tradizionali.
Riflettere brevemente sulla lucida analisi svolta da questo studioso, in occasione del XXX anniversario della sua scomparsa (avvenuta appunto il 30 dicembre 1989), significa non soltanto tributargli un doveroso omaggio, ma anche fornire a chi si occupa di politica, cultura, etica e società una bussola quanto mai precisa e puntuale.
Cuore di tale summenzionata trasmutazione, la “rivoluzione sessuale”, “l’unico aspetto – secondo Del Noce – su cui la contestazione del ’68 abbia raggiunto un risultato”. Evidenziando il nesso esistente fra erotismo (in tutte i suoi aspetti: pornografia, omosessualismo, aborto, femminismo), droga e violenza (soprattutto fra le giovani, abbrutite generazioni), il filosofo approfondì lo studio di questo inquietante scenario, fino a elaborare un’altra lungimirante previsione, connessa alla prima, e concernente l’avvento di una nuova forma di tirrania, questa volta nichilista, da lui definita “totalitarismo della dissoluzione”.
Questa espressione indica appunto un sistema – oggi in via di concreta realizzazione – nel quale l’anomismo diventi paradossalmente ideologia egemone, punto di riferimento politico, culturale, morale e giuridico, e in cui le istituzioni preposte al mantenimento dell’ “ordine” costituito, come la magistratura (ma anche i poteri legislativo ed esecutivo), siano chiamate a tutelarlo.
Si tratta, insomma, per Del Noce, di “un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato, assai più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati, Stalin e Hitler inclusi, non fossero. Dico si nasconde, ma sarebbe meglio dire che oggi si dichiara abbastanza apertamente; è il superpartito tecnocratico, che attraversa i partiti, che ha in possesso le sorgenti di informazione, che cura la propria apologia attraverso la casta degli intellettuali [di cui la famigerata “casta” politica è in realtà subalterna – n.d.r.], che è equamente ripartito secondo le varie posizioni culturali e politiche…”.
E, quel che è peggio, al di là della rassicurante facciata liberal-democratica, quello della dissoluzione è un sistema autenticamente totalitario, che protegge, tutela ed emancipa il vizio e l’eversione, rispetto all’ordine naturale, e che, invece del bene comune, difende e promuove questi ultimi, con leggi e provvedimenti liberticidi.
Non vi è alcuna esagerazione da parte di chi scrive, bensì una semplice constatazione, suffragata da svariati fatti di cronaca. Vanno infatti in questo senso, innanzitutto, i progetti di legge – o le disposizioni già vigenti in diversi Paesi europei – contro ogni forma di “omofobia” (per cui, ad esempio, come rigorosa conseguenza, ogni copia della Bibbia dovrebbe essere ritirata dal commercio; ciò, si badi bene, non è una boutade: in Svezia, tempo fa, un pastore luterano è stato incarcerato per aver criticato, durante un suo sermone, la pratica sodomitica, ed episodi simili si sono verificati anche in altri Paesi della “emancipata” Europa).
Ma mille altri esempi si possono fare: dall’aborto “eugenetico”, indotto per “sbarazzarsi” di un figlio (forse) non sano, all’abolizione di ogni forma di autorità e disciplina in ambito scolastico, con la conseguenza di “tutelare” solo i prepotenti o i lavativi, fino all’eugenetica, a volte imposta, nei più “avanzati” paesi dell’Ue, per eliminare bambini malati o vecchi “ingombranti”. Del resto è del massone francese Jacques Attali – il maestro di Macron – l’affermazione circa l’ “inutilità” delle persone anziane (lui escluso, ça va sans dire!), perché non più produttive e pertanto sopprimibili… Nell’ambito di questo sulfureo scenario, i residuali membri di un minimale Partito radicale di marca pannelliana costituiscono ormai solo un elemento marginale e nient’affatto “anticonformista”: essi, infatti, nella società del progressismo permissivo, non rappresentano assolutamente – come vogliono far credere – un “elemento trasgressivo”; hanno invece solo il compito di “esagerare”: vogliono l’aborto fino al nono mese del nascituro, l’eroina venduta in tabaccheria, l’eutanasia automatica? No no, dicono i partiti progressisti “moderati”, questo è troppo! Ma visto che “l’opinione pubblica” lo chiede, concediamo l’aborto fino al settimo mese, l’eroina in farmacia con la ricetta, l’eutanasia su “richiesta del malato”…
In definitiva, come ha scritto tempo fa lo storico Roberto de Mattei, che di Del Noce fu allievo, “la dittatura del relativismo” – sinonimo del concetto finora adoperato – giunge al punto “non solo di elevare il delitto a diritto, ma di punire come un reato la difesa del bene e la condanna del male”.
Tale sistema repressivo-dissolutorio, infine, presenta, oltre tutto, due aspetti che lo rendono ancora peggiore – come aveva previsto Del Noce – rispetto ai vecchi regimi dittatoriali di tipo “classico”. In primo luogo, le dittature del XX secolo, di destra o di sinistra, si basavano almeno su ideali tragicamente grandiosi, fossero essi la liberazione del proletariato, la supremazia del genio germanico o il primato della civiltà romana: di fronte a ciò, il sacrificio, la durezza, la violenza potevano avere anche una loro prometeica logica. Oggi, al contrario, si pretende di conculcare la libertà in nome del vizio, della débauche, del Nulla elevato a idolo, della dissoluzione, appunto. Si pretende di porre il Leviatano (il potere assoluto) al servizio di Babilonia (la società viziosa). In secondo luogo, i sistemi totalitari o autoritari del XX secolo non si celavano almeno dietro l’ipocrisia: fu Mussolini stesso a inventare il termine “totalitarismo” (anche se, paradossalmente, non seppe o non volle applicarlo al suo regime) e né Hitler, né Stalin aspiravano al Nobel per la Pace! Oggi, invece, tutto si ammanta di fariseismo, fino alla più perfida mistificazione: si ciancia di libertà, di democrazia, di diritti, di uguaglianza, di solidarietà, di democrazia, di progresso, mentre si pianifica e realizza l’incubo orwelliano.
Non ci sono più i dittatori di una volta…