Vogliono ‘canonizzare’ Draghi ma la bolla che ha creato con i tassi negativi sta esplodendo e non v’è niente che possa fermarla

Il 26 ottobre, in un raro esempio di canonizzazione in vita, Mario Draghi è stato festeggiato come un eroe alla sua ultima conferenza stampa come presidente della BCE . Draghi avrà anche salvato l’Euro – certamente questa è stata la sua stella polare –, ma temporaneamente e al costo dello scempio dell’economia e del credito. Anni di QE hanno spinto i tassi d’interesse sempre più in campo negativo, tanto che oggi nell’Eurozona non si trova un titolo di stato in cui valga la pena di investire i risparmi.

Il FMI stima che il volume totale di obbligazioni con rendita negativa ammonti a quindicimila miliardi di dollari. Persino la Grecia ha iniziato a emettere titoli a tassi negativi. Questo ha distrutto i risparmi, con fondi pensione, assicurazioni e singoli risparmiatori costretti a investire i soldi in titoli ad alto rischio per ottenere una minima rendita.

Ma mentre Draghi recitava per l’ultima volta il mantra “l’euro è irreversibile”, il sistema finanziario globale – e quindi anche il sistema dell’euro – basato sui titoli ad alto rischio inflazionati dalla sua stessa politica gli si sgretolava sotto i piedi. Il salvataggio di WeWork [WeWork è una società immobiliare commerciale americana che fornisce spazi di lavoro condivisi per startup e servizi tecnologici per altre imprese] il 22 ottobre ha aperto il vaso di Pandora della bolla delle start-up e minaccia di scatenare una fuga dai mercati azionari e obbligazionari. WeWork fu creata come impresa di “work sharing” nel 2008, quando le imprese uscite malconce dal crollo finanziario cercavano uffici a basso costo.

In breve tempo ha conquistato il mercato delle locazioni commerciali, raggiungendo la valutazione di 47 miliardi di dollari. Quando però, poco più di due mesi fa, WeWork ha deciso di quotarsi sul mercato azionario, ha dovuto aprire i libri contabili ed è emersa la truffa: l’impresa perdeva più denaro di quanto ne guadagnasse. Di fronte allo spettro della bancarotta, WeWork è stata salvata dal suo principale investitore, la giapponese Softbank, con un totale di 9,5 miliardi. La perdita di valore è impressionante: 38 miliardi in poche settimane. E la storia non è finita qui.

Ora gli investitori temono giustamente che il settore delle start-up nasconda molte situazioni simili e sarà difficile vedere altre IPO nel prossimo futuro.  [In economia con il termine startup si identifica una nuova impresa nelle forme di un’organizzazione temporanea o una società di capitali in cerca di soluzioni organizzative e strategiche che siano ripetibili e possano crescere indefinitamente.] Se il panico si diffondesse, i capitali potrebbero fuggire dai mercati obbligazionari in generale e, in particolare, dal mercato dei debiti societari pronto a esplodere.

Le banche centrali sperano di poter affrontare l’imminente tsunami finanziario con il denaro a pioggia e la Fed ha già cominciato pompando ogni santo giorno decine di miliardi di dollari nel mercato interbancario, ormai bello che defunto. Ma il crollo è già in corso e la liquidità non basta mai, tanto che il 25 ottobre Powell ha dovuto aumentare la dose da 75 a 120 miliardi.

La “bolla omnibus” che Mario Draghi e i suoi colleghi hanno creato con i tassi negativi sta esplodendo e non v’è niente che possa fermarla. L’unica salvezza sta nel separare la bolla dal settore del credito attraverso una riforma di separazione bancaria à la Glass-Steagall.

Movisol

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