L‘articolo di DiariodelWeb.it presenta un’intervista con il giornalista Franco Fracassi, che ha condotto un’indagine quasi decennale sul conflitto israelo-palestinese. La ricerca di Fracassi, che forma la base del suo libro “Guerra alla pace”, esplora le complesse ragioni dietro il conflitto in corso e identifica vari gruppi che traggono beneficio dalla sua perpetuazione.
Fracassi sostiene che la difficoltà nel raggiungere la pace tra israeliani e palestinesi non è dovuta alla mancanza di volontà tra la popolazione, ma piuttosto agli interessi di certi gruppi che traggono profitto dal conflitto in corso. In Palestina, gruppi come Hamas e una fazione di Fatah, attualmente al governo della Cisgiordania, hanno interessi nel continuare il conflitto. In Israele, l’esercito, i servizi di intelligence (Mossad e Shin Bet) e l’industria della sicurezza giocano ruoli significativi. La leadership globale di Israele nella sicurezza, la sua industria dei diamanti e il controllo sulle risorse idriche del fiume Giordano sono evidenziati come fattori che contribuiscono alla continuazione del conflitto.
Oltre a Israele e Palestina, Fracassi sottolinea che i paesi musulmani, inclusi Giordania e Iran, sfruttano la situazione palestinese per i propri guadagni, mentre l’Arabia Saudita e le nazioni del Golfo beneficiano dell’aumento dei prezzi del petrolio durante i conflitti. In Occidente, Francia e Regno Unito hanno rapporti sostanziali con Israele nella sicurezza e nello sviluppo nucleare. Negli Stati Uniti, la base cristiana evangelica, che comprende 75 milioni di persone, influenza fortemente la posizione pro-Israele del paese a causa delle loro credenze religiose.
Fracassi tocca anche la connessione storica tra Israele e gli ex nazisti, in particolare Otto Skorzeny, che fu impiegato dal Mossad. Questa relazione è vista come controversa data il ruolo dell’Olocausto nel giustificare le azioni di Israele.
In sintesi, l’articolo mette in luce la complessa rete di interessi e ideologie che ostacolano la pace tra Israele e Palestina, suggerendo che il conflitto è sostenuto da vari gruppi per ragioni economiche, politiche e ideologiche.
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