Ritorno ad Aleppo

[su_panel]Lieta, umilmente al servizio e certa del Dio della Vita: così suor A. ( il nome oscurato per i tanti controlli da superare al prossimo rientro attraverso territorio talvolta ostile) ha raccontato ieri ai ragazzi del Sermig (Servizio missionario giovani ) di che consiste la resistenza dei cristiani nel quotidiano martirio del popolo di Aleppo[/su_panel]

“Sono semplicemente uno strumento di Dio che si è servito della mia povertà per mandarmi in questa città. Lavoro in un ospedale fin dall’inizio della mia vocazione religiosa, sono rimasta ad Aleppo quindi per 45 anni, non tornavo da sette anni in Italia ed ora riparto con il cuore greve per le notizie che mi giungono ogni giorno.  Questa guerra iniziata sei anni fa come una promessa di primavera araba si è rivelata un inverno, e questo inferno continua ancora oggi: non siamo stati davanti a un benessere come ci era stato promesso, anzi il benessere che cominciava ad esserci è stato tolto alla popolazione da questa guerra.

Penso che questa guerra ha avuto un solo scopo: un piano politico, e commercio delle armi, interessi economici, avidità di denaro e di potere, Forse è stato un piano meditato da tanto tempo: per rovinare, paralizzare .. Vi posso confermare, per tutti gli anni che ho vissuto là, che nessuno voleva questa guerra, in Siria: nessuno voleva la morte di 400.000 persone, la distruzione del paese, … e sapete che dietro ad ogni fratello che muore c’è una famiglia che soffre. Ci dicono le statistiche: 1 milione di feriti, 100.000 mutilati, oltre ai disabili, agli sfollati e 12 milioni di bisognosi di aiuto… e in più tengo a dirvi che in questi anni di guerra ci sono stati 3 milioni di bambini che non sono andati a scuola.

La città di Aleppo è la più martoriata, la si chiama giustamente la città dei martiri perché ci sono stati tanti civili che sono stati martirizzati per non avere rinnegato la loro fede, per essere restati fedeli al Vangelo. La città oggi è divisa in due: la parte dell’est occupata dai ribelli mercenari e la parte dell’ovest governata dall’esercito governativo, è in questa parte che noi viviamo.

Aleppo aveva 3 milioni di abitanti, oggi ne ha 1 milione e mezzo, tutti cercano di fuggire con le loro famiglie; quelli che rimangono sono le persone anziane, sono i poveri che non possono intraprendere il viaggio della speranza che poi talvolta diventa un viaggio di morte.

La città è rimasta più volte sotto assedio e questo ci ha provocato grandi difficoltà; in più le sanzioni, che ci hanno imposto oltre a questa guerra, hanno portato la gente alla miseria, alla epidemia, pensate che l’80% della popolazione vive oggi con pacchi alimentari perché i viveri di prima necessità sono talmente aumentati che chi ha perso il lavoro, chi ha perso la casa, chi ha perso tutto, oggi non ha più risorse: tutto finito, non ha di che vivere. La povertà c’è dappertutto, anche in Italia, ma adesso là in Siria non c’è più povertà, c’è miseria; e oltre a questo il popolo di Aleppo sta vivendo da tre anni senza acqua, senza elettricità… Pensate che la popolazione si è dissetata con acque inquinate tratte dai pozzi che si trovano nelle moschee e nelle chiese e per ottenere quest’acqua bisogna fare  file per delle ore, voi vedete bambini in coda con delle bottiglie, con dei secchi, e mentre stanno facendo la fila c’è il pericolo di ricevere pure qualche bomba o missile…

Quanti ne abbiamo ricevuti in Ospedale! Pensate alla mancanza di elettricità quando ci sono 42° senza un ventilatore, senza un frigo, e d’inverno quando la gente per riscaldarsi va nei giardini pubblici per tagliare alberi, rami, ed altri prendono dei cartoni, della plastica per accendere il fuoco, ho visto bambini che si riscaldavano con una candela!

I cristiani sono stati perseguitati fin dall’inizio, da subito ci sono stati rapimenti, perfino di sacerdoti e di vescovi; i quartieri cristiani sono stati i più presi di mira da quella gente, e di tanti cristiani sappiamo che gli hanno tagliato la gola e gettati in fosse comuni ma ancora non sappiamo individuare il luogo … Diversi villaggi cristiani sono stati rasi al suolo, sacerdoti hanno dato la loro vita.

Il Papa ha fatto molti appelli per salvare Aleppo, ma chi doveva ascoltarlo non ha ascoltato e nel frattempo assistiamo a partenze, tutti se ne vanno; noi come suore in un Ospedale,  unanimi abbiamo deciso di restare, di rimanere per essere solidali con coloro che non possono partire, con coloro che non vogliono partire e hanno deciso di rimanere malgrado le difficoltà e i sacrifici, malgrado il rischio perché più volte anche noi siamo state minacciate, più volte abbiamo anche noi ricevuto sulla terrazza del nostro ospedale dei colpi di mortaio, bombe che non sono esplose per grazia di Dio.

Resistiamo e perseveriamo, sapete perchè? Perchè amiamo questo popolo e Gesù ci ha detto: “non c’è amore più grande che dare la vita per coloro che amiamo”: è vero, siamo dei servi inutili e abbiamo fatto quello che dovevamo, ma se resistiamo è per coloro che non possono partire e che oggi più di ieri hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra presenza, una presenza silenziosa e discreta. Con tutto quello che riceviamo cerchiamo di fare tutto il bene che ci è possibile e vi posso dire che la Provvidenza non ci è mai mancata, anche nei momenti più duri la Provvidenza si è alzata prima di noi.

Oso ora dire la parola ‘benedizione’: in ogni guerra c’è sempre qualcosa che fa rinascere, qualcosa che fa rivivere la persona stessa se veramente si crede, e vi confesso che per me personalmente questa guerra è stata una crescita umana e spirituale. Umana, perché è cresciuta in me questa misericordia, questa compassione, questa solidarietà; e spirituale, perché ho toccato con mano la protezione di Dio che è venuta a salvarci, ci ha preservato in ogni pericolo, è sempre venuta in nostro aiuto, ed ho visto una straordinaria solidarietà che è nata non solo per la nostra comunità, che ha ricevuto dalla congregazione e dagli amici, ma la solidarietà del mondo intero. Se non ci fosse stato questo aiuto, e gli organismi che ci sono venuti in soccorso, oggi non ci saremmo più.
A voi giovani chiedo: dobbiamo farci operatori di pace, non è difficile essere operatori di pace, è alla nostra portata di ogni giorno … un sorriso, una parola, un gesto di perdono, è con questo che costruiamo la pace.

E infine, al pubblico che le chiede: “ma chi te lo fa fare di tornare ad Aleppo?” con semplicità questa piccola suora solida come una roccia, risponde:
la mia vita è donata a Dio e quando siamo sicuri che tutto è donato, che sia qui o che sia là per me è la stessa cosa. Tutto è donato a Dio nei miei fratelli siriani, in questo popolo che soffre. Sono stata con loro nei momenti belli quando Aleppo era una città meravigliosa, fiorente, che non mancava di niente, era un paradiso; ora che Aleppo è un inferno è con loro che devo sperare, essere testimone con la vita: non c’è bisogno di parole, basta essere una presenza, testimone di riconciliazione e di perdono. Non c’è giorno in cui musulmani e cristiani non mi chiedano la stessa cosa: ma perché non vai via, perché rimani qui? Ma oggi mi vengono a dire anche: meno male che siete rimaste, senza di voi che cosa saremmo stati, grazie per essere rimaste, non ci abbandonate come fanno tanti altri , oggi il popolo ha bisogno di voi, di persone come voi che danno tutta la loro vita agli altri.

Ma in realtà non è niente, è Lui che opera in noi, è Lui che ci dà la forza di continuare: io mi alzo alle cinque del mattino e lavoro fino alle nove di sera, perché nel nostro Ospedale avevamo 100 medici di tutte le specialità, oggi ne rimangono appena 20; avevamo molte infermiere su cui potevamo contare professionalmente e oggi una dopo l’altra se ne vanno… Nella nostra comunità siamo 6 religiose, ciò che ci ha dato la forza di rimanere è stata la preghiera, se non ci fosse stata questa forza interiore non avremmo potuto sopportare quello che abbiamo sopportato, per me la preghiera è l’arma più potente e si può affrontare tutto con essa… Tenere lo sguardo fisso su Gesù … è da Lui che riceviamo la forza, da Lui riceviamo tutto quello di cui abbiamo bisogno.
Restare e ridonare questa speranza a coloro che l’hanno perduta: se la guerra finisce ci sarà un’altra guerra molto più esigente che questa, ed è la guerra di ricostruire i cuori, di rimarginare le ferite, di fare punti di pace.

Pregate per me, perchè ritorni dove il Signore ha voluto che piantassi la Sua tenda, per rendere felici quelli che mi stanno accanto, e a voi auguro lo stesso: spendere la vita per rendere felici quelli che vi sono stati dati accanto.”

Suor A.

da Ora Pro Siria

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