Il discorso di Draghi per ottenere la fiducia è in fondo niente più che una celebrazione del lavoro fatto, con la prospettiva di portare avanti l’ecologismo del CO2, il vaccinismo, la guerra ‘fino all’ultimo ucraino’ (riferisce che Zelensky il giorno prima gli ha telefonato domandandogli “più armi, please”), ed ancora: promette riforme delle pensioni, Pnrr e affini.
In particolare, Draghi asserisce che bisogna mettere mano ancora una volta al sistema delle pensioni che deve ‘essere sostenibile al metodo contributivo‘ (e tutti sanno cosa significa). Altra ‘chicca’: non è possibile protestare contro il rigassificatore di Piombino, a suo avviso si tratterebbe di un impianto sicuro (omette però di dire che tali impianti vanno posizionati lontano dai centri abitati, perché un rigassificatore in caso di esplosione sprigiona una potenza pari a 50 bombe atomiche di Hiroshima).
Poi il Pnrr, ovvero lo strumento di ricatto della UE portato come stendardo delle “magnifiche sorti e progressive”. Draghi lo richiama in maniera soft, dicendo che altrimenti l’Italia non è virtuosa (e si vanta che in proposito sta facendo bene i compiti). Non dice però che il Pnrr è l’esito di una crisi voluta per una pandemia mal affrontata. Per non parlare poi dell’improvvido richiamo ad una virtuosità dello stato italiano che l’anno scorso avrebbe conseguito il +6% di PIL (le analisi economiche si fanno comparative).
La percezione è quella di un discorso grondante di retorica e autoritarismo, tipico di chi se ne infischia delle istituzioni, se non per usarle per realizzare profitti a beneficio di soggetti terzi in una ‘democrazia a metà’. Perché è ormai arcinoto: per non incorrere nei ricatti, le istituzioni italiane devono essere in sintonia con il diktat europeo e del patto Atlantico, anche se ciò significa rinnegare la Costituzione.
Con tali elementi, la sua allocuzione è a tratti surreale.
Il leitmotiv è che non votare la fiducia ha un significato chiaro: una catastrofe. Secondo la sua prospettiva, questo è vero. Perché, lui è legittimamente rappresentante dei cosiddetti poteri forti. Di conseguenza, la benevolenza di quei poteri dipende dalla rispondenza del parlamento. Forte di questa consapevolezza si sente sicuro di muoversi come presidente del Consiglio con gli stessi criteri usati quando era governatore della BCE.
Per Draghi la legittimità democratica ha infatti due condizioni: l’europeismo e la fedeltà al patto atlantico. Non importa che questa affermazione sia una contraddizione in termini, quando dice che la democrazia italiana “non è subalterna nessuno”. In definitiva nel suo quadro nel nuovo mondo che sostiene, il Parlamento ha solo un compito: ratificare ogni cosa.
A seguire, Draghi accusa i partiti di distinguo rispetto al volere del popolo italiano. In fondo è vero: al dittatore nell’impero romano veniva dato per 6 mesi pieno potere. Il problema è che si trattava della Roma antica, ed anche in quel caso il destino di un simile personaggio sarebbe stato breve.
Il suo discorso diventa ancor più surreale quando, in conclusione, rivolgendosi ai parlamentari, ripete più volte in modo stentoreo: “siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti… ?“. Mi ricorda il ‘siete pronti a rinunciare a satana…”, ma quella era una cosa seria, era la riconferma delle promesse battesimali.
Si riferiva ovviamente a rinnovare la fiducia a lui, perché “lo vogliono gli italiani”. Si fa una certa fatica a credere che si tratti dello stesso personaggio che da Bruxelles supportava le riforme lacrime e sangue giustificate da quel famoso ‘lo vuole l’Europa’ e che ha chiuso i conti bancari ai greci. Fa una certa impressione vedere ha fatto questo con la stessa disinvoltura con cui ora dice che è necessario concedere linee di credito all’Ucraina a tempo indeterminato.
Al ‘siete pronti?” come un invito perentorio alle armi, è seguita: “… questa risposta non la dovete dare a me ma a tutti gli italiani”. Perché ” … lo chiedono gli italiani”.
In definitiva, è come se lui dicesse che il parlamento, se non ottempera, è di per sé delegittimato. Le parole di Draghi sono categoriche: se il Parlamento non si conforma alla sua parola, è di per sé delegittimato e si assume l’onere delle conseguenze che sa non tarderanno a venire.
È come se Draghi si lamentasse, sorpreso ed irritato, di una certa resistenza. Come è possibile che questo avvenga nonostante tutti gli addomesticamenti e sotterfugi dei media e dei mezzi di distruzione di massa?
Chissà perché ascoltando Draghi, oggi ho ripensato ad Oettinger quando ha detto che ‘i mercati insegneranno agli italiani a votare’. Evidentemente non aveva detto tutta la verità: in realtà non sono i mercati a insegnare, ma chi li dirige.
Alla fin fine, il discorso di Draghi più che una richiesta di fiducia di un dimissionario mi pare ‘un cazziatone’ ed una delegittimazione al Parlamento riunito. Sì, per la prima volta nella storia repubblicana il presidente del consiglio non chiede la fiducia ma è disposto a darla: a patto che il parlamento corregga la sua deriva “antidemocratica” e giuri fedeltà.
Si sa, sottrarsi alla parte buona della storia, è pericoloso. Ne conosciamo molto bene i metodi di persuasione. E sappiamo che ogni altro pensiero, fuori dal sistema è considerato dallo stesso arbitrario, persino pericoloso.
Ma ‘noialtri’ speriamo sempre nell’Imprevisto.
VPNews