Virus, un apripista ad un mondo tutto nuovo

Vivere non convivere

L’ aspetto più inquietante, al giorno d’oggi, non è la gestione, seppur scellerata, della situazione medico sanitaria. Non è la narrazione dei media, i controlli sul territorio, i vaxxini in quanto tali. Ciò che dovrebbe preoccuparci oltremodo, che dovrebbe attivare i sensori cerebrali anche ai dormienti, è la “convivenza” col virus. Ma cosa si vuole intendere realmente? Cosa significa convivere col patogeno in questione? Significa un’esistenza in “sicurezza”.

Significa giustificare per un tempo potenzialmente illimitato le disposizioni in atto. S’intende comprimere le libertà individuali ogniqualvolta l’autorità lo ritenga opportuno. Convivere con il virus equivale alla rinuncia consapevole ad un’esistenza piena, vuol dire mutilare il nostro essere fino a ridurlo a poltiglia informe. Significa continuare a legittimare norme comportamentali assurde, prive di qualsiasi fondamento scientifico.

“Vivere, mi Lucili, militare est”, così si espresse, a suo tempo, Seneca. Combattere la deriva della” sicurezza” è perciò prioritario. La narrazione pandemica va rifiutata in blocco proprio per questo. Non esistono mezze misure. Non ci sono altre strade percorribili. Essa è portatrice di ricatti e liberticida nella sua interezza. “Vivere”, non “convivere”: questo è il punto. Tutto il resto è avallare incondizionatamente questo scempio. È firmare, volontariamente, la nostra condanna. È continuare a pascolare, come animali domestici, nel recinto costruito dall’autorità.

Rimozione e Sostituzione

Per avere un quadro preciso della rivoluzione in corso, dobbiamo innanzitutto prendere atto di ciò che “non esiste più”, di ciò che è stato “cancellato”, e con cosa è stato “sostituito”. Questo schema, questo mero elenco che chiunque di noi può stilare osservando con un pizzico di attenzione in più la realtà odierna, ci dà la vera portata, la giusta prospettiva degli eventi a cui stiamo assistendo. Iniziamo, dunque.

“Non esistono più”: cure, medicina territoriale, rapporto di “fiducia” col medico di base, prevenzione, diagnosi precoce della malattia, anticorpi, rafforzamento del sistema immunitario, “portatori sani”. Tutto ciò è stato sostituito da: vaxxinazione di massa, protocolli, tamponi, ospedalizzazione (da sempre terreno fertile per “infezioni nosocomiali”), che da extrema ratio diventa prassi, “asintomatici untori”, vigile attesa sullo sviluppo della malattia nel soggetto sintomatico, chiusure e restrizioni.

Non ci vuole un plurititolato per comprendere come queste “sostituzioni” abbiano fatto degenerare la situazione in poco tempo provocando lo tsunami che ha travolto la nostra società. Tutto ciò fa da apripista ad un modo tutto nuovo, fino ad oggi sconosciuto, di approccio alla malattia. Se tutti siamo potenzialmente malati, se tutti siamo in pericolo, tutti dobbiamo essere trattati come tali. Ergo,tale nuova condizione in cui versa l’essere umano giustifica le misure drastiche in atto. Legittima la reclusione e l’isolamento anche del soggetto sano. Rende lecite le misure liberticide che ci stanno attanagliando.

Si trasforma, de facto, in metodo di governo. È quindi inquietante constatare come l’uomo moderno abbia ceduto con facilità disarmante a questa nuova visione, dimenticando il suo vissuto e rinunciando totalmente all’esperienza ed al conosciuto.

È qui il “grande reset”, il vero azzeramento: far credere all’individuo di trovarsi di fronte ad un fenomeno completamente nuovo, sconosciuto, da trattare con metodologie rivoluzionarie rispetto al recente passato.

L’abisso in cui siamo precipitati è più profondo di quanto pensassimo.

(fonte: Weltanschauung Italia)

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