La situazione in Palestina e Giordania
PALESTINA – ISRAELE
La popolazione cristiana residente in Palestina si pone tra l’1,5 e il 2 per cento del totale . Molti palestinesi cristiani vivono fuori dei confini storici della regione nei paesi confinanti, in Europa e nelle Americhe. Si stima che il totale dei Palestinesi cristiani assommi a circa un milione di individui di cui circa 200.000 vivono in Israele e nei territori occupati. Dal 1947 la percentuale dei cristiani nella regione è andata progressivamente diminuendo dal 9,5 per cento stimato dall’amministrazione britannica al 2 scarso di oggi .
Cittadine come Nazaret e Betlemme che contavano una larga maggioranza di cristiani oggi vedono la presenza residua solo di una consistente minoranza. Tra i Palestinesi sono presenti praticamente tutte le confessioni cristiane tradizionali del vicino oriente. Attorno al 50 per cento appartiene alla Chiesa ortodossa di Gerusalemme, una delle 15 Chiese autocefale. Questa comunità è nota anche come “cristiani arabi ortodossi”, appartenenti alla Chiesa greco-ortodossa. Vi sono anche maroniti, melkiti-cattolici orientali, giacobiti, caldei, cattolici di obbedienza romana, chiamati localmente “Latini”, siro-cattolici, copti ortodossi, copti cattolici, armeni ortodossi, armeni cattolici, quaccheri (Friends Society), metodisti, presbiteriani, anglicani (episcopali), luterani, evangelici, pentecostali, nazareni, Assemblee di Dio, battisti e altri protestanti. La condizione dei cristiani in Palestina non è sostanzialmente differente sia che vivano nella parte ufficialmente israeliana della regione sia che vivano nei cosiddetti territori occupati. Ufficialmente godono di libertà di culto e non soffrono restrizioni per motivi religiosi ma in quanto arabi subiscono le stesse discriminazioni dei loro conterranei musulmani. Recentemente poi il tentativo da parte israeliana di differenziarli dai musulmani sul piano legislativo ha ingenerato ostilità nei loro confronti.
La crescita, nel panorama politico palestinese, di Hamas, formazione legata ai “Fratelli Musulmani” e quindi di orientamento salafita non ha fatto che aggravare la situazione. A Gaza, dove Hamas è dominante, i circa 3000 cristiani residenti conducono una vita difficilissima e se gli appartenenti alle chiese locali o latine sono tollerati, nei confronti degli appartenenti alle confessioni protestanti, visti a torto o a ragione, come conniventi con gli USA e quindi con Israele, si sfiora l’aperta persecuzione. Anche nello stato ebraico, se da parte delle autorità vi è un sostanziale rispetto dei diritti religiosi, nella società stanno crescendo di importanza sette fondamentaliste che vorrebbero depurare la terra di Israele da ogni presenza non ebraica. Di conseguenza si moltiplicano le manifestazioni di ostilità verso le comunità cristiane. Così, negli ultimi anni, sono diventati sempre più frequenti i casi di luoghi di culto cristiani devastati e profanati da coloni ed estremisti ebraici. Dal monastero di Latrun (porte incendiate e scritte blasfeme) al Convento di San Francesco sul Monte Sion (in cui alcuni graffiti hanno definito Gesù un “figlio di puttana”), dalla Chiesa di Nostra Signora (in cui oltre alla scritta “Vendetta” sono stati disegnati anche simboli fallici) al monastero di Beit Gemal (colpito dalle molotov dei terroristi di matrice sionista), alle lapidi devastate da coloni nel cimitero cristiano di Gerusalemme. I casi riportati sono ovviamente soltanto alcuni dei tanti che hanno reso estremamente difficile la vita dei cristiani palestinesi.
GIORDANIA
I Cristiani residenti nel regno Hascemita di Giordania sono per metà di origine palestinese. Sono poi presenti minoranze cristiane profughe dalla Siria e dall’Iraq. Godono di una invidiabile, rispetto alla media dell’area, condizione sia politica che sociale. Questa stabilità, politica e sociale e nella vita comune con i loro concittadini musulmani, è in gran parte dovuta alle pratiche tribali. In Giordania, è la famiglia, piccola o grande (la tribù), ricettacolo dei valori e garante dell’ordine sociale e politico. I cristiani, soprattutto quelli di ceppo giordano, sono suscettibili, tanto quanto certi musulmani, di essere ricettivi a questo discorso di identificazione tribale, in quanto condividono con i musulmani le stesse strutture sociali, e in gran parte gli stessi valori sociali. Valori patriarcali che la solidarietà tra gli individui e le famiglie hanno costruito sulla base di parentela.Un altro motivo per la stabilità della Chiesa giordana è che si è radicata nella sua storia e nel suo impegno per le cause arabe, in primo luogo la causa palestinese. È, con la cristianità siriana e palestinese, una Chiesa araba, libera da ogni nostalgica appartenenza ad un passato ormai trascorso (cananeo, fenicio o faraonico).
Anche se la percentuale dei cristiani non supera il 3 per cento della popolazione giordana, da 200.000 a 220.000 su una popolazione di 6\7.000.000 di abitanti , dobbiamo dire che l’effettiva presenza sociale di cristiani giordani supera di gran lunga questa proporzione. Ad esempio: il 30 per cento dell’economia del paese è nelle mani dei cristiani, e ciò consente loro di utilizzare la bella espressione di “maggioranza qualitativa”. Lo stesso nella “quota” dei cristiani in Parlamento (9%) al Senato (6%) e nel Governo (1 o 2 ministri sono cristiani).
I cristiani giordani appartengono a due importanti Chiese: la Chiesa greco-ortodossa (quasi il 50%) e la Chiesa cattolica (40%), con qualche migliaio di anglicani e luterani, maroniti, siriaci e armeni. L’esodo dei cristiani dall’Iraq ha aumentato il numero di cattolici siriaci e caldei. La Chiesa cattolica, in particolare il ramo latino, che costituisce la maggioranza dei cattolici, eccelle soprattutto per la sua attività didattica. L’alta qualità delle scuole e dei collegi cattolici attira studenti provenienti da famiglie musulmane. Inoltre, la creazione di una Università cattolica in Giordania voluta da Giovanni Paolo II e la cui prima pietra fu posta da Benedetto XVI nel 2009, non ha fatto che rafforzare ed espandere l’influenza educativa della Chiesa cattolica in Giordania. Tuttavia la crescita anche in Giordania dell’influenza dei “Fratelli Musulmani”, presenti soprattutto tra la componente palestinese del popolo, rischia di mettere in crisi questa situazione di sostanziale stabilità.
fine terza parte (la quarta ed ultima parte sarà messa online lunedì 9 maggio)
Massimo Granata – Mario Villani